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La poesia ecologica di Antonio Canonico PDF Stampa E-mail
Scritto da A.M.Cavallaro   
domenica, 29 novembre 2015 07:56
ImageLa sera di venerdì 27 novembre ha avuto luogo, presso il Teatro Comunale di Cassano Ionio, una bella manifestazione culturale organizzata dall’Associazione “Vento del Sud”. La manifestazione era incentrata sulle composizioni poetiche di Antonio Canonico ed ha trattato le problematiche dell’inquinamento ambientale prendendo spunto dall’enciclica di Papa Francesco “Laudato Si”. L’evento è stato ottimamente condotto da Rossella Garofalo che ha anche ampiamente introdotto la recitazione delle poesie eseguita dallo stesso Canonico. Sono intervenuti la dott.ssa in agraria Graziana Silvestri, che ha parlato dell’inquinamento causato dalle coltivazioni per l’utilizzo smodato di fertilizzanti e di anticrittogamici, e mons. Francesco Savino, vescovo della diocesi di Cassano Ionio, il quale ha parlato in modo ampio delle emozioni provocate dalla poesia, ma il suo intervento è stato da noi registrato e lo possiamo offrire, quasi per intero,  ai nostri webnauti in coda alla presente nota. Gli interventi sono stati intramezzati dall’ottima esecuzione di alcuni brani musicali da parte della Schola Cantorum della Parrocchia di Santa Maria di Loreto, ben guidata da Emilia Marino. Il pubblico numeroso ha partecipato con entusiasmo sottolineando con vibranti applausi gli interventi ma soprattutto la recitazione  del mattatore della serata Antonio Canonico. Erano presenti anche Paola Grosso e Alessandra Oriolo ex-assessori comunali, che con la loro presenza hanno dimostrato, pur non rivestendo più ruoli istituzionali, di apprezzare ciò che da loro stesse era stato approvato.

Di seguito alcune delle poesie declamate da Antonio Canonico durante la serata.

 

11 Marzo 2011

Di colpo si sente un grande boato,

si grida c’è caos la terra ha tremato,

in tutti, terrore con occhi sgranati,

di tecno sicura noi siamo dotati,

son brutti momenti sperati passati.

 

Rivibra, si spacca, la furia impazza.

Le torri allo zenit di colpo si staccan,

si accasciano al suolo tremante ,

è l’impatto.

Il sole ingabbiato bagliori sprigiona,

di luce abbagliante non pare mai  domo,

non come morgana baciata dal sol ,

la luce è tutt’altro che dolce splendor,

 è cupa e inquietante ,di raggio mortal,

il ciclope ferito sputa il suo mal.

La furia del mare è assai alta sull’onda,

arriva e ogni cosa annega ed esonda.

 

Tutto d’intorno è solo paura, il tetro contorno

avanza sicuro.

Son torri di fumo e travi ammassate.

Di colpo,  il ricordo al recente passato.

Arrivan soccorsi giammai sperati:

 

Dagli ammassi tetrosi delle fumanti rovine

spettrali  figure contorte e assai  fini,

con piedi allungati  e corpo difforme,

due teste tre mani ed esili crini,

con tempie bucate e arcate infossate,

mescelle incavate e denti spezzati.

 

La coltre radiante è sempre più forte:

Emerge  d’intorno spaventosa la morte.

 


Terra mia, amata mia.

 

A sera alimentavo i miei giovani sogni

Con la vostra dolce visione.

Tre mesi eran lunghi e l’odoroso maggio

Ti annunciava festoso:

 turgido tempo della mietitura.

 

Alla fine ti inseguivo sui binari per ore e ore,

al mio ritorno. Di speme n’è gonfio il core

Per le dovizie  a me recate dalle mie giovani amanti.

 E con occhi chiusi,  mani ferme e privo delle voci,

M’accoglievi con braccia spalancate,

Come la donna amata.

Terra mia, amata mia! antica dagli Achei

E dalla ratio delle tavole del figlio a me ti donavi.

 

Dagli archi le colonne

I templi  vostri d’Apollo  e di Afrodite,

La stretta porta a Siris voi m’aprite, 

Al greco mar ancora incuneato

Fra i dolci declivi dell’appennino mio

Dei quali clasti il dolce fragorio

All’acque limpide e feconde doni.

 

Vedo le tue sponde chiare e trasparenti.

E le tue chiome di spighe dorate

Dal caldo sole di giugno asciugate.

I tuoi turgidi seni lambiti dalla tiepida brezza

Il tuo tenero moto appena accennato che

In mille raggi  ne riflette la gradita luce.

Vedo il tuo ventre morbido e rigonfio,

Con pacata dovizia disteso,

Affondare nel verde appena accennato

Del riso allagato, appena fecondato.

Dolci visioni di melodie cromiche  appaganti.

 

I canti ancestrali di contadini operanti

Ad allestir i quasi pronti granai ad ospitar

Le rigogliose messe dalle bionde chiome

Ondeggianti al dolce soffiar dell’aer tuo.

Dall’aia delle case circostanti

Canti auguranti

E allegri romorii femminili,

intente ad adornar la ricca mensa

di pane ancora caldo di profumo,

Di acqua fresca e aglianico rubino.

La voce più loquace ferma i muli,

Dal livido dell’alba, a mattutino,

Si adopra senza sosta  allegramente

E pago d’abbondanza si approssima alla mensa.

A sera dopo aver provato il grano

La brezza diveniva più gradita

Ognuno tra le braccia dell’ardita

Di terra o dolce amata pari è il cor.

 

 

Il frutto prezioso

Del melo ho approfittato

Stendendo la mano sul ramo più alto

Cogliendone il frutto.

All’ombra dell’antica quercia

Del mio cuore ritrovo il ristoro,

Dalle fatiche appago  la vita.

 

Dalle limpide  acque al ciaramile

Attingo la linfa, dolce ristoro a coppe le mani,

bagno la fronte e rinfresco la vita.

 

Coi miei fratelli curo teneramente

Il maestoso ulivo, i suoi doviziosi rami piegati

S’abbassano alla terra e cantano alla vita.

Tendo la mano al melograno,

Diritti virgulti cercano il cielo,

I frutti vermigli inneggiano alla vita.

Al centro della terra siedo sulla pietra,

Rivedo mio padre, con zappa e vanga

Ha curato il mio giardino.

Con mano callosa accarezza la lorica

Della quercia antica,

Con occhi sorpresi guarda

L’altezza del  pioppo,

Il volo a stormi del corvo,

il volteggiare a spirale del falco.

Adesso s’approssima la sera,

Seduto sulla pietra al centro della terra,

aspetto le due stelle.

Venere conduce la dolce falce di luna,

Dallo stagno il canto della raganella, il cielo imbruna,

La mesta voce del cuculo mi chiama per la sera,

Altro mai non ispero:

Aspetta ! conservo la zappa e la vanga,

Proteggo il melo con un velo!

L’acidità della pioggia potrebbe rovinarne il frutto!

Voglio consegnarlo ai miei figli perfetto.

 

cliccare quì per l'intervento di mons. Savino

 

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