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Vangelo di domenica 30 Agosto PDF Stampa E-mail
Scritto da p.V. Bertolone   
sabato, 29 agosto 2015 11:44
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 7,1-8.14-15.21-23.Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme.Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi,e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame - quei farisei e scribi lo interrogarono:

«Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?». Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano essi mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e intendete bene: non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo». Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi,adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo».

XXII Domenica del Tempo Ordinario

Cuori vicino a Dio

30 agosto 2015

Introduzione

In questa ultima domenica di agosto, la ventiduesima del tempo ordinario,ritroviamo le pagine del vangelo di Marco, lasciate alcune settimane fa per meditaresu quelle del vangelo di Giovanni. E sebbene cambi il tema, non cambia l’atmosferatesa delle ultime due domeniche: ritroviamo infatti il tono di rimprovero degli scribi edei farisei nei confronti di Gesù e dei Suoi. Il pretesto della nuova accusa è che gliApostoli mangiano senza essersi prima purificati, lavandosi le mani, secondo i rititradizionali.L’aria è ancora impregnata dalla fragranza del pane, quando l’arrivo dei fariseie degli scribi, con le loro continue “mormorazioni”, la soffocano con il puzzo dellegalismo più grezzo. Le mani di Gesù, dei Suoi e della folla sono ancora odorose dipane donato e condiviso, quando le mani di scribi e farisei, meticolosamente lavate edebitamente pulite, tentano di contaminarle con il loro lezzo ammorbante. Ma Gesù èpronto alla nuova sfida e con un altro discorso diretto impartisce una lezione ai suoi

oppositori e chiarisce i termini della questione a quanti intendono seguirLo.Egli, da buon Maestro, raddrizza il tiro di chi intende farlo cadere, e dall’occasionalefa emergere una verità essenziale: la vera fede non ristagna nell’apparenza formale,ma fluisce e si nutre della profondità dell’essere.In altri termini non basta ascoltare e osservare la Legge di Dio, la sua Parola,essa va amata e vissuta, incarnata e interiorizzata, va fatta aderire ad un cuore vivo.Solo allora l’osservanza si muterà in obbedienza, ovvero ne “la fame di essere nellemani di Dio” (M. Delbrel). In definitiva se la religiosità non si fa azione d’amore, senon diventa accoglienza dell’Altro e degli altri, condivisione con i più poveri edeboli, e desiderio di mutare in bene quanto di male c’è dentro di noi, resta sempreuna falsa religiosità. E gli stessi riti diventeranno gesti freddi e meccanici, se nontroveranno la loro eco e la loro radice nel cuore, la loro sacralità e ritualità nel tessutodella trama quotidiana.Questa la verità sulla fede che oggi Gesù intende trasmetterci attraverso lapagina del vangelo di Marco. Il suo discorso segue tre direttrici, chiare e semplici:a) è pretesa assurda e ingannevole tentare di piegare la Legge di Dio entro gli schemidei precetti umani (cfr. Mc 7,8-9); b) a che serve avere mani pulite, se il cuore èlontano da Dio (cfr. Mc 7, 6-7); c) ciò che tiene il cuore lontano da Dio è da ricercarsinel cuore stesso e non fuori da esso (cfr. Mc 7, 14-15. 22-23).Capire il senso delle parole di Gesù in questa domenica di fine estate è salireun gradino in più sulla scala della vera fede, e comprendere anticipatamente ciò chesolo alla fine della sua vita comprese Brigida Pian, protagonista del noto romanzo delfrancese F. Mauriac, La Farisea :ciò che importa nella vita – aggiungerei in una vitadi fede - non è meritare, ma amare.

Un cuore lontano dalla Legge di Dio

Le prime due direttrici sulle quali si muove il discorso di Gesù è possibileriassumerle in una sola affermazione: le labbra non valgono niente se non battono alritmo e all’unisono con il cuore. È l’eterno lamento di Dio: Lui è vicino, ma il cuoredell’uomo è lontano, è assente, è altrove. Questo è il dramma della Storia Sacra, è ildramma dei nostri giorni: mentre il Padre si fa vicino, il figlio si allontana da casa.Così i precetti antichi, sebbene nascano dal desiderio di Dio di fare di un popolo ilpopolo dell’Alleanza, si trasformano e si moltiplicano in tanti divieti umani chemortificano e avvelenano l’autenticità e la spontaneità della relazione stessa con Dio.Allora l’ammonimento di Gesù, “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservatela tradizione degli uomini”, non ha il valore sovversivo che intendono dargli scribi e

