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Mio zio beveva (poesia) PDF Stampa E-mail
Scritto da M.Miani   
venerdì, 06 giugno 2014 05:56

Mio zio bestemmiava sempre Image
Quella canaglia che ogni giorno
Dalla mattina alla sera lo rimbrottava
Di non correre e di non andare lesto
A zappare la terra per due soldi a giornata.

Diceva che quello  si beveva il suo sangue
Perciò lui la sera si beveva un litro di nero
Che era sangue che sostituiva quello rubato
Dal  caporale che era una vera canaglia
Così ogni giorno, ogni mese, ogni anno, da sempre.

 

Poi un giorno decise di andare lontano. Su al nord.
Sbarcò in Piemonte nelle terre astigiane
Cercò un lavoro. Lo trovò in una fornace
Dove producevano prodotti d’argilla ricotti
Lavorava al forno, cuoceva, cuoceva, cuoceva.

Non beveva più il rosso, ma preferiva
Il vino bianco, fresco, gelato che dissetava
Toglieva quel caldo continuo di forno.
Poi un giorno decise di non andare al lavoro
Giacché era malato, un dolore del demonio.

Restò due mesi ricoverato in un nosocomio
Lo curarono ogni giorno nell’ospedale
Ma nessuno sapeva quale era il suo vero male.
Così morì a circa quaranta lontano dal caporale
Che era canaglia e borbottava dalla mattina alla sera.

Però lui zappava all’aria libera e qualche volta
Cantava di stizza e d’amore per quella terra
Che amava di cuore perché era dura, rossa e compatta,
Come quel vino nero che beveva di sera che era sangue
Del proprio sangue succhiato di nascosto dalla Canaglia.

 Ma l’astigiano non era Cassano, né il bianco era il suo vino
Né Terrone era il suo nome, al sud nella sua Calabria
Precisamente  lo chiamavano Peppino a Cassano.


Michele Miani
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