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Vangelo della SS.Trinità PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
domenica, 15 giugno 2014 04:32
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 3,16-18. - In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.  Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.  Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è gia stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio».     “…La nostra esistenza è come un rivolo che serpeggia in un deserto fatto di banalità, di male e di egoismi. C’è il rischio che quella steppa riesca ad essiccarlo. Ma dietro le dune grigie dei nostri giorni, anche se non riusciamo a scorgerlo con gli occhi, sentiamo l’eco di un mare immenso. Il nostro ruscello, anche se lentamente, è destinato ad approdare nelle onde infinite di Dio. Il Cristo stesso ci estrae dalle secche, ci aiuta ad uscire dal deserto del peccato e ci fa discendere nel grande mare della pace e della luce..”. (K.Rahner)

Santissima Trinità

15 giugno 2014

Un mistero che si fa storia

 Introduzione

Nel corso dell’anno liturgico ci sono feste di cui basta menzionare il nome per richiamare spontaneamente alla mente gli eventi corrispondenti: Natale ed Epifania,  Settimana Santa con la Pasqua, Ascensione e Pentecoste. Sarebbe difficile dire la stessa cosa della festa che celebriamo oggi, quella della Santissima Trinità. In essa, infatti la Chiesa non ci invita a far memoria di un evento di salvezza, quanto di un mistero della fede, il mistero cristiano per eccellenza, quello da cui tutta la storia della salvezza è scaturita, anzi si può dire che ne è il coronamento. Questo significa che tra il mistero della Trinità e il mistero della nostra vita cristiana va riconosciuto uno stretto nesso. A fare luce su questo nesso è la lezione che ci viene dalla liturgia del ciclo pasquale: se l’esistenza cristiana dopo la Pentecoste è una vita “Nuova”, come ci insegna l’apostolo Paolo, è vita nello “Spirito”, donatoci dal Cristo Risorto, e se lo “Spirito” è lo stesso che unisce nell’eternità il Padre e il Figlio, e uniti al Figlio l’umanità e la divinità, allora, è sempre per opera del medesimo Spirito che noi credenti siamo uniti al Cristo Risorto e, attraverso di Lui, siamo uniti al Padre e, nel nome Suo e di Cristo, suo figlio, per opera dello Spirito Santo, riusciamo ad essere uniti tra noi. Ecco realizzato il meraviglioso trittico della salvezza: la vita dei cristiani è comunione con il Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo. È, dunque, partecipazione della vita stessa della Trinità. Ciò che ha reso possibile la realizzazione di questo mirabile capolavoro d’ingegneria d’amore è il mistero di un Dio che rompe gli schemi della storia umana ed entra in relazione con il mondo; è il mistero di un Dio che si dona per salvare l’uomo senza la paura di “sporcarsi le mani di terra”.

 Trinità d’amore

Per comprendere a pieno il mistero della Trinità è necessario meravigliarsi. C’è da meravigliarsi nel pensare ad un Dio che abbia bisogno di amare il mondo, che avverta l’esigenza di entrare in relazione con qualcuno o qualcosa al di fuori di sé, che intenda sperimentare persino un sentimento umano come l’amore. Se dovessimo seguire la saggezza dei grandi filosofi dell’antichità, tutto questo diventerebbe un paradosso insostenibile: Dio non può trovare il suo completamento in qualcos’altro al di fuori di sé, perché Egli è l’Assoluto, non ha bisogno di niente, non sopporta il completamento, giacché è entità inafferrabile, insondabile. Aristotele, ad esempio, sosteneva che dio fosse privo della capacità di relazione, e prima di lui Platone che nessun dio potesse mescolarsi all’uomo. Il cristianesimo ha capovolto queste posizioni: non solo il nostro Dio è mistero trinitario, cioè unità assoluta nella diversità, “Tre generosità che si donano l’una all’altra in pienezza”, ma è mistero trinitario che intreccia la Propria essenza di eterna relazione con quella dell’uomo. La meraviglia di questa “condiscendenza divina” è una cascata d’amore. Come si spiega altrimenti la creazione del mondo, il respiro di Dio sulla nostra argilla, e, soprattutto, come spiegarsi quel prendere carne del Figlio di Dio, e quella misericordia divina, comunicata dallo Spirito Santo, che ci intenerisce il cuore in ogni momento e ci porta a piangere sulle nostre miserie e a sperare nei nostri dolori? Dunque, meravigliamoci di fronte a questo mistero d’amore trinitario, il quale ci presenta Dio vivo e appassionato, amante tenero e generoso, instancabile nel suo dare, il cui primato non è quello della giustizia che punisce, ma dell’amore che perdona. Perciò l’amore trinitario non si può spiegare come un concetto, ma va compreso come manifestazione da accogliere. È il volto amorevole di Dio che si rivela nel mistero della Trinità, per cui se non c’è amore, nessun magistero vale a penetrare il mistero del Dio trino e uno; se non c’è amore, nessuna cattedra sa dire della condiscendenza trinitaria. Più di tante parole forse vale bene una immagine: la Trinità è l’abbraccio di Dio. Ecco perché non possiamo pensare al nostro Dio come ad un dio pagano bastante a se stesso, chiuso nella sua solitudine, il nostro Dio è comunione. L’oceano della sua essenza vibra di un infinito movimento d’amore. Se il nostro Dio non fosse Trinità, vale a dire incontro, relazione, comunione e dono reciproco, sarebbe un dio assente, astratto, deludente. Ma il nostro Dio è estasi, cioè un uscire da sé in cerca di oggetti d’amore, in cerca di un popolo anche se di dura cervice, del quale farsi compagno di viaggio e ristoro entro l’arsura estrema del deserto. Un Dio che ama il mondo e l’uomo tanto da donare il Suo unico Figlio perché il mondo e l’uomo diventino storia della Trinità.

