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Vangelo dell'Ascensione di Gesù PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
sabato, 31 maggio 2014 07:52
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 28,16-20.
In quel tempo, gli undici discepoli, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato.
Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano.
E Gesù, avvicinatosi, disse loro: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra.
Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo,
insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

Ascensione del Signore

1° giugno 2014

Dalla terra al cielo

Introduzione

La liturgia di questa domenica è liturgia di festa. Eppure l’evento che la Chiesa ci invita a celebrare, l’Ascensione di Cristo al cielo, non offre molti motivi per fare festa, anzi per i discepoli, che hanno assistito all’evento, sono stati molti di più per essere tristi: il Maestro se ne va, li lascia quaggiù, privandoli della sua voce, del suo volto, della sua compagnia. Ma proprio la Parola di questa domenica ci dice quali sono i motivi per cui fare festa ed essere felici. Innanzitutto, si fa festa perché l’Ascensione del Signore non è l’addio a un partito, la celebrazione malinconica di un’assenza, ma la festa di una presenza: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Cristo, un tempo e per breve tempo in Palestina, ora è presente in tutto il mondo nelle nostre Eucaristie, nelle nostre preghiere, nei nostri fratelli. E se facciamo posto nei nostri cuori. Questo ci porta a scoprire il secondo motivo della festa: con l’Ascensione inizia il tempo della Chiesa. E nelle pagine degli Atti degli apostoli (I lettura) vediamo già questa Chiesa nascente tratteggiata nei suoi lineamenti essenziali e nelle sue strutture portanti: vi sono gli apostoli, cioè i testimoni; c’è lo Spirito, testimone per eccellenza e interprete della parola di Cristo; e infine, ci sono i destinatari che sono tutti i confini della terra. È la Chiesa istituzione e mistero, la nostra Chiesa, fatta di uomini, ma anche di Spirito Santo, “vaso d’argilla” che porta, però, un grande tesoro. E veniamo al terzo motivo per cui festeggiare. L’Ascensione è anche la festa del nostro destino: “Solo il Cristianesimo ha osato collocare un corpo d’uomo nella profondità di Dio (R. Guardini). Ecco la festa dell’Ascensione è festa della presenza altrimenti, dentro ogni cosa è il Signore, si realizza interamente in tutte le cose (cf. Ef. 1,23); festa della Sua trascendenza nell’immanenza della Chiesa; festa del nostro nuovo inizio da uomini secondo lo Spirito.

ImageEsercizio di divina presenza

Per comprendere a pieno l’ultimo tassello del Mistero messianico, è più facile dire quello che non è l’Ascensione. L’Ascensione non è “altra cosa” rispetto al mistero della risurrezione, piuttosto un altro modo di esprimere lo stesso mistero, lo stesso evento: quello che nel “Credo” diciamo con le parole “è risuscitato, è salito al cielo, siede alla destra del Padre”, quello che san Paolo, nella II lettura, ricorda dicendo che Dio “risuscitò (Gesù) dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli…”. Dunque, Ascensione vuol dire che, con la sua risurrezione, Gesù è passato dal modo di esistenza terrena, propria degli uomini, al modo di esistenza eterna, propria di Dio. Ascensione non è neppure distacco, partenza e, quindi, assenza, piuttosto è un modo nuovo di essere presenza. Certo, Cristo scompare tra la nube, non c’è più nulla da vedere. È inutile seguire quel volto, è impossibile ormai toccare quel corpo. Eppure invisibilità non vuol dire assenza: Gesù è percepibile col cuore e con la mente, è visibile con gli occhi della fede. Anche se non cammina accanto a noi, condivide lo stesso cammino essendo presente nei nostri cuori. Questo è il mistero dell’Ascensione: con il suo modo di essere presenza, Cristo passa dal vangelo storico della Palestina, alla storia universale di ogni tempo, alle infinite storie degli uomini e donne che hanno stretto, e stringono, con Lui un legame di vita. Altro che assenza: dall’Ascensione noi abbiamo un Dio in agguato ad ogni angolo di strada (F. Mauriac). Ciò è possibile perché la sua Persona non è più vincolata dai limiti di spazio e di tempo. I primi a fare esercizio di questa divina Presenza siamo noi cristiani. Noi sappiamo bene che, pur volendo abbandonare il Signore, e nonostante pensassimo di vivere come se non ci fosse, tenerlo a distanza dalla nostra vita, Egli continuerebbe a restare con noi, in noi. Non occorre averlo dinnanzi come persona fisica: basta ricordarci di Lui perché si renda ancora presente; basta pensarlo, desiderarlo perché Egli ci doni la gioia di un incontro, e quale incontro! Un grande credente, Paul Claudel, preoccupato di salvare la realtà di questa Presenza, ha parafrasato le parole di Gesù: “È meglio per voi che me ne vado…”, dicendo: “È necessario che io vi sottragga il mio volto perché voi possiate avere la mia anima”. Possiate cioè riempirvi del mio Spirito. Ed è proprio sotto l’azione dello Spirito Santo che nel giorno dell’Ascensione muove i suoi primi passi nella storia la Chiesa, ovvero noi che attraverso gli apostoli abbiamo ereditato direttamente da Cristo il mandato di continuare ovunque anche ai confini della terra, la sua missione. Ma questa investitura ci parla anche della grande amicizia che Gesù ha nutrito e nutre nei confronti degli uomini. Egli, infatti, ascende al cielo e lascia quaggiù quasi niente: un gruppetto di uomini impauriti e confusi, un piccolo nucleo di donne coraggiose e fedeli. A costoro, alle loro paure e infedeltà, e venendo all’oggi, alle nostre mani così fallibili, lascia il compito di perpetuare la sua missione. Gesù crede nell’uomo, crede in noi. Egli ha fiducia in noi più di quanto ne possiamo avere in noi stessi. Per merito del suo Spirito Santo in noi, Egli sa che riusciremo: a essere lievito e forse perfino fuoco; a contagiare di Spirito chi ci è affidato; a scommettere sull’Invisibile e a ricominciare a risorgere dopo ogni caduta. Ecco cos’è la comunità dei credenti, la Chiesa. Siamo uomini e donne che non guardano immobili il cielo, ma rivestiti delle armi della luce e del coraggio, ci sforziamo di essere visibilità di Cristo, frammenti di cielo tra le case degli uomini.

