Skip to content

Sibari

Narrow screen resolution Wide screen resolution Increase font size Decrease font size Default font size    Default color brown color green color red color blue color
Advertisement
Vi Trovate: Home arrow Letteratura arrow Letteratura arrow “Era il tempo del polline col vento…
Skip to content
“Era il tempo del polline col vento… PDF Stampa E-mail
Scritto da F.Doni   
lunedì, 25 agosto 2014 17:58
ImageAl Poeta Giuseppe Selvaggi -

<< ”  Era il tempo del polline col vento :

primavera , e il morbido cane Pechi

ebbe un canestro di cuccioli.” >>

Questi sono i primi versi che si scolpirono nella mia mente quando ancora non conoscevo Peppino Selvaggi. La poesia ,  dal titolo  << La ballata dei sette cani >> , mi  resterà impressa e mai  più la scorderò. Era stato il suo e il mio maestro, Don  Ciccio  Pennini ,  il  sacerdote che era solito invitarci a tenere  il cestino della carta straccia  sempre vicino, a farmeli  conoscere. Cosa hanno di eccezionale questi versi? Me lo sono chiesto spesso ma non ho  mai saputo dare una risposta esaustiva. So solamente che  colpirono il mio immaginario e vidi e sentii intorno a me un mondo nuovo di colori e di suoni che ancora oggi  mi “ elevano” come   le note della quinta sinfonia di Mozart  per poter vedere e sognare <<il bello>>.

Solo dopo molto tempo lo incontrai  e associai quei versi al suo volto : gli occhi vividi, il naso  aquilino:  la  maschera greca dell’antica Jonia.

Il canestro di cuccioli che non avevano un nome e nemmeno un padrone, ma che scorazzavano felici  per la via dal nome sonante “La Selciata“ ove  da bambino  andava  alla bottega del padre a far vivere la sua speranza che un giorno non lontano avrebbe potuto mangiare carta ed inchiostro e portare <<il nome del padre più in là dell’odio e dell’invidia.>>, è il mondo  nuovo con cui  mi comunica lo stato d’anima e la speranza di nuovi sentimenti ed espressioni.

E con questi versi, semplici ma vivi,  che incominciai ad amare la poesia.

Ma chi  o che cosa spinse il nostro Beppe a scrivere questi versi quando ancora non aveva 20 anni, nel 1941?  Forse fu influenzato da Felice Mastroianni che in quegli anni insegnava a Cassano? Nello stesso anno , il 1941 , Mastroianni pubblicava “Frammenti“ per i tipi Patitucci , e  Selvaggi  “Fior di Notte“.

Non lo sapremo mai.

Interessante conoscere se tra i due esistesse un epistolario.

Certo è che nel  Convegno  di Studi a Lametia Terme, il 20 aprile 1985,  Selvaggi,  “Per Felice Mastroianni“ ammise che nel 1967 una cartolina  scrittagli da Napoli <<A Te, che ho tenuto in questi lunghi anni nel cuore>> , era datata  28 marzo 1967. E  ritornò col cuore e con la mente agli anni della guerra.  <<Mangiammo fave e pancetta. E vino. Sapete che cosa ricordo di più di quell’incontro? Ricordo gli occhi di luce, sottilmente molto lontani, universali occhi, di Felice Mastroianni. 

E le sue parole di approvazione. >>

 

                              ************************************

Non ricordo esattamente l‘anno  in cui  divenimmo amici – nel senso più esatto che si dà a questa parola - : l’occasione mi venne data da un pensiero che mi rodeva dentro da tempo e che potei  realizzare grazie soltanto all’opera di un compagno di scuola, abile nella pittura : Mimmo    Canonico. Era venuto, in quell’occasione, in visita alla scuola media      “Biagio Lanza“ a Cassano .

Gli feci dono di un  quadro ad olio che raffigurava: <<il Mulino ad acqua>> , caro alla sua memoria di bambino ove aveva trascorso gli anni spensierati della sua fanciullezza.

Quel quadro gli ricordava i suoi nonni, le prime fantasie e forse la gioia del suo primo trepidare d’amore. Non mi ringraziò per iscritto ma alla prima occasione che si presentò mi venne incontro e con il suo sorriso aperto e gentile mi strinse affettuosamente e dal suo abbraccio compresi quanto aveva gradito il mio semplice dono.

