Intervista ad Antonio NIcaso |
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Scritto da Staff.redazione | |
giovedì, 22 maggio 2014 16:46 | |
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Antonio Nicaso (Caulonia RC, 1964) è un giornalista, scrittore, ricercatore e consulente italiano, uno dei massimi esperti di 'ndrangheta a livello internazionale. Tiene corsi estivi di storia della questione meridionale e storia delle organizzazioni criminali per post laureati al Middlebury College (Vermont, USA). È autore di diversi libri tra cui alcuni bestseller internazionali che sono stati tradotti in diverse lingue. Nel 1995 ha pubblicato Global Mafia, un libro che per la prima volta ha introdotto e spiegato il concetto di partenariato criminale. Vive e lavora in Nord America. È componente dell'International Advisory Council dell'Istituto italiano di Studi Strategici Nicolò Machiavelli (Italia) e del Comitato Scientifico del Nathanson Centre on Transnational Human Rights, Crime and Security, all'Università di York (Canada). Nel 2012 è stato nominato condirettore del Centro di Semiotica Forense presso il Victoria College dell'Università di Toronto. Nicaso ha anche collaborato con saggi alle seguenti raccolte: Utopia e rivoluzione in Calabria: scritti in onore di Enzo Misefari (1993), Un'altra Calabria: lo sviluppo della regione nelle idee dei calabresi della diaspora (1997), Organized Crime & Money Laundering: The Globalization Revolution - A Business Reference for the 'New Economy' (2001), La scuola Italiana di Middlebury (1996-2005) - (2005) e Chromosomes, a project by David Cronenberg (2008) - (da wikipedia)
Patitucci Jessica Ida nasce il 29 maggio 1991. Ha sempre amato le materie umanistiche, pur non disdegnando quelle scientifiche. Nel 2010 si è iscritta alla Facoltà di Scienze Politiche presso l’Unical. Nel corso del tempo si è interessata allo studio del diritto e della Scienza politica. La sua grande determinazione l’ha portata a conseguire la laurea triennale a settembre del 2013. Attualmente è iscritta al Corso di Laurea magistrale in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni. La sua più grande aspirazione è quella di ricoprire ruoli apicali nella Pubblica Amministrazione.
Intervista al Dottor Nicaso: 1. Qual è la Sua opinione in merito ai rapporti tra la mafia, il potere e le istituzioni? Le mafie sono patologie del potere. Senza il rapporto con il potere e per il potere, farebbero fatica a superare l’usura del tempo. O meglio non sarebbero mafie. Mi riferisco a Cosa Nostra, alla ‘ndrangheta, organizzazioni che non sono mai state dalla parte dei deboli, non hanno mai combattuto i forti. Hanno sempre avuto come obiettivo denaro e potere.
2. Giacché in passato la mafia era concepita come devianza mentre oggi, per certi versi, viene considerata parte integrante del nostro sistema ,si può parlare di istituzionalizzazione della mafia? Le mafie hanno avuto sempre rapporti con il potere, i rappresentanti delle istituzioni. Sono solo cambiati i contesti, gli scenari, ma non la logica dei mafiosi, degli ‘ndranghetisti. Tanto per citare qualche esempio, nel 1869 il consiglio comunale di Reggio Calabria è stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Nello stesso anno il prefetto di Palermo definiva la mafia «un’associazione malandrinesca di cui si servono possidenti e politici che rischiano però di restarne vittime».
3. Paolo Borsellino affermò:<< La mafia e lo Stato sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio, per cui o si fanno la guerra o si mettono d’accordo >>. Lei pensa che sia possibile eliminare o quantomeno contrastare concretamente questa collusione tra mafia e classi dirigenti? Ripeto spesso che ci può essere corruzione senza mafia, ma non c’è mafia senza corruzione. Per combattere seriamente le mafie, bisogna mettere in discussione e smantellare i loro rapporti con politici corrotti e imprenditori senza scrupoli. Mafia e corruzione vanno combattute di pari passo. Sono due facce della stessa medaglia.
4. Come si possono distinguere le persone che, all’interno delle istituzioni, operano affinché si rispetti la Costituzione, se la mafia è in grado di rendere permeabile qualsivoglia istituzione? Non sono d’accordo. Non bisogna generalizzare. Le mafie hanno logiche di gruppo e di famiglie e pertanto sono nemiche del bene comune. Ci sono politici che pensano a se stessi e ai loro interessi e altri che invece hanno a cuore il benessere sociale. Bisogna sapere scegliere. L’informazione è uno strumento efficace di conoscenza.
5. C’è un’efficace strategia di contrasto alla criminalità organizzata che Lei consiglia di adottare? Bisogna rendere sconveniente l’affiliazione mafiosa, attraverso l’inasprimento delle pene. Ma bisogna anche snellire le procedure di sequestro e confisca dei beni illegalmente conseguiti. Poi, di pari passo, bisogna avviare strategie di prevenzioni che coinvolgano le scuole e le famiglie. La cultura è un’arma efficace di contrasto alle mafie. Bisogna anche promuovere l’antimafia sociale, quella del diritto al lavoro. Intorno alle mafie, bisogna fare terreno bruciato. Non c’è alternativa.
6. Le ultime domande che vogliamo porLe potrebbero sembrare forti a molti, e forse Lei glisserà, tuttavia noi non ci tiriamo indietro e Le chiediamo: cosa ha da dirci in merito alla trattativa Stato- mafia?Sa, a noi giovani è dato sapere poco su questa vicenda. Quella del rapporto tra Stato e mafia, è una storia di trattative, di patti segreti e di accordi inconfessabili. Le mafie sono state legittimate dal potere, sono servite a politici senza scrupoli e ai imprenditori senza coscienza. Dallo sbarco di Garibaldi alla strage di Portella delle Ginestre fino ai massacri di Palermo, le trattative tra mafiosi e politici sono proseguite senza soluzione di continuità. 7. Oggi più che mai si respira un clima di sfiducia nei confronti delle istituzioni. I giovani possono ancora credere nelle stesse o perlomeno in coloro che le rappresentano? Non bisogna mai perdere la fiducia nelle istituzioni. Che non vanno confuse con gli uomini che male le rappresentano. I giovani dovrebbero informarsi di più e partecipare con maggiore interesse al dibattito politico. La politica, se fatta bene, può cambiare tante cose e migliorare le condizioni di vita di un popolo. C’è bisogno di uomini e donne che intendano la politica come servizio. Non come privilegio.
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