Vangelo di Domenica 25 Gennaio |
Scritto da +V.Bertolone | |
venerdì, 23 gennaio 2015 08:54 | |
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 1,14-20. - Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo». Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti. Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.(Nella seconda parte il foglio informativo curato da don MIchele Munno, parroco della Parrocchia di San Giuseppe in Sibari)
Cliccare quì per il Foglio Parrocchiale) III Domenica del Tempo Ordinario 25 gennaio 2015 Introduzione In questa terza domenica del tempo ordinario riprendiamo in mano il vangelo di Marco. In sette versetti Marco presenta l’inizio dell’evangelizzazione e la scelta dei primi evangelizzatori. Il vangelo, la buona notizia che Gesù porta, presuppone conversione e fede. Gesù non comincia a predicare catastrofi o castighi divini, ma annuncia una notizia buona. Se confrontiamo la scelta di questi discepoli con quella di domenica scorsa, ci accorgiamo che non siamo di fronte a racconti storici, ma a messaggi di fede. Giovanni e Marco indicano quali sono i tratti essenziali di ogni discepolo. L’iniziativa è sempre di Dio che chiama chi vuole e la sequela deve essere vissuta vicino a Gesù per condividere la sua vita e la sua missione. In questa domenica di chiamata e conversione facciamo anche memoria della chiamata e della conversione dell’Apostolo delle genti, Paolo di Tarso, modello di evangelizzatore moderno. Tutti siamo chiamati a credere Sbaglieremmo se pensassimo che la buona notizia di Dio sia rivolta a pochi eletti. Essa è rivolta a tutti senza preferenza di persone, anzi si rivolge anche a chi sarebbe escluso come inutile e indegno dalla grettezza e dall’ottusità dell’uomo, o dalla condanna impietosa di se stessi. Pensiamo proprio ai primi quattro uomini che Gesù incontra e chiama lungo il mare di Galilea, pensiamo alla loro povertà intellettuale e materiale: erano semplici pescatori, ignoranti e strettamente legati alla propria quotidianità materiale. Pensiamo allo stesso Paolo, chi avrebbe mai creduto, prima di Damasco, che Dio lo avrebbe scelto per farlo diventare suo evangelizzatore. Non dipende da noi se scegliere di collaborare alla realizzazione del Regno, è volontà di Dio coinvolgerci, farci gustare la gioia del bene. Egli chiama per dare la gioia che solo Lui possiede. Ma solo chi è povero o si fa povero ha il cuore capace e pronto per accogliere Dio. La bontà onnipotente di Dio infatti non trova spazio nel cuore arrogante: per questo Dio cerca i piccoli, i miti, gli umili e quanti sanno farsi ultimi. La buona notizia di Dio è il Regno, ovvero è Cristo. È Lui che chiama, sceglie; così il discepolo è uno “scelto”, un “eletto” di Cristo che prende l’iniziativa e chiama nell’assoluta gratuità. La vita del discepolo è risposta al manifestarsi della Grazia, non decisione autonoma, non accettazione intellettuale di una dottrina, bensì adesione all’invito di una Persona. Egli si decide a seguire perché sollecitato in questo senso da Qualcuno che per primo si è deciso nei suoi confronti. L’uomo può mettersi in cammino soltanto dopo che Dio ha preso a camminare sulle strade dell’uomo. Non siamo noi che partiamo alla ricerca di Dio, è Dio che si pone alla ricerca dell’uomo. Il discepolo non conquista, non cattura il Maestro, ma viene conquistato, afferrato da Lui. Ciò è accaduto a Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, e Paolo di Tarso. Ma cosa spinge questi uomini a lasciare tutto, a stravolgere le proprie vite per seguire uno Sconosciuto incontrato lungo la riva di un mare frequentato da sempre, o una Voce avvolta da luce accecante? Uno Sguardo penetrante che elegge, amando; una Parola che “trapassa” il cuore come spada, e crea la sequela chiamando. Uno sguardo che penetra nel cuore e vede ciò che noi stessi non riusciamo a vedere e non crediamo di possedere. Lui trova la luce e il calore che ignoriamo o mettiamo a tacere per non rischiare di farci male o lasciarci ferire dalla vita; porta alla scoperta il tesoro sepolto che è in ciascuno di noi. Uno sguardo che ci