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SANITA'. la grande malata PDF Stampa E-mail
Scritto da L.Niger   
sabato, 12 luglio 2014 12:15
ImageHo molti amici medici, equilibrati, competenti, disponibili e, quindi, qualsiasi discorso critico sulla sanità  pubblica mi crea disagio e sofferenza. Tuttavia, come sosteneva Aristotele nei confronti del suo grande maestro, Platone mi è amico, ma mi è più amica la verità. Per carità, chi scrive ha letto solo alcuni testi aristotelici e non ha in tasca alcuna verità, anche se da decenni va alla ricerca di possibili verità, sorretto, comunque, dalla convinzione, in particolare nell’ambito psicologico, che il visibile nasconde sempre un invisibile, come suggeriva l’inquietante Nietzsche. Mi limito a comunicare qualche rapido appunto su alcune esperienze nella sanità, vissute personalmente o raccontate da altri, pazienti e non.  La società italiana continua ad essere colpita da una malattia grave, quasi cronica, con prognosi sempre riservata. La grande malata si chiama, si chiamava, sanità.  Perché? Come mai? 

Anamnesi complessa e variegata. Per fornire risposte non dico soddisfacenti, ma appena decenti e credibili, occorrerebbe un libro, anzi non basterebbero più libri. Si deve, purtroppo, partire dai comportamenti criminali della classe politica che, da sempre, gestisce la sanità attraverso un sistema affaristico-clientelare, spregiudicato e tentacolare. Il tutto, ovviamente, sulla pelle dei cittadini, soprattutto di quelli che non hanno armi con cui difendersi, e, cioè, soldi e legami, amicali e non. Anche a livello sanitario l’uguaglianza continua ad essere un sogno, che per una sinistra seria dovrebbe rappresentare quotidianamente un grande obbiettivo di lotta e di realizzazione. A questi politici, incompetenti ed irresponsabili, si devono , tra l’altro, la corruzione, gli sprechi, i continui tagli, le strutture fatiscenti, l’inadeguatezza degli strumenti diagnostici, la scarsa formazione del personale medico e paramedico, oltretutto carente.     Evito di inoltrarmi in questo tunnel, cupo e triste, e mi soffermo, in breve, sulla cosiddetta corporazione dei medici, che conosco meglio e che continuo a considerare la mente e il cuore della sanità pubblica, senza dimenticare il ruolo degli altri operatori. 

Indifferenza, complicità, responsabilità, disprezzo caratterizzano il comportamento dei medici? In alcuni questi comportamenti dissociativi coabitano, in altri, sono , per lo più, ben delineati, per cui è possibile tracciare un rapido profilo, ipotetico e molto approssimativo.

Primo profilo: i medici eroici. Brillano per competenza, per umanità, che è tanta parte della cura, per dedizione e per disponibilità. Pongono al centro il malato come persona e non la malattia, con i suoi bisogni e i suoi desideri, con la storia. Vanno oltre gli orari, oltre il legittimo compenso. Si spendono, senza calcoli. Sono pochi, ma sono quelli che continuano a garantire il diritto alla salute dei cittadini e una certa fiducia nella sanità pubblica.

Secondo profilo: i medici “normali”. Sono seri, scrupolosi, ma freddi, distaccati, distanti. Fiscali negli orari di lavoro, trattano solo la patologia e sono poco attenti alle persone, ai loro dolori interni e alle loro sofferenze taciute. E’ come lavorare al microscopio in un laboratorio. Niente passione. Niente empatia. Tutto è organico e basta.

Terzo profilo: i medici inutili, anzi dannosi. Sono incompetenti, sbrigativi, supponenti( ultimo caso di malasanità, in ordine di tempo: una pediatra, indisponente ed irritante, operante nell’Ospedale di Castrovillari. Un  recente sabato pomeriggio, al cospetto del pianto disperato di un bambino otto mesi e dell’angoscia dei familiari, se la cava con una visita-non visita, svagata ed inconcludente, nonostante i suggerimenti e le richieste di approfondimenti, e con tono acido e sguardo assente, dichiara di essere stanca per il lavoro fatto e rimprovera l’infermiera per l’attenzione e la gentilezza. Chiamare i Carabinieri o sporgere denuncia per omissione di soccorso? Nel dilemma, si decide, per il momento di correre all’Ospedale di Cosenza). E poi i medici si lamentano di essere costretti a ricorrere alla medicina difensiva, ignorando del tutto quella narrativa.

Più degli altri questi medici sono molto sensibili alle sirene delle case farmaceutiche, dalle quali accettano o barattano di tutto e sono assidui frequentatori di costosi convegni “scientifici”, dai quali tornano con qualche ideuzza in meno e qualche chilo o regalo in più.

Che fare?

Due cose, primariamente. Allontanare la classe politica dalla  gestione della sanità e poi puntare sulla formazione. E’ vero che da decenni assistiamo ad una complessiva dequalificazione della scuola e dell’università e il degrado ha colpito tutte le professioni. In particolare, lo sfacelo ha avuto ricadute gravi nella facoltà di Medicina, con l’aggravante della corruzione e dei concorsi truccati. Basi culturali fragili e approssimazioni scientifiche, carenze strutturali e ricerche limitate, danno vita ad una bomba pericolosa, che rapidamente va disinnescata.

I limiti e gli errori sono umani e, quindi, presenti, anche, nella vita professionale. E la medicina, come tutte le scienze, è una scienza relativa e finita. Non esistono certezze assolute e definitive e i fallimenti finiscono per arricchire il percorso scientifico. Tuttavia, sbagliare per indifferenza, per negligenza, per incompetenza, per cinismo o per omissione non è accettabile.  Ci troviamo di fronte a responsabilità personali, soggettive. Non si può scherzare sulla pelle degli altri, che sono poi i committenti. Oltre che disumano ed intollerabile,  sono comportamenti semplicemente delittuosi. E come tali vanno trattati.

 

                                                                                   Luigi NIGER
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