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Vangelo del 27 Dicembre,Sacra Famiglia PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
domenica, 27 dicembre 2015 07:46
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 2,41-52 - I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza; ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero le sue parole. Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

I Domenica dopo Natale

27 dic. 2015

La famiglia: riflesso dell’amore di Dio

Introduzione

Con lo stesso clima di gioia e di festa di questi giovani, la Chiesa ci invita a celebrare

non solo la nascita di Gesù, ma anche l’umile famiglia di Nazaret, composta da Maria

e Giuseppe, che hanno accolto, nutrito, vestito, curato, consolato, amato il Figlio di

Dio. E come nella nascita di Gesù contempliamo il miracolo di ogni nuova vita, così

nella piccola famiglia di Nazaret celebriamo ogni nostra famiglia. Come la famiglia

di Nazaret, che ospitando la presenza fisica e spirituale del Figlio di Dio, a ben

guardare è stata il primo tempio di carne di Dio nel mondo, così ogni famiglia si deve

sentire chiamata ad essere segno visibile della presenza di Dio. Certo, se guardiamo

alla condizione attuale della famiglia, abbiamo ben poco da replicare alla realtà della

profonda crisi che l’attraversa. Ma che padre e madre amorevole sarebbe la Chiesa, se

oggi invitasse le famiglie e noi tutti a riflettere con tristezza sui motivi della crisi? É

invece più giusto che fra tante note stonate e voci di sventura, la Chiesa proprio oggi

annunci le ragioni della speranza. Esse sono radicate nell’amore profondo che Dio

nutre per questa istituzione basilare, giacché essa riflette la natura stessa dell’amore

di Dio: Egli è il Padre e il Figlio, legati da un intimo amore tenero e profondo che

prende il volto dello Spirito. Perciò l’amore che si respira in famiglia fra le coppie

degli sposi, fra genitori e figli, tra fratelli è la più bella traccia della presenza di Dio

nel cuore dell’uomo. Infatti l’amore familiare è vissuto nell’intimità domestica ma è

aperto all’esterno, perché tutti possano condividerne la gioia e la forza vitale.

Tuttavia ciò è possibile se al centro dell’unità familiare prende dimora Dio. Ed è

proprio di questa centralità che ci parla oggi la Famiglia di Nazaret: senza questa

centralità di Dio la famiglia rischia la crisi. In definitiva l’armonia familiare nasce

solo quando si mette Dio in mezzo, quando tutti insieme ci si sente chiamati da Lui a

realizzare un progetto: costruire una famiglia che annuncia e vive ogni giorno la

speranza, la fede e la gioia del Natale.

 

Il senso profondo della famiglia

La speranza che oggi intendiamo accendere nel cuore è che ogni famiglia è amata da

Dio di un amore unico. Ciò è provato dal fatto che una famiglia – quella di Nazaret –

è stata abitata proprio dal Figlio di Dio, il quale incarnandosi si è fatto figlio di Maria

e Giuseppe. Per questo, sul modello della famiglia di Nazaret, ogni famiglia cristiana

è chiamata ad essere segno visibile della presenza di Dio. Non a caso i Padri del

Concilio Vaticano II hanno asserito che la famiglia cristiana è una piccola chiesa, è

“la Chiesa domestica” (Lumen gentium n 11); essa è “come il santuario domestico

della Chiesa” (Apostolicam actuositatem n 11). In fondo è proprio in questa veste che

oggi incontriamo la famiglia di Nazaret. Maria, Giuseppe e il dodicenne Gesù, sono

in pellegrinaggio verso Gerusalemme. Debbono recarsi al Tempio per osservare il

precetto della Pasqua. Insieme, dunque, verso la sola meta possibile: incontrare Dio

nella sua casa. L’incontro però ha un risvolto inatteso, che genera in Maria e

Giuseppe smarrimento e angoscia, ma che cambierà definitivamente la direzione

della famiglia. Infatti, dopo il suo ritrovamento al tempio, Gesù, smarritosi per tre

giorni, al rimprovero della madre risponde: “Perché mi cercavate? Non sapevate che

io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Luca 2, 49). Egli rivela per la prima

volta e in modo esplicito la sua consapevole diretta appartenenza a Dio: è il Figlio di

Dio e del Padre deve compiere la volontà. Il brano continua con un compendio di tre

righe sulla vita di Gesù nell’umile dimora di Nazaret: “E Gesù cresceva in sapienza,

età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Luca 2, 51). La famiglia tornata da

Gerusalemme, si adegua, si modella sulla rivelazione di Gesù che cresce nel rispetto

della realtà familiare, ma si orienta verso il mistero che abita in Lui. La crescita di

Gesù è armoniosa e completa sia in senso fisico, spirituale e sociale (“davanti agli

uomini”) soprattutto in senso teologico (“davanti a Dio”). Insomma, la “ribellione” di

Gesù al tempio sicuramente spiazza i genitori, ma ci dice anche che essere madre e

padre non significa possedere i figli, giacché essi appartengono a Chi ce ne ha fatto

dono. Dunque la direzione che essi dovranno prendere, e che noi dobbiamo aiutare a

far scoprire, è quella del Mistero che li abita da sempre. Allora educare, formare,

sostenere nella crescita significa soprattutto aiutare i figli a scoprire il proprio ruolo

nel mondo, non come risposta a ciò che i genitori vorrebbero, ma secondo il volere di

