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In ricordo di mio padre PDF Stampa E-mail
Scritto da A.M.Cavallaro   
giovedì, 09 giugno 2016 20:45
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don Ciccio un anno prima della sua scomparsa
All’alba del 9 giugno del 1986, esattamente trent’anni fa, si spegneva serenamente nel suo letto mio padre Francesco Cavallaro. Da tutti chiamato amiche- volmente don Ciccio, non perché fosse un potente locale, un ricco possidente o un eminente uomo politico, semplicemente in segno di stima e di rispetto per le sue doti non comuni di umanità e di buon senso non disgiunti da un alto senso del dovere nell’espletare  le sue funzioni di carabiniere prima e di cittadino esemplare dopo il pensionamento.

Quando l’Arma e  tutto l’apparato della giustizia erano organizzati diversamente, ha comandato per anni il nucleo di polizia giudiziaria della stazione CC di Cassano, occupandosi delle indagini per i reati commessi nel nostro territorio.

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In una foto del 1951
Era nato a Bianco (RC) il 10 Ottobre del 1909, nel cuore della locride, da famiglia povera, fino al suo arruolamento nell'Arma fece il pastorello per proprio conto e frequentò con un certo profitto la terza elementare. Leggeva moltissimo, conservo ancora alcuni suoi libri, cosa questa che gli permise di acquistare una discreta proprietà di linguaggio e di scrivere in modo sufficientemente corretto per quei tempi.

Voglio ricordarlo in questa breve nota a me stesso e ai numerosi amici che lo hanno conosciuto, attraverso alcune righe del suo immenso diario personale, che ho scoperto e letto solo dopo la sua morte. Si tratta di un decina di voluminosi “brogliacci” dove dal 1944 fino al 1968 ha scritto giorno per giorno tutti gli avvenimenti, anche i più insignificanti, che gli capitava di osservare o nei quali era direttamente coinvolto.

Un esempio: 
15 ottobre 1957: ore 8,00, caffè da Silvio Maffia, presenti prof. M., avv. B., M.V. e A.R., quest’ultimo sottovoce ha fatto brutti apprezzamenti nei miei confronti all’amico M.V., ho fatto finta di non sentire. (per ovvi motivi ho omesso i nomi delle persone, tra l’altro tutte ormai da tempo scomparse)

 

Interessante è una annotazione finale del mese di maggio del 1953. Si, perché a parte le note giornaliere, alla fine di ogni mese scriveva una noterella riassuntiva dei fatti più importanti inerenti il suo lavoro, ma anche quelli riguardanti la nostra famiglia.

 

(Cassano) Maggio 1957: In paese vi è stato per tutto il mese un inusuale movimento per una sequela di comizi a causa delle elezioni del 5 giugno. Vari incidenti si sono verificati tra facinorosi politicanti, solo grazie al nostro intervento si è riuscito a placare gli animi e far si che nulla di grave accadesse. Il sindaco Paternostro Silvio è stato sostituito da un ufficiale di Governo (Commissario Prefettizio) per questioni di ordine pubblico.

Ma tantissime sono le sue annotazioni, riguardanti anche gli anni trascorsi in altri comuni dove aveva svolto il suo servizio. Una in particolare la voglio riportare perché riguarda un incidente che gli sarebbe potuto costare anche la vita se non avesse reagito con una notevole prontezza di riflessi. 

14 Gennaio 1948:  Alle ore 6 sono sceso alla stazione di Aprigliano dove avevo appuntamento con i miei (Squadriglia di 4 Carabinieri) perché volevamo intercettare Un certo F.I., che doveva essere interrogato quale testimone dell’omicidio di P.F.. Dopo aver invano atteso il treno col quale dovevano giungere i miei camerati, non vedendoli arrivare, decisi di telefonare per capire cosa fosse successo, il capostazione mi permise di chiamare anche a Cosenza dove mi dissero che probabilmente F.I si trovava già in città dalla sera precedente presso un suo conoscente, a questa notizia decisi di prendere al volo il treno che stava per partire, afferrai la mia borsa e mi slanciai verso il convoglio che aveva già acquistato una certa velocità, riuscii ad afferrare con una mano la maniglia della penultima carrozza, ma per la velocità fui sbalzato nello spazio tra l due vagoni, pur mantenendomi  con tutta la forza che avevo, mi sentii perduto e in quel momento pensai ai miei bambini, mentre tutti i presenti gridavano terrorizzati, caddi all’infuori restando però con le gambe sulle rotaie, probabilmente un aiuto divino mi permise di tirare su le gambe mentre ricevevo  un violento colpo sul fondo schiena  dal predellino che mi spinse definitivamente in salvo. Ricevetti soccorso dal capo-stazione, ma mi misi in piedi senza difficoltà a parte un forte dolore al bacino. Certamente la Vergine del Rosario, alla quale sono particolarmente devoto, non ha voluto che i miei figlioli  e la mia adorata Amabile, restassero soli. Ciò scrivo per monito ai miei piccoli, quando anche loro andranno per le vie del mondo senza più la guida del padre.

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Francesco Cavallaro nel 1940
Anche nei momenti di maggiore tensione la sua famiglia era sempre presente nei suoi pensieri. Potrei riportare molti altri episodi inerenti le sue azioni, a volte spericolate, che gli permisero di effettuare arresti di pericolosissimi pluri-omicidi e dei suoi conflitti a fuoco, che gli valsero una medaglia di bronzo al Valor Militare e svariati Encomi Solenni, ma mi fermo qui, perché voglio ricordare di lui soprattutto la figura di padre ricco di affetto pur nella sua severità di stampo antico.

Grazie papà.

Anton io Michele Cavallaro

PS: Cinque anni fa, in occasione del 25° anniversario della sua morte, pubblicai il racconto di un fatto che scatenò in lui, ancora bambino, il desiderio di diventare carabiniere. Chi volesse leggerlo lo trova cliccando quì.

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