Vangelo del 13 Dicembre, III dom.di Avvento |
Scritto da don M.Munno | |||||||||||||||||
sabato, 12 dicembre 2015 07:42 | |||||||||||||||||
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 3,10-18. Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: «Maestro, che dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi che dobbiamo fare?». Rispose: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella.
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13 – 20 dicembre 2015
camminando insieme
All’inizio dell’Anno Santo della Misericordia (l’8 dicembre Papa Francesco ha aperto la Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano e domenica 13 pomeriggio il nostro Vescovo Francesco Savino aprirà la Porta della Misericordia della Basilica Cattedrale di Cassano) desidero condividere con voi le Parole che il Santo Padre Francesco ha pronunciato sul sagrato della Basilica Vaticana lo scorso 8 dicembre:
“Tra poco avrò la gioia di aprire la Porta Santa della Misericordia. Compiamo questo gesto – come ho fatto a Bangui – tanto semplice quanto fortemente simbolico, alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, e che pone in primo piano il primato della grazia. Ciò che ritorna più volte in queste Letture, infatti, rimanda a quell’espressione che l’angelo Gabriele rivolse a una giovane ragazza, sorpresa e turbata, indicando il mistero che l’avrebbe avvolta: «Rallegrati, piena di grazia» (Lc 1,28). La Vergine Maria è chiamata anzitutto a gioire per quanto il Signore ha compiuto in lei. La grazia di Dio l’ha avvolta, rendendola degna di diventare madre di Cristo. Quando Gabriele entra nella sua casa, anche il mistero più profondo, che va oltre ogni capacità della ragione, diventa per lei motivo di gioia, motivo di fede, motivo di abbandono alla parola che le viene rivelata. La pienezza della grazia è in grado di trasformare il cuore, e lo rende capace di compiere un atto talmente grande da cambiare la storia dell’umanità. La festa dell’Immacolata Concezione esprime la grandezza dell’amore di Dio. Egli non solo è Colui che perdona il peccato, ma in Maria giunge fino a prevenire la colpa originaria, che ogni uomo porta con sé entrando in questo mondo. E’ l’amore di Dio che previene, che anticipa e che salva. L’inizio della storia di peccato nel giardino dell’Eden si risolve nel progetto di un amore che salva. Le parole della Genesi riportano all’esperienza quotidiana che scopriamo nella nostra esistenza personale. C’è sempre la tentazione della disobbedienza, che si esprime nel voler progettare la nostra vita indipendentemente dalla volontà di Dio. È questa l’inimicizia che attenta continuamente la vita degli uomini per contrapporli al disegno di Dio. Eppure, anche la storia del peccato è comprensibile solo alla luce dell’amore che perdona. Il peccato si capisce soltanto sotto questa luce. Se tutto rimanesse relegato al peccato saremmo i più disperati tra le creature, mentre la promessa della vittoria dell’amore di Cristo rinchiude tutto nella misericordia del Padre. La parola di Dio che abbiamo ascoltato non lascia dubbi in proposito. La Vergine Immacolata è dinanzi a noi testimone privilegiata di questa promessa e del suo compimento. Questo Anno Straordinario è anch’esso dono di grazia. Entrare per quella Porta significa scoprire la profondità della misericordia del Padre che tutti accoglie e ad ognuno va incontro personalmente. E’ Lui che ci cerca! E’ Lui che ci viene incontro! Sarà un Anno in cui crescere nella convinzione della misericordia. Quanto torto viene fatto a Dio e alla sua grazia quando si afferma anzitutto che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre invece che sono perdonati dalla sua misericordia (cfr Agostino, De praedestinatione sanctorum 12, 24)! Sì, è proprio così. Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia. Attraversare la Porta Santa, dunque, ci faccia sentire partecipi di questo mistero di amore, di tenerezza. Abbandoniamo ogni forma di paura e di timore, perché non si addice a chi è amato; viviamo, piuttosto, la gioia dell’incontro con la grazia che tutto trasforma. Oggi, qui a Roma e in tutte le diocesi del mondo, varcando la Porta Santa vogliamo anche ricordare un’altra porta che, cinquant’anni fa, i Padri del Concilio Vaticano II spalancarono verso il mondo. Questa scadenza non può essere ricordata solo per la ricchezza dei documenti prodotti, che fino ai nostri giorni permettono di verificare il grande progresso compiuto nella fede. In primo luogo, però, il Concilio è stato un incontro. Un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo. Un incontro segnato dalla forza dello Spirito che spingeva la sua Chiesa ad uscire dalle secche che per molti anni