Cancellare la pena "di morte lenta" |
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Scritto da +V.Bertolone | |
lunedì, 27 ottobre 2014 07:17 | |
![]() Si chiama “ergastolo ostativo” ed è quella forma di detenzione a vita che impedisce al detenuto autore di gravi reati (associativi, o di stampo mafioso), e che abbia deciso di non collaborare con la giustizia (ma può essere impossibilitato a collaborare), di usufruire di qualsiasi beneficio o sconto: nessun permesso premio, né tantomeno semilibertà o affidamento in prova ai servizi sociali. E ciò sebbene il 9 luglio scorso la Corte europea dei diritti dell’uomo abbia affermato il principio per cui l’ergastolo senza possibilità di liberazione anticipata o di revisione della pena sia una violazione dei diritti umani, poiché l’impossibilità della scarcerazione è un trattamento degradante e inumano contro il prigioniero. Eppure, già Aldo Moro nel 1976, in una lezione universitaria, invitava alla riflessione: «La pena non è la passionale e smodata vendetta dei privati: è la risposta calibrata dell’ordinamento giuridico e, quindi, ha tutta la misura propria degli interventi del potere sociale, che non possono abbandonarsi ad istinti di reazione e di vendetta, ma devono essere pacatamente commisurati alla necessità, rigorosamente alla necessità, di dare al reato una risposta quale si esprime in una pena giusta». In 40 anni, nulla o quasi è cambiato. E ieri come oggi l’ergastolo non permette di scontare effettivamente la pena: se scontare significa estinguere un debito, in questo caso il debito resta pendente sempre e intero. Appare evidente, allora, che soltanto il giorno in cui la pena “di morte lenta” sarà cancellata si farà finalmente ammenda di un furto sacrilego: quello della speranza. Per riuscire in ciò occorrerà ripensare l’organizzazione della giustizia, garantire la certezza della pena, colmare le carenze a livello educativo e rieducativo, recuperare il principio della responsabilità e del risarcimento, adoperarsi affinché le carceri non siano solo dei ghetti dove rinchiudere lo scarto della società. Ma soprattutto sarà necessario ritrovare misericordia e coscienza. «Noi siamo miseria e per conseguenza ritorniamo sempre a mancare», affermava il beato Giacomo Cusmano. Aggiungeva: «Se vogliamo uscire da questa condizione, conviene non disperare, ma rimetterci sempre nella misericordia di Dio, dalla quale solamente possiamo sperare la grazia». + Vincenzo Bertolone |
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