Un lavoro pulito (racconto) |
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Scritto da E.Casella | |
martedì, 30 giugno 2015 07:03 | |
I due si avvicinano al bancone. Uno dei due porta un gilet marrone su una camicia azzurra, l’altro una maglia rossa. Entrambi hanno una valigia in mano. Non sono molto grandi, abbastanza da contenere qualche vestito. “Buongiorno,” dice l’uomo. “Buongiorno a lei,” risponde il cameriere, invitandoli a prendere posto. Ai due forestieri viene portato il menu. Leggono attentamente. “Per me una bistecca grigliata con delle patate fritte per contorno,” ordina il primo. “Io vorrei un’insalata. Che avete da bere.” “Vino rosso, bianco, birra, cola, aranciata...” “Mi porti una birra.” L’altro acconsente con un gesto del capo. Il cameriere, un giovane di non più di vent’anni, scompare dietro la porta della cucina. Ricompare poco dopo con una ciotola con dentro del pane tagliato a fette, e due bottiglie di birra già stappate. Torna nuovamente in cucina. Qualche minuto dopo, si presenta con le ordinazioni dei due uomini. “Buon appetito,” dice, porgendo loro i due piatti. Sono le quattro del pomeriggio. Il locale e quasi deserto, solo qualche tavolino occupato qua e là. I due forestieri mangiano in fretta, senza parlare tra loro. Si scambiano ogni tanto un’occhiata decisamente enigmatica e fanno dei commenti sul cibo che stanno mangiando. Nulla di più. Sorseggiano la birra fresca e, quando il bicchiere si svuota, rapidamente viene riempito di nuovo. Uno dei due si accorge che l’altro ha assunto un’espressione strana. “Qualcosa non va?” chiede. “Non posso farlo,” dice quest’ultimo. “Come?” “Non ne ho il coraggio. Non posso.” “Vuoi tirarti indietro proprio ora?” “Non lo so cosa voglio. A questo punto proprio non lo so.” “Ma non ti ricordi tutti i soldi che ci hanno promesso per questo lavoro?” “Sì, sì. Certo che mi ricordo. È solo che...” “Cosa?” “Ho paura. Nella mia vita, ci sono stati pochi momenti in cui ho avuto paura. Dico veramente paura. Questo è uno di quelli.” “Un uomo senza paura non serve a niente, fidati. Vuoi ancora mettere le mani su quel denaro?” “Ci puoi scommettere!” I due richiamano il cameriere, che si presenta immediatamente al loro cospetto. Cominciano a fargli delle domande riguardanti il magistrato. Il cameriere, sulle prime, esita, ma, alla fine, cede e si ritrova a rispondere ai due forestieri. “Oh, è un uomo di mondo, potete credermi,” dice il cameriere. “Dov’è che abita?” “Non molto lontano da qui, in centro, in un grande palazzo giallo a tre piani. Altro non posso dirvi, mi spiace.” “Va bene così, non preoccuparti, ragazzo.” “Già che ci sei,” interviene l’altro tizio, “portami un’altra birra.” “Due.” Finita la birra, i due uomini si alzano, lasciando nel piatto mezza bistecca e l’insalata che sembra non essere nemmeno stata toccata. Escono dal locale e si dirigono in centro. Raggiungono l’albergo che si trova proprio di fronte alla casa del magistrato. Affittano una camera. La camera è lurida e stretta, ma va bene. L’avrebbero lasciata quella sera stessa. I due forestieri attendono pazientemente. Intanto, uno dei due ha aperto una delle valigie e ne ha estratto i pezzi di un fucile da cecchino. Monta rapidamente il fucile, quindi lo appoggia a una sedia di fronte la finestra. Punta il mirino. Il magistrato rientra in casa verso le sei. Appende il cappotto e siede al divano in salotto. “Spara! È il momento,” dice il forestiero al suo amico. “Fallo!” “Non ce la faccio, amico. Mi tremano le mani.” “Ora non è il momento per i ripensamenti, bello. Devi farlo. Coraggio, spara!” “Non posso. Ho troppa paura.” “Senti, abbiamo a disposizione un solo tentativo. Se fallisci, tutti quei soldi se ne andranno a farsi benedire. Mi hai capito?” “Io...” “Hai capito cosa ti ho detto?” “Sì. Ho capito bene.” “Allora spara! Dimostra d’essere un uomo. Fallo!” L’uomo impugna il fucile. Cerca di mantenere la mira il più salda e precisa possibile e, preso un respiro profondo, preme il grilletto. Il rumore sordo dello sparo silenziato gli rimbomba nelle orecchie. Un rumore altamente sgradevole. Subito dopo, il proiettile sfonda il vetro della finestra, nel salotto della casa del magistrato, e quest’ultimo, colpito, si accascia al suolo, cadendo di colpo. Fuori, il vento ulula, come un branco di lupi. Un colpo secco, alla testa. Un fiotto di sangue. Non un grido, nemmeno un sussurro. Un lavoro pulito. Ernesto Casella |
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