conosce, ci rivela a noi stessi, ci coinvolge al punto da lasciare tutto. Uno sguardo affidabile, al quale affidare tutto di sé, per farsi trasformare in creatura nuova, bella, che si faccia dono per gli altri. Credere è cambiare Credere in Cristo, credere nel Regno, significa accoglierlo con il cuore, con la volontà decisa, prenderlo come norma di vita. Significa anche essere disposti a lasciarsi trasformare, a lasciarsi costruire come persone nuove. Perché epifania dell’accettazione e della sequela di Cristo è la conversione. Convertirsi significa cambiare modo di pensare, di sentire, di fare; significa guardare senza falsa pietà, senza indulgenza, nel fondo del nostro essere; significa accettare e aderire al Vangelo col cuore, con la volontà decisa, prendendolo come norma di vita, come hanno fatto, Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni; Agostino, Francesco d’Assisi e Charles de Foucauld; e, prima e dopo, innumerevoli altri. Non si può pensare di scegliere il Regno, avere fede in Cristo, senza aderire alle sue qualità costitutive che sono i valori personali dell’essere: la verità e la vita, la santità e la grazia, la giustizia, l’amore e la pace. Non si può dare testimonianza dell’adesione al Regno senza che la propria vita cambi e con essa il proprio modo di pensare e di comportarsi. Credere è questione ben più complessa del semplice andare a Messa la domenica o del pensare a Dio “qualche volta”. È questione di assimilare lo spirito del Vangelo, lo spirito del Regno, l’essenza stessa di Cristo, fino a farlo diventare impronta fondamentale della propria personalità, criterio guida nell’impostazione globale della propria vita e in ogni comportamento. Così alla luce dell’annuncio si svela il vero senso della vita e dei valori cristiani. E se ci lasciamo illuminare da Cristo, le scelte che prenderemo nel nostro quotidiano si centreranno su un Tesoro che né la tignola né la ruggine possono consumare né i ladri scassinare. E il nostro destino diventa grandioso. Dalla vita sommersa nel grigiore della quotidianità, dove ci illudiamo di vivere bene, passiamo alla vita nel sole. Dalla vita piccola, che confonde il mediocre “avere” con il vero “essere”, ci innalzeremo alla pienezza della vita. Prenderemo il largo, perché l’uomo, pur con la sua pesantezza, è fatto per un’altra respirazione, per un'altra luce. Scopriremo dentro di noi la mappa del cielo, del mondo, del cuore dell’uomo, di tutte le genti. Conclusioni “Credere e convertirsi” significa rifarsi e rifare l’uomo dal di dentro, cambiare logica e prospettiva, passare dalla dimensione dell’avere a quella dell’essere. Così sotto questa nuova prospettiva dell’essere si potrà pensare che l’onestà vale più dell’avidità, la giustizia e la sincerità valgono più dell’interesse personale… E soprattutto sotto l’ottica dell’essere si inizia a pensare ai poveri come beati; ai misericordiosi come beati; agli operatori di pace come beati (cfr. Mt 5, 3-12). Ma il cambiamento va oltre il semplice pensare e coinvolge la sfera dell’agire. Infatti convertirsi vuol dire smetterla di comportarsi come se Dio non avesse nulla a che fare con il lavoro, gli affari, la famiglia, l’impegno sociale, o il divertimento; vuol dire invece far diventare Dio – il Dio Padre di cui ha parlato Gesù Cristo – orizzonte costante di tutta la nostra esistenza. Allora la mia preghiera, la nostra preghiera non potrà che essere una sola: ti seguirò, Signore, cercando non un’altra vita, ma un’altra profondità, un altro significato di essa; ti seguirò, Signore, anche percorrendo la sola strada che conduce dalla mia casa alla chiesa, al lavoro, alla scuola…anche continuando a svolgere la mia attività di sempre, ma lo farò in modo nuovo con cuore nuovo e così umano che forse parlerà di Te. Ti seguirò, Signore, perché Tu sei un Dio affidabile che fai fiorire l’umano. Ti. Seguirò Signore perché con Te è venuta la salvezza: ecco il lieto annuncio. + Vincenzo Bertolone Le due miniature in formato grande sono di Cristoforo De Predis, milanese, vissuto nel XV sec. |
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