Vangelo di CRISTO RE |
Scritto da don Michele | |
sabato, 22 novembre 2014 07:40 | |
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 25,31-46. In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».
Cristo Re XXXIV Domenica del T.O. A 24 novembre 2014 Il ciclo domenicale dell’anno liturgico si compie con la celebrazione delle solennità di Cristo Re dell’universo. La Parola di Dio che ci viene proposta in quest’anno A delinea i tratti del Volto del Re connotandolo come Pastore e Giudice. Il profeta Ezechiele, che ascoltiamo nella prima lettura, descrive l’opera di un pastore infaticabile, che per il suo gregge - per noi, per ciascuno di noi! - non si arrende mai, che vuole instaurare con ciascuna delle sue pecore una relazione sempre più intima e personale. Lui - Lui personalmente - “le radunerà da tutti i luoghi dove erano disperse ... le condurrà al pascolo, le farà ... andrà in cerca della pecora perduta e ricondurrà all’ovile quella smarrita, fascerà quella ferita e curerà quella malata, avrà cura della grassa e della forte; le pascerà con giustizia”! Quanta tenerezza, quanta premura, quanta tenacia! Cos’è che spinge il Pastore a comportarsi così? Semplicemente il suo sconfinato ed ineffabile Amore! Come nella preghiera eucaristica III delle messe per i fanciulli, perciò, non possiamo che ripetergli: “Gloria a te, Signore, che ci vuoi bene”! Una tale affermazione di lode e di gratitudine, però, non può e non deve rimanere semplicemente “verbale”! Dev’essere la nostra “vita” a diventare “lode”, a dare “gloria a Dio”. Come possiamo diventare “lode” e come possiamo dare “gloria a Dio”? La pagina evangelica ci rivela il cammino: ”In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Per diventare “lode” e per dare “gloria” a Dio che infinitamente ci ama dobbiamo imparare a riconoscerlo nei più piccoli: affamati, assetati, stranieri, nudi, malati, carcerati ... in tutti coloro che vivono particolari situazioni di disagio ... in tutti coloro che hanno bisogno soprattutto della nostra attenzione e del nostro amore! Sì, perché prima dei beni materiali c’è bisogno di dare “il bene”, di dare attenzione, affetto, amore! Non è affatto sufficiente gettare uno spicciolo nel cappello di uno che sta per strada ad elemosinare se non si ha la capacità di guardarlo negli occhi e di sperimentare compassione! San Vincenzo de’ Paoli scriveva: “L’assistenza onora, quando congiunge al pane che nutre, la visita che consola, il consiglio che illumina, la stretta di mano che ravviva il coraggio abbattuto; quando tratta il povero con rispetto, non come un eguale ma come un superiore, giacché egli sopporta ciò che forse noi non sapremmo sopportare, giacché si trova fra noi come un inviato di Dio per provare la nostra giustizia e la nostra carità e per salvarci mediante le nostre opere”! E ancora: “Conserverai sempre la tua dolcezza e il tuo sorriso ... non è tutto dare il brodo e il pane; questo anche i ricchi possono farlo ... I Poveri sono i tuoi padroni! Dei padroni terribilmente suscettibili e esigenti, lo vedrai! ... Per il tuo amore, per il tuo amore soltanto, i poveri ti perdoneranno il pane che tu doni loro!”. Dandogli lode e gloria in questo modo alleneremo il nostro cuore a riconoscere il Suo Volto e ad ascoltare la Sua Voce! Il “giudizio”, perciò, più che un “premio” o un “castigo” divino sarà la “constatazione” di ciò che avremo scelto, giorno dopo giorno, di essere e di fare: bene-dizione o male-dizione! In questo senso mi piace pensare all’inferno come “l’ultimo atto di delicatezza di Dio nei confronti della nostra libertà”, poiché se avremo scelto di escluderLo dalla nostra vita - nei nostri fratelli più piccoli - non potrà/vorrà imporci la Sua Presenza e quella dei suoi “amici” eternamente! Che a ciascuno di noi il Re, Pastore e giudice, possa ripetere - nell’ultimo giorno: ”Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo”! Amen. don Michele Munno
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