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Vangelo di Domenica 6 Luglio PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
domenica, 06 luglio 2014 09:36

ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 11,25-30. In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.

Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.  Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».

XIV Domenica del Tempo Ordinario

6 luglio 2014

La sapienza del cuore

Introduzione
Dopo il tempo pasquale e le ultime solennità ad esso legate, si ritornaall’ordinarietà liturgica, ovvero alle domeniche del tempo ordinario. Ordinario perònon è sinonimo di comune, quasi a voler liquidare questo tempo come qualcosa di giàvisto o vissuto. Ordinario è quotidiano, come a voler dire che il Vangelo di questedomeniche risponde a quelle che sono le nostre esigenze più spicciole, ci sostiene inquelle che sono le piccole noie quotidiane. La vita infatti non è fatta solo di grandiinterrogativi, è costellata anche e, soprattutto, di tante fastidiose incombenze che cimettono a dura prova. Allora, c’è bisogno di una parola, uno sguardo che avvolgaquesto ordinario quotidiano e lo renda straordinario.E di straordinario, in questa XIV domenica del Tempo Ordinario, c’è davveromolto, ma soprattutto, tanto di che sperare. La speranza veicolata dalla Parola di Dio,in questa domenica, è contrassegnata dalla “piccolezza”, dal “ristoro” dalle fatiche edalle oppressioni, dall’ “umiltà” e dalla “mitezza”, dalla levitasdel giogo.Tutte queste non sono parole di uso comune, potremo dire quotidiane, a benguardare sono scomparse dai vocabolari di molte persone. Eppure, oggi come ai suoitempi, Gesù persiste, con nostro grande stupore, a riproporre proprio questovocabolario desueto: come nessun altro, Egli è capace ancora una volta di sovvertiree ribaltare le logiche del senso comune.

Il cantico del “sapiens cordis

Attraverso un cantico di tre strofe distinte ci viene incontro una Parola chesembrerebbe non avere diritto di cittadinanza nella nostra società.Infatti, com’è possibile ostinarsi a parlare di umiltà e di mitezza, se il mondo insegue,plaude, acclama il mito della forza e dell’arroganza, dello strapotere e dell’egoismo,dell’arrivismo ad ogni costo. Com’è possibile essere così impudenti da usare parolecome “piccolezza” intellettiva, quando si cerca con la genetica di evitare qualsiasiforma di deficienza fisica e mentale, operando una sorta di selezione artificiale della specie. Le cronache dal mondo degli ultimi tempi ci portano verso queste direzioni. Intutti gli ambiti dalla politica alla finanza, dai rapporti civili e sociali, internazionali enazionali, lo spettacolo offerto è sempre lo stesso, naturalmente diverso da quellocelebrato da Gesù nel cantico della pagina matteana, presenta,infatti, numeri direlativismo intellettuale e morale, di individualismo egoistico ed egocentrico, diarrivismo cinico e soccorso interessato.E sebbene cristiani, il dubbio affiora lo stesso alla mente di ciascuno. Se siamocosì in minoranza nella sequela del Vangelo, è ancora lecito credere che solo quellaevangelica sia la verità. Dove risiede la superiorità autentica: nella forza, nel poteredel mondo, in chi una volta estratta la spada, non la riporre più; oppure sta nellaparadossale forza dell’umiltà e della mitezza, in chi spezza la logica della guerra.Chi crede ancora nella verità e nella bontà dell’insegnamento di Cristo, certonon può sbagliare le proprie scelte. E unitamente al Cristo innalza con la propria vitail cantico di strofe che inneggiano alla povertà, alla sapienza e alla mitezza del cuore.E si inizia a benedire i “piccoli”, quanti cioè non hanno bisogno di grandispiegazioni teologiche e prove oggettive per sapere che c’è un progetto di salvezza diDio per tutta l’umanità, già in atto nella persona del Figlio mediante l’azione delloSpirito Santo. Ma per vedere le tracce di questo progetto, sono necessari occhi nonaltezzosi e non pieni di sé, occhi di poveri e di umili, i soli che possono contemplarequesto mistero. Perciò beati i “piccoli”, ovvero quanti posseggono un’ intelligenzaumile e amante, aperta senza riserve alla tenerezza del Padre.Dunque, la conoscenza del mistero di salvezza di Dio passa attraverso “piccoli”occhi, non occorrono grandi studi o ricerche speculative, non occorre neppurepossedere tutta la sapienza del mondo e una intelligenza geniale. Per “conoscere”occorre possedere, cioè amare Gesù. Questo è il nucleo centrale della II strofa delnostro cantico. Possedere Gesù, significa partecipare alla conoscenza che Egli ha delPadre, significa in altri termini conoscere come Lui conosce Dio. E Gesù conosce DioPadre così totalmente e pienamente da possedere Egli stesso tutto quello che è di Dio.Grazie a questa intimità l’uomo-Gesù ha abolito la distanza invalicabile cheintercorre tra l’uomo finito e Dio infinito, grazie a Lui per la prima volta è avvenuta,e avviene, quella pienezza d’intimità e di amore che abbatte ogni barriera e distanzatra il Creatore e la creatura.Se si intende allora accettare la lezione del Maestro sul tema della conoscenzaoccorre mettersi sulla strada dell’amore. Un amore, quello insegnato da Cristo, fattodi donazione reciproca, di condiscendenza senza misura, di spirito di comunionenonostante ogni rifiuto. L’incarnazione di Cristo è il vertice di questa sapienzad’amore, giacché porta a compimento la volontà d’amore di Dio, del suo chinarsisugli uomini o, meglio, del suo porsi sullo stesso piano, facendosi uno di loro.E veniamo così alla III strofa del nostro cantico. In essa si celebrano altre duecaratteristiche della nuova “scientiaamoris” quelle dell’umiltà e della mitezza,entrambe lastricano la via della fede. Per mettersi alla scuola del Maestro presuppostiindispensabili sono la volontà di amare e il desiderio di conoscere, ma senzal’abbandono fiducioso alla volontà del Padre è difficile essere amanti e sapienti.Occorre perciò saper instaurare con il Padre una relazione di amore filiale espontanea, per cui si agisce nella vita non per paura di un eventuale giudizio finale,ma per amore e desiderio di avvicinarsi sempre più al modello desiderato, Cristo.La libertà e la spontaneità di sentirsi figli amati e desiderati, rende l’obbedienza allavolontà del Padre non più fardello pesante, ma giogo leggero. Così, la stessa fedediventa avventura gioiosa, serenità infinita e, soprattutto, garantita anche nei momentidi marosi.