ImageLa nostra festa

Allora l’Ascensione è anche la nostra festa, perché segna la solenne inaugurazione della Chiesa, realtà concreta e visibile della Persona di Cristo, espressa attraverso l’unione armoniosa di tanti volti, individualmente chiamati dal Signore per assolvere ad un duplice mandato: predicare e battezzare, ovvero essere segno e luogo di salvezza per tutte le genti. Per questo l’Ascensione è anche festa della missione. Infatti, la comunione con Cristo significa anche condivisione della sua missione. Non a caso Gesù manda i suoi apostoli a predicare il vangelo in tutte le nazioni e, attraverso gli apostoli, il mandato è arrivato a noi. Oggi noi siamo i testimoni del Risorto: tocca a noi portare il Vangelo in tutto l’Orbe terra; tocca a noi essere la visibilità di Cristo, la quale è credibile non in virtù del nostro attivismo, ma in grazia della nostra santità. Tanti secoli di storia del cristianesimo, ci dicono che solo la santità riesce a convincere della verità dell’annuncio cristiano: nessun altro “segno” conduce al Signore oltre quello della vita di fede dei suoi discepoli. Per finire l’elenco dei motivi della festa di oggi, ultimo, ma non per importanza, è quello che ci riguarda sotto il profilo personale. Oggi la Chiesa ci invita a guardare lontano, verso l’orizzonte della nostra vita: un invito a tenere accesa nei nostri cuori la fiamma del desiderio e dell’attesa, ricordando sempre “a quale speranza siamo chiamati” (cfr. I lettura). La speranza è la certezza di condividere con il Cristo non solo la missione e la resurrezione, ma anche lo stesso evento dell’Ascensione. L’Ascensione di Cristo, infatti, ci dice che non siamo più creature imprigionate per sempre nelle strette armature delle cose e nei confini del nostro pianeta, ma siamo, per grazia ed elezione divina, creature aperte all’assoluto e all’infinito. Con Gesù è la nostra umanità che è stata “innalzata” accanto a Dio.

Conclusione

Scriveva molto suggestivamente un teologo svizzero. Von Allemen, che “con l’Ascensione Dio ha fatto vedere al mondo e agli uomini, al creato e alle creature che essi sono ormai ascesi a Lui. Per comparire davanti al suo volto essi non devono rinunciare al loro corpo, devono solo rinunciare al peccato”. Ovvero, si deve aderire a Cristo nella fede e nell’impegno d’amore, solo così, infatti, saremo capaci di scuotere dai nostri calzari la polvere della terra; saremo capaci di sottrarci all’incubo della fine e del silenzio. Solo aderendo a Cristo riscopriremo tutta la gioia di essere introdotti nella dimora e nella vita di Dio.

Serena domenica.

    + Vincenzo Bertolone

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