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Sibari

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Vangelo di Domenica 12 Ottobre PDF Stampa E-mail
Scritto da don Michele   
venerdì, 10 ottobre 2014 09:48
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 22,1-14. -  In quel tempo, rispondendo Gesù riprese a parlare in parabole ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono gia macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti». (Nella seconda parte, in coda all’Omelia, pubblichiamo il foglio informativo settimanale della Parrocchia di San Giuseppe in Sibari e il commento di mons. Bertolone)

Commento al Vangelo a cura di don Michele Munno e don Nicola Francomano

della parrocchia di San Giuseppe in Sibari

XXVIII Domenica del T.O. A

12 ottobre 2014

 

Attraverso le letture di questa domenica si “respira” una particolare aria di festa.

Isaia parla di un banchetto di grasse vivande, di cibi succulenti, accompagnato da vini eccellenti e raffinati … un banchetto preparato dal Signore in persona, che è motivo di gioia e allegria!

Il salmo è un canto al Signore, Pastore del suo gregge, che prepara una mensa … unge di olio … fa traboccare il calice!

L’evangelista Matteo, nella pagina del Vangelo, racconta di un re che organizza una festa di nozze per il proprio figlio … una festa per innumerevoli invitati!

Paolo, nella seconda lettura, afferma che Dio colmerà ogni nostro bisogno secondo la sua ricchezza e con magnificenza!

Tutto ciò dovrebbe colmarci di profonda gioia, poiché la festa di cui parlano le letture è proprio per noi … per noi e per tutti!

 

Non tutti, però, accolgono la festa allo stesso modo … anzi, alcuni si dimostrano dei veri e propri “guastafeste”!

Nella pagina del Vangelo sono presentati due categorie di “guastafeste”.

 

La prima categoria è costituita da quelli che “non si curano” dell’invito alla festa, ritenendo che i propri “affari” siano più importanti … e restano “indifferenti”.

Quante volte, anche noi, dopo aver ricevuto un invito a “far festa”, a cambiare vita, ad incontrare il Signore, abbiamo fatto finta di niente e ci siamo lasciati sfuggire l’opportunità per vivere in pienezza … per trovare il senso profondo della nostra vita … per trovare quella “gioia vera” per la quale tante volte ci affanniamo, ma senza trovarla!

In questa prima categoria di “guastafeste” – nella quale spesso ci ritroviamo anche noi – il Vangelo distingue coloro che, talmente “infastiditi” dai messaggeri del re, decidono di “chiudergli la bocca” insultandoli e uccidendoli.

E si può uccidere in tanti modi, lo sappiamo bene! A volte basta un po’ di fango per screditare i messaggeri … e così “ammutolirli”!

Pensiamo ad esempio a tutto il fango gettato addosso al Papa emerito Benedetto XVI o, più recentemente, alla campagna infamante rivolta contro il Santo Padre Francesco … infangare ed infamare per far passare in secondo piano, fino a sterilizzarlo, il messaggio straordinario che è loro affidato!

Anche nelle nostre piccole realtà, in misura forse meno eclatante, si consumano spesso “omicidi” di questo tipo … quante chiacchiere e quante parole inutili! … quanti “guastafeste”!

 

La seconda categoria di “guastafeste”, poi, è rappresentata da quel tale che si presenta al banchetto senza l’abito nuziale.

È come se qualcuno si presentasse a una festa di matrimonio in calzoncini corti e canotta, oppure in abito da lavoro e scarponi … o in pigiama e ciabatte!

Tutti sarebbero un po’ imbarazzati e difficilmente si accetterebbero giustificazioni del tipo “basta l’intenzione” o “non bisogna formalizzarsi”!

È necessario prepararsi per andare alla festa di nozze … è necessario dare il proprio apporto … è necessario lasciarsi coinvolgere!

Il senso di questa “miniparabola” – forse un po’ misteriosa – è nelle parole di Gesù, che concludono il testo del Vangelo: “molti sono chiamati, ma pochi eletti” … il Signore, cioè, chiama ed invita tutti alla festa, ma per far festa bisogna aderire e lasciarsi coinvolgere … altrimenti si resterebbe semplici spettatori anonimi e indifferenti!

 

Donaci, Signore, di accogliere sempre e prontamente ogni tuo invito e fa’ che ci lasciamo contagiare dai tuoi sentimenti affinché possiamo eternamente far festa con Te.

Amen!