Chi ne ha “progettato” la vita, quando ha pensato a loro. In definitiva la famiglia di

Nazaret, al ritorno da Gerusalemme,ha sostenuto Gesù nella sua crescita globale,

“davanti agli uomini” e “davanti a Dio”. E se le nostre famiglie fossero modellate su

quella di Nazaret, ossia fossero scuole di lavoro, luoghi di preghiera, comunità vive

dove si spezza non solo il pane materiale, ma anche il “pane” della Parola di Dio,

potrebbero realizzare quanto detto dai Padri Conciliari: essere santuari domestici, e,

in questa veste, animare la società rifondandola sullo spirito dell’amore reciproco. Ed

è proprio l’amore reciproco che rende l’amore familiare così vicino alla natura

dell’amore trinitario. Per questo l’amore familiare non può essere soffocato o

imbrigliato entro i nostri orizzonti e schemi mentali, ma va concepito come realtà

trascendente. Infatti, come il Padre e il Figlio amano generando la vita nello Spirito,

così l’amore reciproco degli sposi non si deve chiudere nella tranquillità di una vita di

coppia, ma deve sapersi aprire alla vita per generare vita. E ancora, come per amore il

Figlio rimette la sua vita nelle mani del Padre, perché il Padre la renda al mondo nella

novità e nella pienezza di grazia dello Spirito Santo, così l’amore familiare va sempre

orientato verso Chi questo amore ha donato, perché lo nutra e sostenga sempre. E,

infine, come nell’unità il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo lavorano, ciascuno

secondo il proprio ruolo, alla realizzazione del Regno dei Cieli, così l’unità familiare

è tensione comune verso una meta più alta, amore finalizzato al raggiungimento di un

solo grande obiettivo. Giacchè oggi si parla tanto di crisi della famiglia, non è

peregrino chiedersi: verso quale direzione la famiglia è diretta, o peggio ancora, c’è

ancora una direzione? I fatti ci dicono che probabilmente manca una comune tensione

verso le cose alte che danno senso alla vita; come manca anche la Gerusalemme che

accende il cuore di desiderio e di speranza. Ebbene se veramente questa domenica la

intendiamo celebrare insieme con la famiglia di Nazareth, seguiamola pure nel suo

pellegrinaggio a Gerusalemme, ma poi torniamo a casa! In altri termini, uniamo

Gerusalemme a Nazareth: facciamo di Dio la meta ultima del nostro cammino

familiare e viviamo nel frattempo alla Sua presenza quotidianamente.

 

Un cerchio aperto

Senza Dio è inevitabile la crisi: questo è il messaggio che ci viene affidato oggi dalla

famiglia di Nazaret. Solo uniformando la volontà di ciascuno - genitori e figli, moglie

e marito – alla volontà del Padre si deve essere capaci di amarsi reciprocamente così

come si è, e non come l’altro accanto a noi vorrebbe che fossimo. Si deve essere

capaci di amarsi anche con tutte le ferite e le fragilità che inevitabilmente si

accompagnano alla nostra natura umana, perché ferite e fragilità non saranno

giudicate o condannate, ma perdonate per essere risanate. Però tutto ciò è possibile

solo se amiamo dello stesso amore del Padre, se cioè accogliamo nel nostro cuore

l’umanità paterna e filiale di Dio, il cui amore per l’uomo è stato di una tale tenerezza

da assumere la sua imperfezione per renderla perfetta. Vivere dunque la quotidianità

della famiglia in presenza di Dio significa allenarsi ad amare, ovvero imparare ad

amare come Dio, in modo totale, gratuito, costantemente incline al dono senza

condizioni. Solo così tutta la famiglia potrà crescere in “sapienza” e “grazia”. Una

famiglia che si forma in tal modo, inoltre, è capace anche di aprirsi all’esterno, anzi

gli impegni “fuori” saranno tanto più autentici quanto più produrranno un aumento di

amore e fedeltà “all’interno”. Ciò significa che la famiglia deve diventare palestra

nella quale allenarsi ad amare, facendo a gara in bontà, pazienza, comprensione,

delicatezza, dialogo, ascolto, e poi, una volta pronti, uscire fuori e iniziare a

gareggiare allo stesso modo nella comunità più grande. In sintesi è il tipo dei rapporti

familiari a qualificare i rapporti sociali, civili, le relazioni fra gli uomini.

 

Conclusione

A questo Vangelo, carissimi, non chiediamo consigli speciali per la vita delle nostre

famiglie; chiediamo invece la sapienza delle idee che qualifica le nostre relazioni

familiari e umane. Chiediamo che ci insegni a mettere le cose di Dio al centro della

vita, a non considerare l’altro – sposo/sposa e figli – come possesso personale; a

crescere al ritmo lento del dialogo, dell’ascolto e dei limiti; a saper riconoscere fra le

inevitabili stonature l’armonia del volere di Dio. Chiediamo infine che ci insegni ad

unire Nazareth a Gerusalemme: la città di Dio alla nostra casa, perché il Padre bussa

alla porta della nostra vita “innanzitutto con il volto di ogni persona che vive

accanto” a noi.

 

  Serena domenica.

+ Vincenzo Bertolone

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