Skip to content

Sibari

Narrow screen resolution Wide screen resolution Increase font size Decrease font size Default font size    Default color brown color green color red color blue color
Advertisement
Vi Trovate: Home arrow l'Opinione arrow “Mobbing” in ambito lavorativo scolastico
Skip to content
“Mobbing” in ambito lavorativo scolastico PDF Stampa E-mail
Scritto da L.Chiarello   
sabato, 27 giugno 2015 06:47
Image
La prof.ssa Lory Chirello
Del fenomeno “mobbing” in ambiente lavorativo e quindi anche in ambiente scolastico, abbiamo già trattato attraverso le pagine di questa rivista. Ma una recente sentenza della Cassazione ci porta a fare delle chiarificazioni sull’argomento.
Il termine “mobbing” è di origine anglosassone, significa “assalire con violenza”, e veniva inizialmente utilizzato in ambito scientifico per indicare degli specifici comportamenti tra gli animali di piccola taglia che si accaniscono in gruppo verso un animale di taglia maggiore. Tra gli essere umani, quando si parla di “mobbing” si fa riferimento ad un insieme di condotte vessatorie e discriminatorie a danno di vittime in ambiente lavorativo che hanno come finalità l’emarginazione e l’espulsione dal luogo di lavoro.

Addirittura in ambito lavorativo scolastico si è manifestata una tipologia particolare di mobbing cosiddetta “discendente”, quando la vittima “mobbizzata” è l’insegnante che subisce vessazioni da parte degli alunni che gli impediscono di svolgere le sue funzioni.
Mentre inizialmente la tipizzazione del mobbing aveva la sua fonte nell’ambito delle scienze psicologiche, da qualche tempo lo studio si è esteso alle scienze giuridiche.
Al momento esistono solo dei progetti di leggi specifiche per la repressione del mobbing e quindi è necessario riferirsi a norme più generali riguardanti la tutela della salute presenti nella Costituzione (art. 32) e nei Codici Civile e Penale. In particolare il mobbing si configura come reato qualora il dipendente si ammali in conseguenza ad esso. In ambito scolastico, è il decreto n° 292 del 21 Giugno 1996 che attribuisce al datore di lavoro, in questo caso il dirigente Scolastico, la responsabilità dei danni che il dipendente subisce svolgendo le sue mansioni.

Di recente, però, per dissuadere da azioni legali avventate di richiesta risarcimento da mobbing, non esistendo ancora una normativa specifica, la Cassazione si è espressa, con la sentenza n° 10037 del Maggio 2015, individuando delle linee guida per riconoscere il vero mobbing lavorativo.
In particolare sono stati individuati sette parametri per valutare e quantificare lo specifico danno, e perche si configuri il mobbing.
I sette parametri sono i seguenti: il conflitto deve svolgersi in ambiente lavorativo; le azioni ostili devono avere una certa frequenza e durare per un congruo periodo di tempo; deve trattarsi di più azioni ostili; devono esserci attacchi alla possibilità di comunicazione, un isolamento sistematico, violenze o minacce e deve esserci un dislivello tra antagonisti per cui la vittima è in posizione costante di inferiorità; deve esserci un andamento per fasi successive e infine deve essere riscontrato un intento persecutorio con un disegno coerente e finalizzato.
Nella suddetta sentenza di Cassazione, la suprema corte ha riscontrato che i sette parametri esistevano tutti in modo evidente, avendo la danneggiata subito “la sottrazione delle mansioni, la conseguente emarginazione, lo spostamento senza plausibili ragioni da un ufficio all’altro, l’umiliazione di essere subordinati a quello che prima era un proprio sottoposto, l’assegnazione di un ufficio aperto al pubblico senza possibilità di poter lavorare, così rendendo ancor più cocente la propria umiliazione” (Cassazione civile, sez. lavoro con decisione n° 10037 del 15 maggio 2015).
Naturalmente la sentenza rappresenterà un precedente fondamentale per la individuazione del reato di “mobbing” in attesa che il legislatore faccia chiarezza e si pronunci in via definitiva.

Lory Chiarello

fonte: Diritto Cultura & Società

< Precedente   Prossimo >