farisei, piuttosto è la condanna della lontananza del cuore degli uomini da Dio.Qui viene messa in discussione non la Legge di Dio, ma il rapporto tra l’uomo e Dio:esso è vuoto se si alimenta di pura formalità, ma si riempie di senso, portando frutti inabbondanza, se attinge il suo nutrimento dall’ “essere”.In altre parole, per noi che oggi ascoltiamo: non basta l’ascolto di questa Parolaper dirsi uomini della Parola, cristiani di autentica fede, è necessario, per esserericonosciuti tali, interiorizzarLa, incarnarLa, viverLa nel quotidiano. Bisogna che lavita stessa diventi il luogo privilegiato nel quale trovi spazio la ritualità del sacro. Sel’annuncio della Parola è annuncio dell’amore di Dio per l’uomo: che tutta la nostravita sia vissuta nell’amore verso il prossimo; se il banchetto eucaristico è sacrificioestremo d’amore: che tutta la vita si consumi in una quotidiana offerta di sé per lasalvezza degli altri.Certo vivere con il cuore la Parola di Dio non è facile, dietro l’angolo sitroveranno sempre i farisei e gli scribi di turno che, con le loro “mormorazioni”,tenteranno di convincerci che la verità è altrove. Ma Gesù, buon Maestro, ci avvisa:non saranno le voci esterne a distoglierci dalla volontà di coinvolgerci con il cuore,dal desiderio di “esserci” in Dio e con Dio, quanto piuttosto il groviglio di luci e diombre che alberga nel nostro cuore.

 

Fuori e dentro

E siamo giunti alla terza delle tre direttrici. Essa si sviluppa su di una coppia dicontrari: fuori e dentro. Non c’è luogo o angolo fuori di noi di cui si possa dire: ilmale è qui, questo è il suo nascondiglio. Non c’é creatura che possa dirsi malvagia.Unico spazio del male è il cuore dell’uomo: dal di dentro del cuore degli uominiescono le intenzioni cattive, che contaminano e guastano la relazione con Dio e congli altri. Lo stesso Maestro ci dice quali sono queste intenzioni, fra tutte emergonol’invidia, la superbia e la stoltezza.La prima è l’avere un occhio cattivo: il non riuscire a guardare gli altri, allaloro operosità, con gli occhi di Dio, con la bontà che Gli si addice. Questo portainevitabilmente a criticare, a “mormorare”, a distruggere, e non importa se si corre ilrischio di criticare, o peggio ancora rovinare, anche i disegni di Dio.La seconda, la superbia, si manifesta con l’orgoglio, l’alterigia, l’arroganza, il sentirsipieni di sé. Un atteggiamento simile rende il cuore chiuso, serrato all’incontro conl’Altro, perché chi crede di essere qualcuno, chi pensa di poter bastare a sé stesso simacchia di: “ quel peccato dello spirito che rinserra l’uomo in se stesso e lo rendeimpenetrabile a Dio e ai fratelli” (R. Schnackenburg), e un uomo simile saràincapace di condividere, di coinvolgersi, di “esserci”.Terza intenzione la stoltezza, la stupidità. Il campo in cui esse si manifestano èsterminato e i modi con cui si rendono visibili sono infiniti: stolti sono i farisei che sipreoccupano di pulirsi fuori, ma non si accorgono della “sporcizia” che regnaall’interno. In questo caso stolti sono coloro che si preoccupano più dell’immagine,dell’apparenza che dell’essenza: perciò curano la facciata senza affrontare un internoche cade a pezzi. Altra tipologia di stolto è colui che fonda le sue sicurezzesull’avere: si affanna per possedere ed accumulare invece di servirsi delle cose pertrasformarle in sacramento di comunione con i fratelli.È difficile dunque distinguere l’azione dall’intenzione: a ciascuna delle treintenzioni, sopra riportate, abbiamo visto corrispondere un atteggiamento cheallontana il cuore da Dio. Allora un vero cammino di conversione inizia con il ritornoal cuore, che non è solo il simbolo dei sentimenti e dell’affettività, ma il luogo dovesi distingue e si ama la verità, dove nascono le azioni, dove si sceglie la vita o lamorte, dove Dio seduce.

Conclusioni

E se vogliamo che Dio ritorni a parlare al nostro cuore, dobbiamo lasciarcicondurre in un luogo deserto dove sentire la Sua voce che ci parla di bellezza, dibontà, di verità, di pienezza, di santità. Non c’è bisogno di partire per terre lontane, ildeserto è possibile crearlo anche nelle nostre città, basta mettere a tacere i rumori delmondo, facendo emergere i suoni dell’anima. Chi è riuscita fra tutte le creature arendere possibile ciò è stata la Vergine Maria, la sola che con le sue deboli maniriesca ad aprire anche il cuore più chiuso e serrato, e continui a spalancare il cuore diDio perché effonda su di noi il Suo amore: “Io sono colei che sconfiggerà lasuperbia, l’ingiustizia, e con le sue deboli mani aprirà il cuore di Dio allamisericordia per gli uomini” (A. Merini).

Serena domenica.

+Vincenzo Bertolone

 

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