 

Cliccare quì per il foglio settimanale d'informazioni parrocchiali

 

 

XXVIII Domenica del Tempo ordinario

12 ottobre 2014

Invitati a nozze

Introduzione

Come soffio di vento leggero il Signore entra nelle stanze dei nostri giorni e si affianca a noi nei momenti più importanti della vita. Momenti come lo possono essere gli amichevoli banchetti per festeggiare un matrimonio, una nascita, una circostanza felice e importante. La Bibbia, di simili esempi offre una vasta gamma: momenti esaltati e valorizzati da un convito. Il cibo consumato insieme e i brindisi festosi erano riti augurali per accogliere in comunità una nuova vita; celebrativi di eventi memorabili per la salvezza dell’intero popolo e, ancora, in occasione delle feste stagionali della natura e di quelle nuziali. Sono queste tutte espressioni di comunione, dialogo e intimità dell’uomo con Dio e con i propri familiari e amici. Ad un banchetto speciale siamo invitati oggi, XXVIII domenica del Tempo ordinario: a partire dalle parole del profeta Isaia, “Il Signore preparerà un banchetto, e asciugherà le lacrime su ogni volto”, passando quindi attraverso il canto del salmo del Pastore, “Davanti a me tu prepari una mensa … il mio calice trabocca”, celebriamo proprio la gioia e la speranza di un banchetto nuziale al quale, come ci rassicurano le parole di Gesù nel brano del vangelo di Matteo, siamo tutti invitati. È un messaggio di consolazione: Dio toglierà il velo di lutto, farà sparire la morte, asciugherà ogni lacrima (I Lettura) e, ci renderà partecipi della grande festa del cielo (Vangelo). Per mantenere inalterato questo clima gioioso di festa, dovremmo però fermarci a questi primi messaggi biblici, ma ciò ci impedirebbe di gustare a pieno lo stesso senso profondo della festa, il sapore buono del banchetto allestito da Dio per noi. Perciò dobbiamo ascoltare con attenzione anche la seconda parte del messaggio, facendo i conti con il rischio del rifiuto e con la tentazione dell’ipocrisia. È importante, dunque, soppesare tutte le parole con cura: quelle belle e quelle tristi, anzi soprattutto queste ultime, perché distratti non si passi oltre alle occasioni d’invito che Dio ci propone.

Porte aperte a tutti

Un invito: è da qui che ha tutto inizio. Non un obbligo o un dovere, ma un invito: che esprime libertà immensa e drammatica. Drammatica per noi, che rischiamo di perdere l’occasione della vita; drammatica per Dio, che è debole di fronte al cuore e alla libertà dell’uomo. Di fatti, è l’uomo il rischio di Dio. Egli deve aspettarsi anche il rifiuto, e, dunque, il rischio di restare il Re della sala vuota, delle Chiese tristi; il Dio del pane e del vino che nessuno vuole, nessuno cerca, nessuno gusta. Eppure Dio continua ad invitare, a sperare, ad attendere. Perché il suo è un invito certo e gioioso. Egli, infatti, invita non al lavoro o alla fatica, ma a nozze, aun’esperienza di pienezza, al piacere di vivere, gustato con semplicità e gratitudine.Questo testimonia la Parola oggi: il suo dono e il suo segreto sono una vita bella. L’invito non va recepito come un dovere, ma come risposta ad un desiderio di felicità, di amore e di salvezza. Alla meraviglia per la sostanza, si aggiunge la bellezza della sua forma: l’invito di Dio è universale, aperto a tutti, tutti siamo attesi. La porta della grande sala è spalancata a buoni e cattivi. Nessuno perciò deve dire: “Io non sono degno”. Certo, in senso assoluto, nessuno lo è, però siamo ugualmente attesi tutti. Però, dopo la parte di Dio, viene la nostra. A ognuno di noi è posta una condizione: indossare un vestito nuovo, un vestito adatto all’occasione. È vero, non siamo a nostro agio con i vesti da cerimonia, ma possiamo esserlo se pensiamo all’importanza dell’invito e all’importanza del Padrone di casa, possiamo esserlo se crediamo alla festa e al banchetto allestito. Solo così, senza problemi, indosseremo l’abito nuovo più adatto alla festa, ovvero porteremo il nostro personale contributo alla bellezza della liturgia nuziale. Ma per vestirsi a nuovo è necessaria la conversione del cuore, abbandonare le abitudini passate, scrollare di dosso l’uomo vecchio per diventare uomini nuovi. Allora, si capisce che la radicalità del cambiamento riflette inevitabilmente un’assoluta novità di vita, non rattoppi. E la novità di vita è Cristo: l’abito nuovo da indossare per non fallire nella vita. Bisogna rivestirsi di Lui, dei suoi sentimenti, di essere eco delle sue parole, di pensare con i suoi pensieri, di preferire colui che egli preferisce, di seminare i suoi gesti nel mondo. Bisogna, insomma, saperlo “respirare”: “respirate sempre Cristo” è il compito ultimo che l’abate Antonio morente affida ai suoi monaci. È il frutto dell’esperienza vissuta da Paolo: “In lui esistiamo, ci muoviamo e respiriamo” (At 17, 28). Allora non rischieremo di essere ricacciati fuori dalla sala, piuttosto potremmo “rischiare” di portare il nostro contributo là dove la vita celebra la sua festa nuzialecon Dio.

