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Sibari

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Vangelo dei Defunti, 2 Novembre PDF Stampa E-mail
Scritto da don Michele   
sabato, 01 novembre 2014 22:36
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 6,37-40.  - In quel tempo, Gesù disse alla folla:

«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò,
perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell'ultimo giorno.
Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell'ultimo giorno».
(Nella seconda parte, in coda all’Omelia, pubblichiamo il foglio informativo settimanale della Parrocchia di San Giuseppe in Sibari)

Commemorazione dei fedeli defunti 2014

 

Questa prima domenica di novembre coincide, quest’anno, con il giorno in cui la Chiesa, per antica tradizione, commemora tutti i fedeli defunti.

In questo giorno, perciò, noi vogliamo innanzitutto ricordare i fratelli e le sorelle che ci hanno preceduto con il segno della fede e ora dormono il sonno della pace.

Li ricordiamo e li raccomandiamo alla misericordia di Dio perché possano godere pienamente della Luce del Suo Volto.

 

La realtà della morte ci rattrista perché costituisce una separazione – momentanea, è vero, ma comunque una separazione! – dalle persone e dal loro affetto.

Eppure si tratta di una realtà che appartiene alla verità della nostra esistenza umana e con la quale è necessario confrontarsi.

 

In questo senso c’è un detto popolare che recita “l’unica cosa certa è la morte”. Quant’è vero! Eppure ci è difficile ammetterlo! Facciamo fatica ad accettarlo! Noi un giorno siamo nati e un giorno dovremo morire!

Il problema è che una tale “certezza” spesso ci disturba e, di conseguenza, impostiamo la nostra vita come se non dovessimo mai morire!

Ma non c’è cosa più sciocca che questa: allontanare da noi il pensiero della morte! Se non ci pensiamo, infatti, rischiamo di vivere una vita riempita dalla presenza di “falsi idoli”: la ricchezza, il potere, il possesso, il piacere! Idoli che si manifestano in molteplici modi e che ci portano a vivere sempre più isolati dagli altri, servendoci sempre più degli altri … idoli che ci portano ad inimicizie, a screditare e calunniare gli altri per affermare esasperatamente il nostro “io”!

Questo capita proprio quando noi allontaniamo dalla nostra vita il pensiero, la certezza della morte!

 

I santi ci insegnano come ci si deve relazionare al mistero della morte.

San Francesco chiamava la morte “sorella”! Egli l’ha abbracciata “nudo”, perché era consapevole che nascendo non aveva portato nulla sulla terra e che morendo non avrebbe portato nulla con sé! Il suo cuore era libero, sereno, gioioso! È andato incontro alla morte con gioia!

La tradizione vuole che abbia composto l’ultima strofa del suo “Cantico di frate sole” proprio in prossimità della sua morte.

Come sarebbe bello se anche noi potessimo morire lodando il Signore con le sue stessa parole: “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra morte corporale, da la  quale nullu homo vivente pò skappare: guai a·cquelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male. Laudate e benedicete mi’ Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate”.

Chi, al contrario, ha il cuore appesantito dalla preoccupazione dei beni materiali, dall’ossessione dell’apparenza e del primo posto, chi ha la lingua annerita dalle parole cattive dette agli altri, vive in maniera triste e muore in maniera ancora più triste perché, come recita un salmo, “quando muore con sé non porta nulla”: nella sua vita ha accumulato e la morte – sperimentata come la grande nemica – gli toglie tutto ciò per cui è vissuto!

 

Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, poi, invitava ad “apparecchiare alla morte”, a prepararsi ogni giorno a morire, perché se si fa questo “esercizio” si vive meglio, in maniera più serena, più gioiosa!

 

C’è anche un altro detto popolare che, al contrario del primo, è terribile: “solo alla morte non c’è rimedio”!

Un cristiano non potrebbe e non dovrebbe mai dire, né pensare, che “solo alla morte non c’è rimedio”! Sarebbe la più chiara “anti-professione” di fede!

Dire che “solo alla morte non c’è rimedio” significherebbe negare la resurrezione di Gesù e la speranza di ciò che recitiamo nelle ultime parole del Credo: “e aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà”!

No! Alla morte il rimedio c’è e questo rimedio è stato l’Amore infinito, ineffabile, di Dio che si è spinto fino al limite, fino a morire per noi e, con la sua morte, ha cancellato la nostra morte!

 

Se noi commemoriamo i nostri fratelli defunti è perché sappiamo che la nostra separazione da loro, il loro essere separati da noi,  non è per sempre!

Perciò, anche se ci rattrista l’essere momentaneamente separati dai nostri fratelli defunti, e anche se ci rattrista la certezza di dover morire, ci consola la speranza della risurrezione futura.

In questo senso sono profondamente belle e consolanti le parole che la Chiesa ci fa pregare in uno dei prefazi che il Messale Romano propone per la commemorazione dei fedeli defunti: “Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata; e mentre si distrugge la dimora di questo esilio terreno, viene preparata una abitazione eterna nel cielo”.

 

In questa fede e con questa speranza raccomandiamo al Signore tutti i nostri fedeli defunti e ci impegniamo ad offrire suffragi per loro non solo con le nostre preghiere, ma soprattutto con le nostre opere di misericordia, con le nostre opere buone. Amen.

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