Era d'autunno (poesia) |
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Scritto da M.Miani | |
martedì, 14 aprile 2015 08:00 | |
![]() Il tempo delle mele, Il tempo delle vendemmie, E noi dieci ragazzi Di età quasi eguale, Dieci anni o sù di li, Partimmo per una gita lunga. Due settimane in Veneto, Una vacanza premio. In un paesino piccolo, Agna. Nelle campagne di Padova. Ci accolse gioiosa la famiglia Dell’assistente Lazzarin. Giornate piene di caldo sole, Fitta al mattino la nebbia, Una gattina di nome Rosa, Per una macchia attorno al muso Quasi pittata dello stesso colore, Aveva da poco dato alla luce Sei gattini dal pelo bianco, lucente Sei amorini dolci, bellini.
I giochi nostri così si divisero Le lunghe scorazzate in bici. Qualche mela morsicata lentamente, I torsoli gettati lontani nel vuoto. La raccolta di grappoli d’uva La nostra solenne vendemmia, Coi piedi nudi che pestavano Nei grandi tini l’uva lucente sugosa. Le nostre grida festanti s’udivano vaghi, Pei viottoli stretti, per l’intera campagna. Colonie di api ci svolazzavano intorno, Tranquille non ci attaccavano, Quasi ubriache dall’odore del succo Che cadeva a fiotti giù dai tini. Giocavamo coi gattini Che, godevano strofinarsi nell’erba verde, Restare immoti sotto i raggi caldi di sole, Subire le nostre coccole amorose, Le carezze sul dorso, sui pancini, Vicino alle orecchie, attorno ai musetti
Passavano i giorni, eravamo tutti felici, Cantavamo, sorridevamo, giocavamo. Eravamo spensierati, non pensavamo. I nostri grandi problemi sparirono, Dimenticati, ignorati, si nascosero. Ma, un mattino, giocando coi gattini Uno di loro cadde, picchiò con la testa. Lo curammo, apprensivi gli demmo Tutto il nostro calore, l’affetto, Le mani di tutti gli dettero carezze, Gli occhi qualche lacrima triste. Morì. Lasciando un vuoto, un dolore Più grande di noi, Più tetro dei nostri problemi. Piangemmo inconsolabili Nella nostra piccola età. Scavammo un fossa non piccola, Grande quanto il nostro dolore. In processione, noi già da prima orfani, Posammo adagio nella tomba fonda, nera Quel caro bianco batuffolo di gatto. Lo coprimmo adagio di umido terreno, Sopra posammo caritatevoli, convinti, Un croce fatta da due rami incrociati, Un mazzetto di fior di campo colorati. Ritornarono a galla i grandi nostri pensieri Finirono i giochi, si insinuò la mestizia Sfrattò silenziosa l’effimera felicità dei giochi. Conoscemmo così cosa era la morte. Una compagna invadente, non voluta Impossibile da scacciar, con cui fare Sempre continuamente conti non voluti. Una variante non allegra della vita Non variabile, fissa in un istante nel tempo. Michele Miani |
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