l’avevano rinchiusa in sé stessa, per riprendere con entusiasmo il cammino missionario. Era la ripresa di un percorso per andare incontro ad ogni uomo là dove vive: nella sua città, nella sua casa, nel luogo di lavoro… dovunque c’è una persona, là la Chiesa è chiamata a raggiungerla per portare la gioia del Vangelo e portare la misericordia e il perdono di Dio. Una spinta missionaria, dunque, che dopo questi decenni riprendiamo con la stessa forza e lo stesso entusiasmo. Il Giubileo ci provoca a questa apertura e ci obbliga a non trascurare lo spirito emerso dal Vaticano II, quello del Samaritano, come ricordò il beato Paolo VI a conclusione del Concilio. Attraversare oggi la Porta Santa ci impegni a fare nostra la misericordia del buon samaritano”. Custodiamoci nella preghiera reciproca! Buona domenica e buon giubileo della misericordia a tutti. don Michele
Riflettiamo “insieme” sulla Parola di Dio della Domenica 13 Dicembre 2015 III Domenica di Avvento – C (Sof 3,14-17; Cant. Is 12,2-6; Fil 4,4-7; Lc 3,10-18) La terza tappa domenicale del nostro cammino d’Avvento, la domenica “Gaudete”, è caratterizzata in quest’anno liturgico del ciclo C da una domanda che più volte viene presentata nella pagina del Vangelo: “che cosa dobbiamo fare?”. Dopo aver guardato verso la meta (prima domenica), dopo aver preso atto della nostra condizione (seconda domenica), oggi siamo accompagnati a fare un passo ulteriore, decisivo: c’è qualcosa che occorre “fare”! Lo chiedevano le folle, lo chiedevano i pubblicani e i soldati: “che cosa dobbiamo fare?”. L’esperienza di gioia profonda, a cui questa domenica ci invita, causata dalla “vicinanza” del Signore, è proporzionale al modo in cui cerchiamo di rispondere a questa domanda! Infatti, l’invito alla gioia, a rallegrarsi, ad essere lieti, è rivolto a tutti, ma solo chi prende sul serio la “vicinanza” di Dio può farne realmente esperienza. Ciò significa che la vicinanza di Dio non dipende da noi! Dio non ci sta vicino se noi siamo buoni, se noi facciamo del bene! Dio ci è vicino a prescindere da noi! Accogliere la sua vicinanza, permettergli di starci vicino, però, questo sì, dipende solo da noi e da ciò dipende anche la nostra gioia! Ed è l’accoglienza della sua vicinanza che ci rende buoni, che ci spinge a fare del bene. Dalla sua vicinanza accolta e presa sul serio deriva la nostra domanda: “che cosa dobbiamo fare?”. Sottolineo ancora una volta questa prospettiva fondamentale ricorrendo ad un esempio. Una mamma o un papà vogliono bene al proprio figlio solo perché è buono, solo perché è bravo? Mi pare proprio di no! Vogliono bene al proprio figlio semplicemente perché è il proprio figlio! Gli vogliono bene anche quando sbaglia, quando commette errori! Anzi, quando un figlio sbaglia, gli stanno ancora più vicini! Proviamo ad immaginare la premura dei genitori quando i figli sono ammalati ... La compassione, l’amore appassionato, l’amore misericordioso di Dio è proprio in questa direzione! Dio ci ama anche (soprattutto, direi!) quando siamo ammalati, peccatori, “poveri disgraziati” ... ed è proprio l’esperienza di questo suo amore, della sua “vicinanza”, della sua “misericordia”, che ci trasforma! Come restare indifferenti rispetto ad un Dio che ci ama così tanto, quando noi proprio non lo “meritiamo”! Ecco dove nasce la domanda: “che cosa dobbiamo fare?”. Ciascuno di noi, consapevole di se stesso, della propria vita, dei propri errori, risponda! Le opere di misericordia corporali (vestire gli ignudi, dar da mangiare agli affamati), gli atti di giustizia (non chiedere più di quello che spetta), gli atti di restituzione (chi ha frodato, restituisca) sono modalità per fare esperienza profonda della gioia che deriva dalla vicinanza di Dio che viene realmente accolta, sono strade percorribili di felicità! Di questa gioia profonda, di questa misericordia carica di letizia, tutti possano e possiamo farne esperienza! Amen. Maranathà!
AVVISI - I genitori dei BAMBINI NATI NELL’ANNO possono iscrivere i propri figli nella lista dalla quale saranno estratti i nomi dei “BAMBINELLI” della XXVII edizione del presepe vivente. L’estrazione sarà fatta DOMENICA PROSSIMA, 20 DICEMBRE, al termine della S. Messa delle ore 11:00, durante la quale saranno anche BENEDETTI I BAMBINELLI DI TUTTI I PRESEPI. - I giovani e gli adulti che desiderano prendere parte alla “rappresentazione del presepe vivente” sono pregati di segnalarlo quanto prima al sig. ERCOLE CIMBALO. - GIORNO 16 avrà inizio la NOVENA DI NATALE. Da giorno 16 dicembre fino al 24 mattina TUTTE LE CELEBRAZIONI DI ORARIO avranno luogo PRESSO LA CHIESA S. GIUSEPPE, ad eccezione della Messa domenicale delle ore 11:00
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