Trinità di speranza

La vita di fede del cristiano è dunque inestricabilmente legata alla Trinità. Ci possono essere, senza dubbio, persone che nella vita e nell’esperienza quotidiana ci sono più familiari: il coniuge, i figli, gli amici, i membri di una comunità, i confratelli nel sacerdozio. Ci sembra quasi di non poter più concepire la nostra vita al di fuori della loro; essi ci appaiono come dei rami della nostra stessa esistenza. Ma nessuna persona è radicata in noi e radica la nostra esistenza come le Tre Persone della Trinità: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Essi sono venuti a noi nel Battesimo. Hanno preso dimora in noi e sono più intimi a noi che noi stessi, dice sant’Agostino. Nel loro nome e in dialogo con loro, si svolge tutta la nostra vita di fede, dalla culla alla tomba. Alla soglia dell’esistenza siamo stati battezzati “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”; al tramonto di essa partiremo ancora nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo da questo mondo. Segnandoci con il segno della croce, noi dichiariamo, ogni volta, la nostra volontà di appartenere alla Trinità. Senza saperlo, dunque, la Trinità è entrata nella nostra esistenza, ci abbraccia dalla nascita e ci accompagna per tutta la vita, fino a renderci suoi per sempre. Essa ci offre la grazia del Cristo, l’amore del Padre e la comunione dello Spirito Santo. C’è una immagine suggestiva usata da uno dei maggiori teologi del ‘900, il tedesco K. Rhaner, per descrivere la presenza segreta, ma efficace della Trinità nella storia e nella vita umana. La nostra esistenza è come un rivolo che serpeggia in un deserto fatto di banalità, di male e di egoismi. C’è il rischio che quella steppa riesca ad essiccarlo. Ma dietro le dune grigie dei nostri giorni, anche se non riusciamo a scorgerlo con gli occhi, sentiamo l’eco di un mare immenso. Il nostro ruscello, anche se lentamente, è destinato ad approdare nelle onde infinite di Dio. Il Cristo stesso ci estrae dalle secche, ci aiuta ad uscire dal deserto del peccato e ci fa discendere nel grande mare della pace e della luce.

Conclusioni

Ogni anno la liturgia della Chiesa ci mette di fronte alla realtà meravigliosa di questo mistero insondabile che fa parte di noi, è strutturale alla nostra vita, a trecento sessanta gradi. Riflettiamoci un po’, e facciamolo guidati dalle parole di don Tonino Bello: “Se il Signore, questo mistero, ce l’ha rivelato, non l’ha fatto per complicarci le cose: l’ha fatto per offrirci un principio permanente di critica cui sottoporre la nostra vita nelle sue espressioni personali e comunitarie. Sicché, la Trinità non è una specie di teorema celeste buono per le esercitazioni accademiche dei teologi. Ma è la sorgente da cui devono scaturire l’etica del contadino e il codice deontologico del medico, i doveri dei singoli e gli obblighi delle istituzioni, le leggi del mercato e le linee ispiratrici dell’economia, le ragioni che fondano l’impegno della pace e gli ordinamenti di fondo del diritto internazionale. La Trinità è, dunque, una storia che ci riguarda, ed è a partire da essa che va pensata tutta l’esistenza cristiana”. Cosa aggiungere di altro, se non auguravi di esaminare ogni giorno la vostra vita alla luce di questo meraviglioso scambio di generosità reciproca e amore comunionale fra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Serena domenica

+ Vincenzo Bertolone

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