Da allora, ogni anno,  una mia visita al Monte – sua residenza estiva – era un appuntamento obbligato a cui non venni mai meno. Erano incontri programmati che solo oggi forse apprezzo interamente, completamente.

Alvarez,  che volle   fosse  ospite  a  casa mia, Ortega, che assieme a  lui mi elargì  una dedica-disegno personalizzata  a me tanto cara, e  Pietro   Annigoni, sono gli artisti che  conobbi grazie a Lui.

Non sarò io a tessere le lodi perché  qualificati critici  e uomini di vasta cultura si sono  occupati della sua poesia: Umberto Segre , Carlo Emilio Gadda , Enrico Falqui, Ugo Spirito, Leonida Repaci, Vittorio Vettori, Massimo Grillandi, Achille Di Giacomo, Donato Valli, Franco Fani, ed altri ancora.

<<E’ tornato il mese

quando il frutto della vita

preme la terra,

il purpureo e silenzioso marzo>>.

E’ ancora la sua poesia. Che purezza e bellezza hanno questi versi!

Ma cosa è la poesia?

La poesia irrompe nel linguaggio. Non vi é poesia se non rimaniamo colpiti da una frase per la sua profondità o la sua bellezza. Parole ordinarie o ricercate, che in altri contesti svolgono il loro compito di comunicare pensieri e idee, nel gioco della poesia si stagliano. E’ come se il loro significato uscisse fuori dal linguaggio, mostrandoci un modo differente di vedere il mondo. E’ un fatto sorprendente, ma anche il più comune, che le cose sono eventi da apprendere e descrivere, ma che possono anche toccarci nel profondo. Un volto é la faccia di qualcuno, ma é anche un luogo immenso in cui decifrare pensieri, stati d’animo e speranze, l’intero mondo della vita umana. E così una frase può essere un insieme di segni da leggere o da ascoltare, ma può anche emanare questa densità di sentimenti e di espressioni. E’ in tale capacità di oltrepassare il significato ordinario e di farci entrare in un mondo differente, che la poesia ha qualcosa in comune con l’intelligenza, che appartiene anche ai saperi positivi attraverso il linguaggio ordinario di tutti i giorni.

La poesia ci racconta della dimensione contingente e particolare degli interessi umani, della molteplicità e la diversità degli orizzonti di vita. Da essa, come dalla buona arte, apprendiamo come distinguere tra ciò che è profondo e ciò che è banale, tra il sentimento autentico e il sentimentale, tra l’equanime e il tendenzioso. Apprendiamo lo sforzo di superare le fantasie personali per descrivere la realtà nella sua varietà, che nessuna ideologia o religione può mai racchiudere in una formula. Ma questo insegnamento trae la sua forza dall’indipendenza della poesia dalla politica e dalla morale, dalla sua libertà. Come apprendere tale insegnamento senza mai rovesciarlo nel suo opposto, nell’arte per l’arte, nella chiusura dell’estetica alla vita?

Una risposta ci viene da “I Canti jonici“ che fanno seguito a Fior di notte (1941) – Edizione dell’Autore - che già evidenziano in modo netto la creatività  espressiva di Beppe.

 

                                       *************************

 

 Mi piace riportare  quanto ha scritto Luigi Pellegrini – editore in Cosenza – appena appresa la notizia della sua morte.

<<È morto il Poeta. È morto il giornalista Peppino Selvaggi in una triste giornata di freddo intenso del mese di febbraio. Giuseppe Selvaggi aveva una larga schiera di amici, di estimatori, di intellettuali, di uomini che lo hanno amato in vita e lo ricordano alle nuove generazioni perché il Suo nome, degno di rispetto, resti in imperituro faro luminoso del Sapore.

Le sue opere che vanno dalla poesia alla narrativa, dalla saggistica filosofica a quella letteraria e artistica non sono morte con Lui.

Una lunga, fecondissima attività letteraria quella di Selvaggi.

