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Considerazioni sull’Enciclica Papale “ LAUDATO SI’” PDF Stampa E-mail
Scritto da G.La Padula   
venerdì, 02 ottobre 2015 18:11
ImageL’Enciclica di Papa Francesco, Laudato si’, sia per i contenuti delle problematiche affrontate, che per l’ampiezza delle riflessioni messe in campo, merita certamente un’attenta riflessione, sia pure “humiliore eloquio”, sui temi etico-ecologici affrontati e discussi. A sollecitarmi in questa direzione è stato essenzialmente il “..il primo amor ch’ io sento”, vale a dire la filosofia, con l’intento di evidenziare come, le sue molteplici dimensioni ed i suoi paradigmi interpretativi, abbiano affrontato e discusso in parallelo molti aspetti presenti nelle riflessioni del Papa.  Ed è soprattutto su questi che si soffermano le mie considerazioni, nel tentativo di cogliere eventuali affinità della ricerca filosofica con le problematiche trattate dal Papa. Ovviamente, le riflessioni di Francesco hanno come stella polare la dimensione religiosa, in particolare l’amore per tutte le creature, propria dello spirito francescano, ma si allargano, e non potrebbe essere altrimenti, si completano ed interagiscono con la storia, la sociologia, l’economia, le grandi trasformazioni ambientali, alla ricerca delle cause dello sfruttamento e della povertà.   L’ Enciclica, del resto, ha l’imponente supporto teoretico e l’ampia documentazione, formatisi nel tempo, dello studio di problematiche e di temi analoghi, affrontati e dibattuti anche da altri Papi. In sintesi, su questo, ricordiamo la “Pacem in terris del 1963 di Giovanni Paolo XXIII; la “Populorum progressio” del 1967, la “Octogesima adveniens” del maggio del 1971, la Redemptor hominis,( discorso alla FAO) del 1979, di Paolo VI. A queste vanno aggiunti i contributi più recenti di Giovanni Paolo II: Centesimus annus del 1991 e quelli di Benedetto XVI, tra cui il “Discorso al corpo diplomatico presso la Santa Sede del 2007 e l’Enciclica Caritas in veritate”, del 29 giugno 2009. Allo stesso tempo, non vengono trascurati i contributi del Patriarca Bartolomeo, incontratosi di recente con Papa Francesco. Questo, a testimonianza dell’impegno amorevole con cui vengono studiate ed approfondite da sempre le problematiche concernenti “la cura della casa comune”. L’Enciclica, pur nella complessità dei temi trattati e per l’intrecciarsi di contenuti vasti ed articolati, espressioni, come ricordato in precedenza, di scienze e di ambiti diversi, si presenta come un’opera piacevole che coinvolge ed affascina il lettore attento ed interessato. Tuttavia, prima di entrare in “medias res” sui temi affrontati, mi sembra opportuno offrire una rapida informativa sulla sua articolazione. L’Opera, dopo l’iniziale introduzione, si sviluppa in sei Capitoli, di cui riporto lo schema generale, per poi soffermarmi su alcuni di essi, in particolare sul secondo e sul terzo, che sembrano dare un più forte significato al loro relazionarsi con la filosofia, soprattutto per quel che concerne il rapporto tra le spinte tecnologiche dei nostri tempi e le implicanze antropologiche che ne sono scaturite.

Capitolo I°: Quello che sta accadendo alla nostra casa.

Capitolo 2° Il Vangelo della Creazione.

Capitolo 3° La radice umana della crisi ecologica.

Capitolo 4° Un’ecologia integrale.

Capitolo 5° Alcune linee di orientamento e di azione.

Capitolo 6° Educazione e spiritualità ecologica.

