Galantino, il D'Alema dei vescovi |
Scritto da P.Schiavazzi | |
giovedì, 02 ottobre 2014 07:35 | |
Cei: fa politica più di prima, ma è diventata di sinistra. Sulla carta sembravano fatti per intendersi. Entrando nel sito personale del Segretario della CEI, Nunzio Galantino, lo slogan di apertura offre una citazione dello stesso autore che Matteo Renzi scelse, a sua volta, per fare il proprio ingresso sulla scena nazionale, candidandosi alle primarie di due anni fa: il teologo luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer, martire del nazismo e padre putativo della sinistra cattolica del dopoguerra. Eppure a ben vedere, sotto la stessa insegna, come a un incrocio, si diramano personalità e percorsi opposti, per approdare a un potere che oggi entrambi, premier e presule, gestiscono in assolutezza e solitudine. Insomma una biforcazione più che una confluenza.“Essendo il tempo il bene più prezioso che ci sia dato, perché il meno recuperabile”, recitava il manifesto del sindaco di Firenze, “ogni volta che ci voltiamo indietro a guardare ci rende inquieti l’idea del tempo eventualmente perduto”.
.Parole che trasudano la fretta, la frenesia di chi si sente predestinato. Determinato a conquistare la leadership prima dei quarant’anni. Nel partito e nel Paese. “Non dobbiamo proporci l'impossibile, né tormentarci per non essere capaci di sopportarlo sulle nostre spalle”, pareva rispondergli via web, con un Bonhoeffer naturalizzato e meridionalizzato, il vescovo di Cassano all’Ionio. Adagio che condensa la calma dell’outsider, asceso al vertice in tarda età, sessantacinquenne, quasi per caso Sarà che in mezzo è passata l’estate, ma il fondo del Corriere della Sera in cui Ernesto Galli della Loggia, il 3 giugno scorso, all’indomani dell’exploit delle europee, consacrava Renzi quale prototipo del cattolico impegnato in politica nell’era di Francesco, a leggerlo oggi appare già di un’altra stagione, non solamente meteorologica. Dei quattro aggettivi del ritratto, che accreditavano al leader il profilo di “un cattolicesimo efficiente e compassionevole, simpatico e semplice”, dopo la conferenza stampa di venerdì e la stroncatura di Galantino è rimasto solo il “simpatico”. Mentre gli altri cadevano giù recisi di netto, come foglie d’autunno: “Non è questione se il premier Renzi piaccia a noi o no. Bisognerebbe chiedere alla gente se sta trovando le risposte. La nostra impressione è che ci sia da ridisegnare l'agenda politica…” Molto più di un affondo. Un affronto. Pedagogico e tagliente. Sarcastico e insofferente. Alla stregua di un D’Alema in talare. Di cui peraltro il vescovo risulta coetaneo e conterraneo. Somiglianza inedita e mancante nel panorama umano dell’episcopato, se mai fosse stata immaginabile. Volendo insistere nei paragoni con gli antagonisti del Presidente del Consiglio, diremo che la ruvidità dell’approccio rimanda per certi aspetti anche a Diego Della Valle. L’imprenditore, fabbricante di calzature, tende per deformazione professionale a valutare l’aderenza al terreno, separando a occhio le suole dalle “sole”. L’alto prelato, docente di antropologia, rifugge a priori degli slogan e premette in uno dei suoi ultimi libri che “l’onestà delle parole è il lievito fecondo di ogni relazione, pubblica e privata”.Con l’olfatto politico che lo caratterizza, Renzi ha fiutato a migliaia di chilometri, dalla West Coast degli Stati Uniti, la portata e il pericolo dell’attacco, che a differenza degli altri sa di avanguardia, non si conservazione. Odora di sinistra, non di destra. Nell’immobilismo di gauchisti e conservatori, la CEI fa politica più di prima, beneficiando delle praterie che trova libere davanti a sé. Il suo spostamento a sinistra, unitamente allo slittamento a destra del PD, costituisce la più grande transumanza in atto nel paesaggio istituzionale. Era inevitabile che, muovendosi in direzione contraria sugli stessi, angusti sentieri, le due greggi si incontrassero e scontrassero. Mentre i rispettivi pastori si scambiano a distanza parole gentili. Galantino chi? E’ stata in sostanza la replica di Renzi nell’intervista di domenica su Repubblica: “Da stamani ricevo delle telefonate di amici vescovi che mi dicono che c’è stato un equivoco, che le parole sono personali del segretario generale della CEI…”, alludendo all’isolamento presunto del presule. Vero a metà, come si addice a una situazione work in progress. Che andrebbe classificata nella categoria teologica del “già” e del “non ancora”. La CEI è infatti già di Galantino, che gode de facto di poteri commissariali e non rappresenta se stesso, bensì Bergoglio, con cui ha mostrato ampiamente di possedere affinità istintiva. Contrariamente al grosso dell’episcopato, espressione dei precedenti pontefici, motivo per cui “non è ancora”, sotto il profilo antropologico, quello che il Papa vorrebbe. La classe dirigente delle diocesi notoriamente non si modifica d’emblée, come quella di un partito, attraverso una sola tornata elettorale, ma mediante un turnover spalmato negli anni. Gli stessi di cui ebbe bisogno Ruini del resto dall’85 al ’95, tra i convegni di Loreto e di Palermo, per attuare la svolta conservatrice. Ciò non toglie che in sala macchine sia operativo, sin d’ora, l’uomo forte voluto dal Papa, in virtù di un “commissariamento” in atto oggi come allora, sebbene in senso progressista. La conferma di Bagnasco sul ponte della presidenza, fino al 2017, in regime transitorio di coabitazione con il nostromo Galantino, risponde alla necessità di arruolare un equipaggio idoneo alle nuove rotte, prima di cimentarsi nell’esercizio della democrazia interna. Per non finire sugli scogli. Tra Venerdì e Domenica intanto è cominciato lo scambio di colpi di avvistamento con l’ammiraglia di Palazzo Chigi. Episodio pilota di un serial che all’orizzonte, con bordate - e battute - a effetto da una parte e dall’altra, ci terrà compagnia fino alla puntata clou del novembre 2015, ai prossimi stati generali della CEI, programmati guarda caso a Firenze. Un confronto che Renzi giocherà in casa, dando fuoco alle polveri dell’inventiva e dell’oratoria, come un Leonardo e un Savonarola. Quando la flotta dei vescovi, guidata dal suo pragmatico nostromo, sbarcherà in forze sulle rive dell’Arno.
Piero Schiavazzi fonte: Huffingtonpost
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