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Vangelo di domenica X Agosto PDF Stampa E-mail
Scritto da + V.Bertolone   
domenica, 10 agosto 2014 07:53
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 14,22-33.  - Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù. La barca intanto distava gia qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario.  Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: «E' un fantasma» e si misero a gridare dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro: «Coraggio, sono io, non abbiate paura».  Pietro gli disse: «Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque». 

Ed egli disse: «Vieni!». Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù.  Ma per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!».  E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».  Appena saliti sulla barca, il vento cessò.  Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: «Tu sei veramente il Figlio di Dio!».

XIX Domenica del Tempo Ordinario

10 agosto 2014

La voce del silenzio di Dio 

Introduzione

La Parola di questa XIX Domenica del Tempo Ordinario ha lo stesso spessore di straordinarietà di quello di domenica scorsa, anche se cambiano scena, attori e il  messaggio da cogliere. Infatti, il miracolo  c’è, ma è destinato a pochi; i segni da  interpretare ci sono pure, ma la loro comprensione coinvolge il nostro stesso rapporto con Dio, sonda la nostra capacità d’affidamento, misura il grado della nostra fede.  Oggi è protagonista la paura, la forza scatenante della natura, le grida di uomini  travolti dalla tempesta. Oggi è di “scena” una pagina umanissima di Vangelo. In essa,  infatti, non c’è nulla di miracoloso, almeno inizialmente, anzi tutt’altro, vi sono i timori e i dubbi di ogni uomo quando sembra  che nel mare della  vita non Dio, ma  l’angoscia e la disperazione, siano i soli compagni rimasti. In questo turbinio di giustificati timori, mentre si affoga nelle acque più turbolente e violente, qualcosa  accade: una presenza quasi irreale si profila all’orizzonte, quasi, perché poi si fa mano tesa all’aiuto, voce forte che sprona e incoraggia. Mano e voce compiono il  miracolo: rompono il fragore del tuono e delle onde in tempesta, e la vita che,  sembrava perduta, riacquista vigore, il coraggio ritorna, il desiderio di raggiungere  l’altra riva e mettersi in salvo diventa più  forte della resa. Qualcuno ha ascoltato il grido d’aiuto, l’invocazione, la preghiera; Qualcuno si è fatto vicino, si è offerto  come ancora di salvezza e porto sicuro nel mare in tempesta. È bastato intravedere un’ombra tra lo sferzare delle onde e del vento, sentirsi chiamare, sfiorare con  tenerezza la mano per capire di essere in salvo; è bastata la carezza di una brezza leggera per capire che la fede in Dio, il suo Amore, il suo Volto è spesso altro da ciò  che immaginiamo e cerchiamo. È l’Altro che non ci si aspetta d'incontrare, è l’Altro  che non si pensa di trovare. Così nella prima lettura seguiamo il profeta Elia nel suo itinerario di fede alla scoperta del vero volto di Dio;  e nella pagina del Vangelo leggiamo di un’altra ricerca: quella della fede in Dio. In entrambi i casi però si fa strada la certezza che Dio è sempre presente, e se non riusciamo a vedere i segni del  suo passaggio, è perché spesso o ci bloccano le immagini preconfezionate che ci siamo fatti di Lui, oppure sono da ostacolo la paura e la mancanza di coraggio nell’affidarsi completamente a Lui. Ma il fatto che non si colga la presenza di Dio,  non significa che Egli non esiste. Dio c’è. Ed è più presente proprio nei momenti di  smarrimento e inquietudine, e allora che bussa alla porta del nostro cuore e chiede di  entrare. Egli aspetta che ci accada il miracolo della necessità, in altre parole, che iniziamo ad avere desiderio di Lui, abbiamo bisogno che Lui ci sia. 

La ricerca di Dio  

Chiunque ha una propria storia da raccontare, una storia di cammino e ricerca: si va alla ricerca di un lavoro, si cerca di raggiungere un traguardo,  un obiettivo prefissato  da tempo, si cerca l’amore vero e la felicità. Motivi per continuare a cercare ce ne sono tanti, non necessariamente uguali per tutti, ma per tutti  si tratta di mettersi in cammino per raggiungere la meta sperata. Quando poi la ricerca coinvolge la nostra parte più intima e ineffabile, parlo naturalmente dello spirito, tutto si fa più complicato e confuso: si pensa  di cercare in una direzione e, invece, si deve andare nella direzione opposta, si pensa di incontrare un volto e, invece, se ne palesa un altro; si crede di aver trovato finalmente ciò che si cercava e, invece, accade che la ricerca ricominci daccapo. La sola certezza che si ha è che l’oggetto del nostro desiderio, la Persona da cercare è presenza reale, altrimenti sarebbe inspiegabile perché il nostro spirito ne sia così attratto.

Nella Prima Lettura la Parola ci presenta un esempio di questa ricerca: il profeta Elia che va alla scoperta del vero volto di Dio.

