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San Lorenzo Bellizzi: Una piacevole scoperta in un giorno di festa PDF Stampa E-mail
Scritto da A.M.Cavallaro   
domenica, 26 aprile 2015 14:57
ImageIl 25 aprile, festa della liberazione, si commemora la fine della seconda guerra mondiale. Ma dalle nostre parti in giro ci sono una serie di feste religiose che fanno parte da secoli della tradizione popolare, come quella di San Francesco di Paola a Corigliano e quella della Madonna delle Armi a Cerchiara di Calabria. Non si sa proprio dove andare per primo. Con un paio di amici, vista la giornata primaverile, decidiamo per la montagna e così in macchina ci avviamo verso i tornanti che dalla piana di Sibari ci portano a Cerchiara.

Una breve sosta è d’obbligo presso il panificio della sig.a Vito, dove ci riforniamo di ottimi tarallini al finocchietto, ma ci lasciamo “coinvolgere” anche dall’aspetto e dal delizioso aroma che titilla le nostre narici, di un pizza rustica appena sfornata. La facciamo incartare e via su per la montagna. Al bivio per il santuario non riusciamo a resistere, ci fermiamo tiriamo fuori il fiasco, che l’amico Leonardo non ha mancato di tirarsi dietro, e facciamo fuori la pizza accompagnata da un buon bicchiere di generoso vino delle colline “lauropolensi”.

Notiamo che però l’afflusso al Santuario è veramente eccezionale e decidiamo di andare prima a San Lorenzo Bellizzi, dove faremo un giretto a piedi e poi, eventualmente, ci fermeremo a pranzare nella trattoria della famiglia Francomano. Si riparte e lo scenario sempre affascinante della timpa di San Lorenzo e della parete rocciosa detta "Timpa di Cassano" ci attraggono, c’è una luce particolare e partono i primi scatti della macchina fotografica. Proseguiamo per il paesino montano che sono già quasi le undici, la trattoria è lì a due passi, prenotiamo un tavolo da tre, per l’una all’incirca e ci avviamo a piedi nel labirinto delle antiche stradine. Fra un’osservazione e l’altra i miei due amici, le cui radici familiari sono ancorate proprio in questo piccolo borgo, mi trascinano fino alla periferia dove la stradina, ancora abbastanza percorribile, ci potrebbe portare fino in Basilicata.

ImageLungo il cammino, la nostra attenzione si fissa su di una chiesetta che non avevo mai notato le altre volte che ero passato di lì (l’andare in auto spesso non ci fa osservare bene il mondo che ci circonda). Ci fermiamo, si tratta di una piccola costruzione in pietra locale, unita da una estremità, a formare una L, ad una casetta più vetusta e su ambedue le costruzioni campeggiano due targhe marmoree. Una, la più grande, contiene un elenco di nomi con a fianco delle cifre indicanti delle somme di danaro è datata 1890 e porta in alto la seguente iscrizione:

RICORDO

A PRO DEL MIRACOLOSO SAN ROCCO

GLI AMERICANI DIMORANTI A NEV IORCH

Si tratta dei nomi dei migranti che fecero delle donazioni per costruire la chiesetta in sostituzione di una preesistente edicola. In puro stile americano i nomi non sono in ordine alfabetico ma in ordine dell’entità della donazione. Quindi ai primo posti chi diede ben 100 Lire e poi via via, fino alle donazioni di 10 Lire per un totale di 1390 Lire dell’epoca, che a occhio e croce corrisponderebbero a circa 90'000 Euro di oggi, una sommetta mica male vero?

ImageLa seconda piccola lapide risulta essere molto più “anziana” rispetto all’altra, risulta essere stata posta il 1783 e in alto sono scalpellate le tre croci del Calvario e di lato le iniziali di tre nomi G.L., P.B., R.V.L., probabilmente i nomi di coloro che costruirono la casetta e la prima edicola in onore di San Rocco. Mentre curiosiamo, sopraggiunge un signore anziano che si presenta come custode della chiesetta, si chiama Domenico e ci propone di visitare anche l’interno, non ci facciamo pregare. L’interno è lindo e tutto in ordine, purtroppo nella nicchia alle spalle dell’altare manca la statua di San Rocco perché in restauro, però ci sono una statua in cartapesta della Veronica che tiene tra le dita il telo col quale ha deterso il Volto di Cristo, e una in gesso, di San Domenico. Inoltre su una delle pareti vi è una tela molto malridotta dove si intravedono il volto di Gesù morto nel momento della deposizione  e tre figure che sembrano dei monaci: credo che si tratti di San Domenico, San Francesco e Sant’Antonio, ma è un’opinione del tutto personale. Antiche sedie impagliate, dietro un’ordinata fila di banchi fanno bella mostra di sé, e mi hanno fatto pensare alle tante persone che in tanti anni si sono sedute lì in preghiera per i loro cari lontani o per impetrare un abbondante raccolto. Dopo esserci accomiatati dal gentile custode, abbiamo proseguiro per circa  un kilometri e ci siamo fermati davanti ad un cartello che indicava una stradina sulla destra che avrebbe condotto i viandanti fino a Terranova di Pollino e ad alcune contrade limitrofe, fra cui, curiosamente ce n’è una con un nome ben noto per essere un importante scalo aereo milanese: “Linate”, così veniamo a conoscenza che c’è un Linate più modesto sul massiccio montano del Pollino. Torniamo indietro, ci fermiamo al “Pino Loricato” a gustare un ottimo agnello al forno con patate, innaffiato da un paio di bicchieri di un rosatello niente male e poi ci avviamo per la doverosa visita alla sacra Icona della Madonna delle Armi. Il Santuario è ancora molto frequentato nel pomeriggio inoltrato e dopo il saluto nella chiesetta, prendiamo la via del ritorno, soddisfatti per la piacevole giornata che ci ha riservato una scoperta interessante e vagamente nostalgica. Dovremo sicuramente tornarci.

Antonio Michele Cavallaro

(per ulteriori foto cliccare quì)

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