Nato a Cassano Jonio nel 1923, ha vissuto a Roma dal ’45. Redattore politico de “Il Tempo” e giornalista parlamentare de “Il Messaggero”, è stato direttore della rivista “Idea”, fondata da Pietro Barbieri, e, per l’Italia, della rivista francese “Planete”.

Come autore, ha pubblicato diversi libri di poesia, di narrativa, di critica letteraria e artistica, d’inchiesta. Ha curato la direzione di diverse collane di alcune case editrici. Da operatore culturale ha partecipato a numerose iniziative, specie in Calabria. È stato componete di importanti Premi letterari, tra cui “Premio Villa S. Giovannei” e “Premio Sila”. Un grande animatore della nostra casa editrice, un intellettuale libero e democratico, un incomparabile compagno di lavoro. Con Selvaggi abbiamo realizzato dei sogni che ci sembravano, all’inizio, sono chimere.

Un compagno fedele che ha sempre nutrito, specie per i giovani una speciale predilezione, devotamente corrisposta perché si apprezzava in lui, oltre la profonda cultura, l’amico comprensivo e soprattutto buono.

Abbiamo perduto  il Poeta, abbiamo perduto l’Amico. Ma non il Suo insegnamento. Che è un imperativo categorico ad andare avanti, ad essere migliori, a vivere la vita. E ad essere uomini liberi. Come Lui lo era. >>

 

Tutta la sua poesia  è filtrata di armonie - disarmonie che formano la particolare differenziata caratteristica della mediterraneità, caratteristica che, passando dalle cose agli esseri, finisce col dare ad essi un senso che li distingue dagli altri esseri viventi, e che si manifesta in modo particolare mediante la poesia. Da Omero a Virgilio,a Dante, a Foscolo, a Leopardi, da Quasimodo a Montale, a  Selvaggi, pagine ricche di connotazioni mediterranee, con intrecci culturali, attingono sempre vette profetiche ed echeggiamenti elegiaci, che incardinati negli atteggiamenti frastagliati delle varie personalità poetiche, dinamicamente considerate, sia dentro che al di fuori dei tempi in cui vissero, costituiscono la caratteristica preminente di una civiltà sempre in progresso come la nostra. Profondamente ispirato da questa civiltà e i suoi versi ne formano il controcanto dolente, sia che provenga dalle tempestose notti invernali o dagli ardenti meriggi estivi, sia dalle languide e radiose primavere o dalle malinconie autunnali, sia che si ripercuota nelle risacche delle lunghe spiagge dell'una e dell'altra sponda, sia quando il vento la fa ripetere ai boschi della sua Calabria e risalire dalle vallate alle vette; la coglie nel grido del lupo silano e del pastore errante col suo perpetuo grido di poggio in poggio, o nel lamento della madre sul corpo del figlio morente,ovvero nell'addio accorato dell'emigrante verso luoghi migliori (o creduti tali) e illudenti di vita doviziosa.E lo coglie anche questo controcanto nella voce degli altri popoli che sulle sponde di questo mare soffrono la stessa angoscia esistenziale, ma la coglie soprattutto in quell'Ellade imperitura dalla quale trae le sue origini, che miscela il suo animo al suo sangue, e alla cui fonte di poesia beve i motivi perenni del suo canto.

 

                                                         *******************

 

 

Per finire a Natale 1996 – Capodanno 1967 eccomi arrivare  il bigino datato 25/11/1995:

 <<D’ improvviso versetti>> Edizioni dell’Oleandro- Roma-

Nove versetti per i 9 anni di SABRINA
 

Sei nata 9 anni fa, bambina

hai  le ciglia già aperte sulla fronte.

Io nove anni fa sono nato

tuo padre nato con te , figlia.

Ti chiedo: nasci ogni giorno

come per 9 anni ogni giorno sei nata.

Con te tuo padre nascerà ogni giorno:

anche la paura  dell’ ultimo  sarà tuo dono

stretto nelle tue mani, in eterno per lui piccole mani.

(  Il  giorno seguente, pregando )

Sei un chicco di grano che si gonfia

nella pancia di Dio

Fa che diventi erba verde e spiga

 

pur se il mio prezzo è non vedere il frutto.

 

Francesco DONI

 

< Precedente   Prossimo >