Alla fine del suo itinerario ad attenderlo è l’inaspettato: Egli, che cercava Dio nel vento impetuoso, nel fuoco e nel terremoto, lo trova nella “voce di sottile silenzio”:  una brezza leggera. Dio, dunque, non era in ciò che il profeta si aspettava, non era come lui lo sognava, non aveva i tratti nei quali era abituato ad immaginarlo. Sul monte Oreb-Sinai, sorgente della fede e della storia d’Israele, Elia trova un volto diverso di Dio, una manifestazione che sfugge alle aspettative dell’uomo. Dio, infatti, decide di manifestarsi nella tranquillità e nella pace della brezza serale; Dio decide di manifestarsi in un silenzio che tacita tutte le altre voci e gli altri rumori. Questa nuova percezione di Dio fa sì che cambi anche il modo stesso di vederlo, coglierlo. Non si può più pensare a un Dio implacabile e vendicativo, ma si deve imparare a conoscere e amare un Dio semplice, paziente, intimo, dolce, tenero; un Dio che è vita e spirito; un Dio che per l’uomo è padre e madre, sposo e amante, guida, sostegno e compagno di strada. Eppure quante volte anche noi facciamo lo stesso errore del profeta Elia, e, soprattutto, quando la vita ci mette a dura prova, ci fingiamo nella mente l’immagine  di un Dio punitivo, o peggio ancora lo riteniamo responsabile di tutto il male che ci accade e vediamo accadere, perché sua prerogativa è l’assenza, il suo essere indifferente nei confronti dell’uomo. Quante volte interpretiamo il silenzio di Dio come muta assunzione di colpa? Se così fosse perché ostinarsi a fare i conti con Lui?  Perché continuare imprecargli contro, perché invocarne sarcasticamente l’aiuto?

Perché, come scrive Platone nel Fedone: “Fedone se vuoi attraversare con più tranquillità questo mare della vita, non hai che l’abbandonarti alla zattera di una divina rivelazione”. Nel bene e nel male, che ci si creda o meno, tutti abbiamo bisogno di “una divina rivelazione”. E la verità vitale, che il miracolo del Vangelo di questa domenica ci rivela è questa: c’è Qualcuno che è più forte di tutte le forze del male, della violenza, del dolore, della morte. C’è Qualcuno che invece di puntare il dito contro la nostra poca fede, i nostri dubbi e le nostre debolezze, stende la mano per afferrarci. C’è Qualcuno che si fa trovare prima ancora di essere cercato.

Sui passi della fede 

Per trovare Dio, però, serve a poco aspettare che accada qualcosa di “prodigioso”. In realtà dobbiamo pensare che il Signore, più che nelle espressioni vistose e  sorprendenti della sua potenza, si fa trovare dove c’è una brezza leggera appena  percettibile. Perché Dio ama avvicinarsi a noi senza farsi notare, entrando quasi furtivamente nelle nostre vicende. Così capita che, inaspettatamente, la mano tesa ad  aiutarci e la voce amica che ci sostiene ha i tratti di un volto noto, che nel momento di maggiore bisogno non sta sull’altra riva ad osservare la nostra difficoltà, ma con coraggio attraversa il mare in tempesta per venirci in aiuto. E non è forse questa una testimonianza della presenza silenziosa e provvidenziale di Dio? Come non pensare poi alla nostra brezza leggera che sono la Parola del Vangelo e il miracolo umile e silenzioso dell’Eucarestia? Quanto conforto, quanta forza vi attingiamo per poter continuare a remare, a sperare di raggiungere la riva sicura. Se solo conservassimo negli occhi e nel cuore il ricordo di queste esperienze, avremmo la fiducia che Dio è sempre pronto a liberarci dal nostro sprofondare nell’oscurità della notte. È, dunque, una questione di fede. E che cos’è la fede? Se non un tenere gli occhi fissi su Gesù riconoscendo, anche se ci pare di camminare sicuri su acque tranquille, di essere sempre sul punto di soccombere per cui dal cuore dovrebbe sempre salire il grido:  “Signore, salvami!”. La fede è la certezza che il Signore è già qui, è la sorgente della forza dei rematori, è la tenacia del timoniere, è negli occhi di tutti fissi verso il cielo.

Fede è custodire in cuore sempre una certezza: “Tutti cadiamo. Eppure c’è Uno, che  nelle sue mani, con dolcezza infinita, ci sostiene”(Rainer Maria Rilke). Per tutto ciò  fede è anche imparare a camminare senza timore sulle acque dei nostri limiti, delle nostre ansie, incertezze, fragilità e piccolezze, perché accanto a noi c’è Cristo, e chi ha fede in Lui, chi cammina lasciandosi sostenere da Lui, crede anche che l’impossibile è possibile. Invece, senza fede, senza questa continua messa in gioco della nostra trascendenza, e della trascendenza del nostro rapporto con Dio, la resa è inevitabile. L’impossibile resta tale e la violenza della tempesta travolgerà ogni cosa.

 

Conclusione

 

In questo eterno oscillare tra fede e dubbio, la sola cosa certa da non dimenticare mai  è che l’amore di Dio è fonte inesauribile di forza, vita, coraggio, perdono. Perciò per quanto possiamo dubitare Egli non ci lascerà soli ad affrontare le tempeste della vita.

La fede nel suo Amore, invece, deve spingerci a buttarci, ad abbandonare le nostre presunte sicurezze, a rischiare di perdersi senza stare troppo a domandarsi se sia venuto il momento, se le circostanze siano tali da permetterlo. E se Dio è Amore, non  può che aumentare, allargare, arricchire la nostra vita, verso tutte le altezze e tutte le profondità. Per questo con coraggio accettiamo la sfida della fede e senza paura solchiamo il mare della nostra vita

seguendo la rotta tracciata da Dio.

Serena domenica

 + Vincenzo Bertolone

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