Predisposti alla gioia

Il cristianesimo, dunque, non è altro che un invito a nozze, un’occasione festosa. Ma per accogliere l’invito dobbiamo assumerci alcune responsabilità: non si può essere commensali di Dio senza una lunga e accurata preparazione che ci parla di coerenza di vita, di autenticità nel fare e di passione del fare, di indossare l’abito della vocazione. Non ci si può proclamare cristiani se si hanno mani pulite ma vuote; non ci si può dichiarare cristiani se si sta alla finestra del mondo a guardare da spettatori. Non si può essere cristiani del “grande rifiuto” o dell’indifferenza. Va fatta un’autoriflessione sulla propria vocazione battesimale, è opportuno chiederci ogni tanto perché abbiamo accolto l’invito al banchetto anche in questa domenica. Chiediamoci se anche noi siamo qui senza la veste nuziale. Se non siamo qui per caso, per abitudine, senza prendere parte e senza avere interesse per ciò che si celebra. Chiediamoci se non siamo anche noi con il cuore assente e la mente al proprio campo e ai propri affari.Sì, perché solo un secco rifiuto all’invito di Dio impedisce di prendere parte alla festa, ma anche vivere la propria fede senza anima, senza Cristo, ci autoesclude dalla tavola di Dio. Pensiamo a tutte le occupazioni della vita che ci impediscono di prestare attenzione all’invito di Dio: il nostro tempo è tutto organizzato e la proposta di Dio ci scombina il programma. Questa analisi del rifiuto all’invito di Dio, onestamente ci pare un po’deboluccia. La tragicità della motivazione del rifiuto e della distrazione è l’incapacità di apprezzare fino in fondo tutta la bellezza dell’invito. Il pensiero di un invitato è “sicuramente mi annoierò”. Forse è questo il sospetto di molti e il timore di chi già vive l’esperienza dell’invito: annoiarsi! Moravia fa dire a un suo personaggio: “La religione è noiosa. Ho sempre avuto l’impressione che le suore si annoiassero, come si annoiano i preti e in genere tutti quelli che si occupano di religione. Nelle chiese la gente si annoia non si sa quanto. Guardali mentre stanno in chiesa, vedrai che non ce n’è uno solo che non si annoi da morire”. Vero o no, il problema non è negli altri ma in chi intende accettare l’invito e in chi l’invito l’ha già accolto. Non ci si può presentare al banchetto se manca la disposizione fondamentale allo stupore, all’apprezzamento, al sentire il calore e la gioia della festa con gli altri, al godere cordialmente dei dono preparati per tutti, in una parola: alla gratitudine. Senza questa disposizione, sia per l’invitato “nuovo”, sia per quello “abitudinario”, c’è il rischio di non partecipare con animo gioioso. Allora il segreto per partecipare con gioia al banchetto del Signore è riuscire a gustare qualche volta la bellezza dei misteri di Dio celebrati nella lode e nella fedi di molti, nella dolcezza della speranza. Questa è la giusta predisposizione d’animo che ci viene richiesta: il resto appartiene tutto all’amore di Colui che invita i buoni e i cattivi, e gode se nella sala del banchetto la gioia di tutti è grande.

Conclusione

Uscendo dalla Chiesa alla fine della Messa, nostro quotidiano invito al banchetto eucaristico, guardiamo i nostri volti e chiediamoci se esprimono gioia o noia, ritrovata serenità o la solita, annoiata tristezza. Se i tratti salienti volgono al “cupo”, iniziamo a trovare il vestito più adatto per vivere la gioia dell’invito e, soprattutto, per rendere manifesto a tutti che siamo davvero felici e grati di essere stati invitati.

Serena domenica

+Vincenzo Bertolone

 

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