ImageI temi trattati nell’Enciclica che richiamano i grandi dibattiti bioetici e  filosofici sono presenti in più capitoli, ma particolarmente interessanti, al fine della nostra ricerca, ci sembrano i capitoli primo e terzo, sui quali ci soffermeremo in modo più analitico. Nel capitolo primo, il Papa si sofferma su aspetti che sono stati e sono oggetto di dibattito della riflessione filosofica, come il senso di fiducia illimitata ed irrazionale nel progresso e nelle capacità umane”, il cui fallimento ha lasciato il posto ad “una crescente sensibilità riguardo all’ambiente e alla cura della natura, e matura una sincera e dolorosa preoccupazione per ciò che sta accadendo al nostro pianeta”. Cause di questi processi vengono individuate nell’inquinamento e nei cambiamenti climatici, ma anche nella produzione “…di centinaia di tonnellate di rifiuti l’anno, molti dei quali non biodegradabili: rifiuti domestici e commerciali, detriti di demolizioni, rifiuti clinici, elettronici o industriali, rifiuti altamente tossici e radioattivi. La terra, nostra casa, sembra trasfor­marsi sempre più in un immenso deposito di im­mondizia. In molti luoghi del pianeta, gli anziani ricordano con nostalgia i paesaggi d’altri tempi, che ora appaiono sommersi da spazzatura.  Da qui, l’invito pressante all’umanità, chiamata a cambiare in modo radicale gli usi e gli stili di vita, di produzione e di consumo, per regolarizzare la stabilità del clima, che è un bene comune di tutti e per tutti. Al riscaldamento climatico sono legati effetti collaterali che incidono sulla disponibilità di risorse essenziali e vitali come l’acqua potabile, fondamentale per la stessa sopravvivenza dell’uomo. Il Papa, su questo, non manca di sottolineare come l’utilizzo selvaggio e dissennato delle risorse naturali e la loro contaminazione a fini di profitto abbiano trasformato un bene essenziale in mera merce, soggetta alle perfide leggi di mercato, con conseguenze drammatiche per i più poveri della Terra. Negare loro il diritto di potere usufruire dell’acqua potabile “…significa negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità. Su questo, il Papa, non esita a puntare il dito sull’alleanza tra tecnologia, politica e finanza. La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei Vertici mondiali sull’ambiente. Ci sono troppi interessi particolari e molto facil­mente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti. In questa linea il Documento di Aparecida chiede che « negli interventi sulle risorse naturali non prevalgano gli interessi di gruppi economici che distruggono irrazionalmen­te le fonti di vita ». L’alleanza tra economia e tec­nologia finisce per lasciare fuori tutto ciò che non fa parte dei loro interessi immediati”. Al riguardo, è particolarmente incisivo il richiamo di Francesco su quanto sottolineato dalla Conferenza Episcopale Boliviana, secondo il quale “tutte le aggressioni ambientali le subisce la gente più povera”. La denuncia del Papa nei confronti di quanti distruggono in modo forsennato le vitali risorse naturali trova nelle riflessioni del filosofo tedesco Hans Jonas (1903-1993), naturalizzato statunitense, un precedente e formidabile sostegno di responsabilità bioetica nello sfruttamento delle risorse umane. Di Jonas, abbiamo preso come oggetto di studio due opere, “Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica”, tradotto in Italia nel 1990 e “Sull’orlo dell’abisso – conversazioni sul rapporto tra uomo e natura”, frutto di dieci interviste-conversazioni sui grandi problemi bioetici. Nel primo scritto, Jonas,  rivendica in modo perentorio il diritto di chi verrà dopo di noi a potere usufruire degli stessi beni che sono stati garantiti a noi e di non distruggere l’habitat che ci ha consentito di vivere e di prosperare. E’forte anche il richiamo al senso del principio di responsabilità bioetica e propone una nuova etica che operi una riflessione sulla mutata natura dell’agire umano, al fine di evitare la deriva scientista della prevalenza del valore strumentale di una sola parte dell’essere uomo, per una valorizzazione completa, totale dell’essere uomo. Il nuovo imperativo per Jonas si esprime nella formula “includi nella tua scelta attuale l’integrità futura dell’uomo come oggetto della tua volontà”, che rifiuta e ribalta, quindi, per intero l’impianto baconiano e tecnologico della scienza, considerata solo come conquista della ragione, come potere sulle cose e che ha come fine il compito di accrescere e garantire il progresso e, quindi, la possibilità di un completo dominio sulla realtà. La conoscenza, invece, per Jonas, non deve soltanto aumentare il potere, ma deve dirigerlo ad una finalità etica, che includa non solo il presente, ma, soprattutto, il futuro delle generazioni e dei popoli. Nel secondo testo citato, Jonas, si dimostra meno ottimista sulle possibilità che il cammino dell’uomo verso il progresso non venga del tutto contaminato. Infatti rispondendo ad una domanda di Martens, circa le possibilità di abbandonare definitivamente la tradizionale idea “che i nostri figli debbano stare meglio di noi”, risponde testualmente “sarebbe già molto se potessimo dire che i nostri nipoti non staranno peggio di noi. Dobbiamo preservare i nostri discendenti dal dover pagare lo scotto per noi”. Nell’Enciclica non viene mai citato Jonas, ma da quanto scritto emerge in modo forte la congruenza delle problematiche affrontate. Allo stesso modo, viene messo  sotto accusa il consumismo estremo,con forti rimproveri allo spreco degli alimenti, il cibo che si butta via è come se lo si rubasse alla mensa dei poveri”, che appaiono richiami indiretti al principio di responsabilità di Jonas. Nell’Enciclica viene sottolineato, ancora, come le iniquità non colpiscono solo individui singoli, ma si allargano e coinvolgono interi Paesi ed obbligano tutti a ripensare ad un’etica delle relazioni internazionali, in cui “il debito ecologico” tra nord, ricco, e Sud, povero e vittima, possa riequilibrare gli squilibri commerciali sia in campo ecologico che su quello dell’abuso delle risorse naturali attuato da alcuni Paesi. In questo contesto, particolarmente efficace è il rimprovero che Francesco, a conclusione del capitolo, muove nei confronti di coloro che hanno smesso di pensare ai fini, al significato autentico dell’agire e dell’esistenza umana, Se lo sguardo ripercorre le regioni del nostro pianeta, ci si accorge subito che l’umanità ha deluso l’attesa divina. Le perplessità, o meglio la presa decisa di distanze, su di una esistenza fondata essenzialmente sulla tecnica e sul progresso, non dimensionata dai valori legati alla “persona”, sia in senso naturale che religioso, vengono affrontate nel terzo capitolo, in cui sono ribadite ed approfondite le responsabilità dell’uomo per quanto concerne  la crisi ecologica. Al riguardo, viene ricordato che tutto soggiace al dominio ed alle leggi della ferrea logica della tecnica e del profitto, senza badare e mettere al centro del problema l’essere umano. In questo contesto, a mio avviso, i contributi filosofici che hanno evidenziato l’arroganza onnivora della tecnica, quasi deresponsabilizzata dall’operare scelte consapevoli che non siano quelle legate alla logica del profitto e del dominio sono stati notevoli. La forte impronta antropologica che anima le riflessioni del Papa trovano riscontro in contributi filosofici di grande spessore culturale. Molto significative, al riguardo, sono le riflessioni di Emanuele Severino, che denuncia il nichilismo della tecnica, che per affermare il suo dominio deve sempre superare sé stessa e soddisfare la “volontà di potenza”, che ne costituisce l’essenza, fino a diventare, ormai, la religione della nostra epoca. Molti sono stati i pensatori del Novecento, tra cui Heidegger, che si sono confrontati e discusso su questo problema evidenziando, al di là dei differenti sistemi esplicativi, l’essenza della tecnica nel costante superamento di sé, nell’ andare sempre oltre, in quanto il valore delle cose (realtà) consiste nella loro “usabilità”, risorse da sfruttare senza proporsi come valori antropologici stabili e duraturi. Di questo, Heidegger, ha parlato diffusamente nella conferenza La questione della tecnica, tenuta nel 1953,  le cui considerazioni riportate da noi, sia pure  in sintesi,  si riferiscono proprio a questo scritto. Il Papa si confronta con questi problemi, che indubbiamente segnano la crisi, le inquietudini e le paure del nostro tempo, e  nei paragrafi 108-109, richiamando il grande teologo cattolico Romano Guardini, scrive Di fatto la tecnica ha una tendenza a far sì che nulla riman­ga fuori dalla sua ferrea logica, e « l’uomo che ne è il protagonista sa che, in ultima analisi, non si tratta né di utilità, né di benessere, ma di domi­nio; dominio nel senso estremo della parola ». Per questo « cerca di afferrare gli elementi della natura ed insieme quelli dell’esistenza umana ». Si riducono così la capacità di decisione, la libertà più autentica e lo spazio per la creatività alterna­tiva degli individui.Il paradigma tecnocratico tende ad eser­citare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica. L’economia assume ogni sviluppo tecnologico in funzione del profitto, senza pre­stare attenzione a eventuali conseguenze negati­ve per l’essere umano. La finanza soffoca l’eco­nomia reale.

