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Era Elena il tuo nome (poesia) PDF Stampa E-mail
Scritto da M.Miani   
giovedì, 18 dicembre 2014 07:51
Era Elena il tuo nome,Image
Il mio non era Paride
Ma l’età forse era simile.
Tu avevi vent’anni di più.
Al primo incontro casuale
Io t’assegnai quel pomo
Che il troiano assegnò ad Afrodite
E ti seguii impavido nei desideri.
Vent’anni in più erano molti
Rispetto ai quei miei sedici anni che avevo.
Ci divideva più di una generazione
Ma il tuo miele era dolce, profumava, afrodisiaco.

La mia acerba fanciullezza per te
Era senz’altro più piacevole,
Per la scabrezza del boccone non maturo.
Dimentico del tuo amatore più in su cogli anni
Ti perdesti dietro il mio viso imberbe.
Ricordo non fu solo un vago capriccio temporale
Che in breve svanisce nel buio delle rimembranze.
Durò nel tempo che a distanza mi sembra infinito.
Tu ormai non puoi più rammentare,
Perché da vari lustri sei nelle tenebre dell’Ade,
Ove Orfeo non trovò il conforto che cercava.
Non poté risalire al mondo con lei, Euridice
L’essere del suo amore ritrovata,  ed ormai viva
Nel ricordo solo, quel viso a lungo caro un po’ sbiadito
Come un essere ombra dell’umana forma primitiva.

Rammento io la prima volta
Con lievi tocchi, magici ma stregati
In una notte calda di agosto
mi apristi un cielo colmo di stelle
Trillavano come mille violini vivi
E tanti allegri canori usignoli.
Il dopo fu un galoppo sfrenato
Nel mondo della lussuria con te
Guida, maestra Dea d’ogni elisir
 Di incanti alchemici d’amore.
Fughe sottili in un mondo vago,
Cadute in gole profondissime
Senza respiro dal sapore di morte
Ché ogni volta lasciavano la gola senz’aria,
Arida, e un grido rompeva i timpani,
Mentre l’anima sfuggiva tenue, affaticata
Ma satura di gioia per aver bevuta
Acqua fresca di fonte genuina.

Elena…. Quante volte, tante volte.
Solitari, nascosti con la paura nell’animo
Il coraggio folle, che ci azzannava  ogni volta
Le carni, il cuore, il pensiero il cervello tutto.
Non ricordo più come fu che avvenne il dopo.
Stanchezza, inquietudini nuove, nuovi orizzonti
Forse anche una strana pudicizia
Che ci spinse centrifuga distanti
Dal centro di quel fuoco insano che ci divorava,
Dico ora pazzo, privo di controllo
Ci aveva stretti in una spirale abnorme
Che sembrava allargarsi senza fine,
Un moto perpetuo senza freni né limiti.

Fu così inconsciamente che ci perdemmo
Lontani l’uno dall’altro, restammo soli.
Seguimmo nuove strade, altri sentieri.
Io fui allettato da altri stimoli
A me sconosciuti e acerbi, nuove conoscenze.
Altri visi dolci giovani quanto il mio,
Mi attrassero con il sapore della giovinezza
I gai trastulli, i giochi futili ma veri, genuini
Della mia stessa età, di chi usciva dalla pubertà.
Tutto finì, così come era sbocciata la passione.
Improvvisamente lo scenario divenne buio
Senza più attrazione né sexy, né erotica
Un muro altissimo grigio insuperabile ci divise.
Io non ebbi mai più volontà di incontrarti
Né tu eri disponibile a farlo. Eravamo tra noi inerti.

Ricordavo solo che ti chiamavi Elena
Quando seppi che tu non eri più.
Non piansi anche se ne fui turbato, addolorato
Però non scesi agli inferi come Orfeo,
Non ammansii Caronte e Cerbero
A che libero mi lasciassero il passo
Verso Ade padrone del regno dei morti.
Non volli coi pianti  chiedere il tuo corpo.
Non volli commuovere nessuno
Per un passo di ritorno impossibile.
 Forse non volli io la ricerca, il ritorno
Sapendola vana, però avevo paura
Che tu come una volta potevi rubarmi
la mente, il cuore, il corpo tutto,
Prenderti nuovamente la mia anima
Tutta la mia giovinezza dal sapore di primavera
Per farne una forma umana di gelata neve
In piena estate, calda, solare, tersa di nuvole
Dal cielo azzurro, soffice, ricco d’uccelli vaghi
Che cinguettanti, volavano liberi con traiettorie
Armoniche luminose, linee infinite intessute
Di parole amorose, dolci, amabili, delicate.
Volevo libero vivere la mia giovane età.

Michele Miani

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