Piccoli per il mondo, grandi davanti a Dio
Non meravigliamoci allora se Dio va controcorrente, se per arrivare al suocuore la corsia preferenziale è quella della semplicità, dell’umiltà e dell’ “infanziaspirituale e intellettuale”. Dio è amore, dunque, per arrivare a Lui occorre percorrerela via della fede e dell’amore.E la fede è umiltà davanti al Padre, diffidenza di se stessi e del proprio giudizio sullecose; mentre l’amore è rinuncia del nostro egoismo per aprirci al progetto e allavolontà di Dio.Charles de Faucauld arrivò ad esclamare: “Mio Dio, un tempo credevo che perarrivare a Te fosse necessario salire; ora ho capito che bisogna scendere, scenderenell’umiltà”. Occorre, dunque, fare una inversione ad “U”, smentire tutto ciò a cui ciha abituati a credere la società moderna, rifiutare l’arrivismo, schivare la tentazionedi correre per i primi posti, non ricercare l’applauso, l’audience e la prima pagina.Insomma, mentre tutti dicono che bisogna farsi avanti, noi dobbiamo avere ilcoraggio di seguire Quella Voce fuori dal coro che invita a farsi indietro o, per lomeno, a vivere pienamente il nostro posto nel mondo.Sono queste le indicazioni stradali che ci porteranno a percorrere quella cheSanta Teresa del Bambino Gesù chiamava per sé “piccola via”, ma che per tuttirappresenta la grande autostrada per il cielo. poche semplici regole da seguire, tuttederivate dal codice stradale del Vangelo. Esse vanno rispettate per amore di libertà edi verità, la libertà che ci viene dall’essere amati e perdonati da Dio; e la verità da chiha testimoniato con la vita la felicità e la bellezza derivati dal percorrere il propriosentiero di fede e di amore.Nel famoso racconto de Il Piccolo Principe, l’autore ad un certo punto fa diread una volpe: “L’essenziale è invisibile agli occhi”. Ebbene, se vogliamo veramentearrivare alla sapienza cristiana, conoscere il vero volto delle cose e delle persone,respirare il mistero profondo racchiuso in esse e la fiamma che le anima, bisognadomandare la sapienza del cuore, il dono, appunto, che fa cogliere l’essenziale,ovvero la scintilla divina racchiusa in ogni creatura.Se non si entra nell’ottica di essere discepoli del “cuore”, si corre il rischio direstare degli analfabeti del cuore, ovvero degli analfabeti di Dio, perché Dio non è unconcetto, ma il cuore dolce della vita, e il Vangelo è la pienezza dell’umano.

Conclusione

Se vogliamo veramente iniziare il discepolato del cuore sforziamoci diconservarci piccoli agli occhi del mondo ma grandi davanti a Dio. Perché nellapiccolezza terrena sperimentiamo veramente la necessità di avere Qualcuno che siprenda sempre cura di noi; mentre nella grandezza celeste abbiamo la certezza chequesto Qualcuno non ci abbandonerà mai. Infatti come scriveva Bonhoeffer: “Dio èvicino a ciò che è piccolo, ama ciò che è spezzato. Quando gli uomini dicono“perduto”, Egli dice “trovato”, quando dicono “condannato”, Egli dice “salvato”,quando dicono “obietto”, Dio esclama “Beato!””.

Serena domenica

 

                             + Vincenzo Bertolone

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