E’superfluo chiarire che quella che Heidegger considera come dimensione dell’uomo viene superata da Francesco riaffermando il valore dell’Essere umano come amministratore responsabile delle proprie scelte ricordandoci il senso della “chiamata” trascendente, divina, che segna il destino e l’orizzonte ultimo dell’uomo stesso. La tecnica deve essere al servizio dell’uomo, è l’Essere umano che deve compiere scelte consapevoli che tendano al bene collettivo, che siano “valori” non solo “usabili”, ma duraturi e solidali. L’Enciclica riafferma la necessità di una “saggezza” condivisa, finalizzata al bene di tutti, fatta di scelte, per quanto possibile, libere e consapevoli, per costruire la “casa comune”. Una bella interpretazione, su questi temi, è data da Serge Latouche, il quale nello scritto “La sfida di Minerva” contrappone  il “logos epistemonikos”, che esprime le esigenze della tecnica, proprie della razionalità occidentale, assoluta e performativa,  alla Phronesis, intesa come saggezza dialogica, in cui prevalgono le scelte condivise e finalizzate al bene di tutti, al fine di costruire la casa comune, il bene collettivo, in cui tutti hanno diritto di cittadinanza, come uguali tra uguali. I termini utilizzati da Latouche sono di derivazione Aristotelica, ma ben colgono lo scontro che avviene oggi a livello planetario e l’arroganza dei Paesi più ricchi nel gestire le risorse a proprio vantaggio, a scapito, soprattutto, dei Paesi e dei popoli più poveri.  Quando Latouche scrive che “…nel mondo contemporaneo, la tecnica è diventata da mezzo a fine, si trasforma e progredisce per una sua forza interna che non è più controllabile”, esprime laicamente le posizioni religiose del Papa e le preoccupazioni per una realtà che diventa sempre meno controllabile. Restano, tuttavia, sempre vivi e presenti i valori legati al progetto di una Comunità, che si riconosca nei valori del dialogo, della solidarietà e del “bene della casa comune”, elementi, questi, condivisi ed accettati da papa Francesco. Altre interessanti stimoli alla discussione sono presenti anche negli altri capitoli, come nel quarto, in cui si parla di “giustizia tra generazioni”, che sembrano, ancora, richiamare le riflessioni di Jonas. Riportiamo il passo completo ,“La nozione di bene comune coinvolge anche le generazioni future. Le crisi economiche internazionali hanno mostrato con crudezza gli effetti nocivi che porta con sé il disconoscimen­to di un destino comune, dal quale non possono essere esclusi coloro che verranno dopo di noi. Ormai non si può parlare di sviluppo sostenibile senza una solidarietà fra le generazioni. Quando pensiamo alla situazione in cui si lascia il piane­ta alle future generazioni, entriamo in un’altra logica, quella del dono gratuito che riceviamo e comunichiamo. Se la terra ci è donata, non possiamo più pensare soltanto a partire da un criterio utilitarista di efficienza e produttività per il profitto individuale. Non stiamo parlando di un atteggiamento opzionale, bensì di una questione essenziale di giustizia, dal momento che la terra che abbiamo ricevuto appartiene anche a colo­ro che verranno. (pag. 122-Paragrafo 159).

La nostra analisi, comunque, si ferma qui.

Il filosofo tedesco, Johann Georg Hamann, contemporaneo di Kant e nato nella stessa città, Königs­berg, reagendo all’astratto razionalismo del suo tempo, riteneva che Dio non amasse i “dolori di testa”, ma preferisse i “battiti dei cuori”, volendo sottolineare come la poesia rappresentasse la lingua madre del genere umano, capace di giungere direttamente ai nostri cuori. Per questo desidero chiudere le mie riflessioni con il passo conclusivo dell’Enciclica, facendo prevalere la bellezza del sentimento religioso che diventa poesia…

ImageEcco il passo IX. Al di là del sole.

“Alla fine ci incontreremo faccia a faccia con l’infinita bellezza di Dio (cfr1 Cor13,12) e potremo leggere con gioiosa ammirazione il mi­stero dell’universo, che parteciperà insieme a noi della pienezza senza fine. Sì, stiamo viaggiando verso il sabato dell’eternità, verso la nuova Ge­rusalemme, verso la casa comune del cielo. Gesù ci dice: « Ecco, io faccio nuove tutte le cose » (Ap21,5). La vita eterna sarà una meraviglia condi­visa, dove ogni creatura, luminosamente trasfor­mata, occuperà il suo posto e avrà qualcosa da offrire ai poveri definitivamente liberati. Nell’attesa, ci uniamo per farci carico di questa casa che ci è stata affidata, sapendo che ciò che di buono vi è in essa verrà assunto nella festa del cielo. Insieme a tutte le creature, cammi­niamo su questa terra cercando Dio, perché « se il mondo ha un principio ed è stato creato, cerca chi lo ha creato, cerca chi gli ha dato inizio, colui che è il suo Creatore». Camminiamo cantando! Che le nostre lotte e la nostra preoccupazione per questo pianeta non ci tolgano la gioia della speranza”.

Giuseppe La Padula

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