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la telenovela dell'olio taroccato PDF Stampa E-mail
Scritto da A.M.Cavallaro   
venerdì, 07 febbraio 2014 07:52
ImagePerchè Bruxelles non vuole che sui contenitori di olio extra-vergine d'oliva prodotto in Itallia venga apposta anche l'origine delle olive? Ma è semplice, perchè le aziende più importanti che commercializzano questo prodotto, quasi tutte nel centro-nord effettivamente utilizzano materia prima proveniente da paesi diversi dall'Italia, Non stiamo ad indagare da dove e perchè, sta di fatto che ad essere penalizzati da questa mancanza di trasparenza sono proprio i produttori del sud, di quelle regioni cioè che hanno in assoluto la maggiore quantità di uliveti e che non hanno alcun bisogno d'importare olive provenienti da chissà dove. In Italia è la Puglia la prima produttrice di olio extra-vergine e subito dopo viene la Calabria, seguono, Sicilia, Campania, Basilicata ecc ecc, ma guarda caso i marchi più conosciuti nel mondo risiedono ben lontano dai nostri lidi. Recentemente sono apparse sul New York Times una serie di vignette con le quali si denuncia il suicidio dell'olio extra-vergine italiano. Nei 15 disegni veniva messo in evidenza che in Italia vengono importati olive e olio da paesi extra comunitari, il tutto miscelato con olio prodotto in patria e poi distribuito nei mercati mondiali. Non è la prima volta che i nostri prodotti d'eccellenza vengono penalizzati e certamente non per colpa nostra.

ImageIl ritornello che l'olio calabrese sia "pesante" lo sentiamo spesso anche dai nostri visitatori estivi, che come un tormentone ormai stantìo continuano a dirci che il nostro olio è "da taglio" cioè viene usato per miscelarlo con oli di origine diversa.  Roba da pazzi. Per risolvere ogni tipo di dubbi e di possibili frodi, basterebbe, come dicevamo prima, introdurre l'obbligo di indicare sulle etichette l'origine delle olive impiegate per la produzione dell'extra-vergine.
Il presidente della coldiretti calabrese Pietro Molinaro lo ha confermato in una recente intervista

"Questa sarebbe una risposta coerente alla necessità di combattere le truffe e di garantire la trasparenza alle scelte di acquisto dei consumatori" - e aggiunge che -  "i prezzi pagati agli agricoltori calabresi  sono crollati al di sotto dei costi di produzione e questo mette a rischio il futuro del settore, che nella nostra regione può contare su: 84.638 aziende agricole ad indirizzo olivicolo, 189.375 ettari di superfice agricola investita in olivo, 215milioni di piante, 2milioni e 600mila quintali di olio, tre Dop riconosciute e l'Igp Calabria in fase di riconoscimento, 600milioni di Euro di valore medio della produzione, 15milioni di giornate lavorative. Le vignette di Nicholas Blechman fanno invece apparire, che la produzione nazionale di extravergine sia un covo di truffatori, protetti dal potere politico, che importano olio dall'estero da adulterare e miscelare con quello nostrano per poi spacciarlo come Made in Italy, sfuggendo anche ai controlli dei nuclei specializzati delle forze dell'ordine. Un crocevia di traffici e triangolazioni che comporteranno una immagine negativa sulle vendite all'estero dei nostri prodotti. Una situazione, che conosciamo bene tutti, politica compresa, ma alla quale non si vuole dare una risposta chiara. Una legge per la trasparenza e l'etichettatura c'è, è stata approvata dal Parlamento Italiano dopo lunghe ed estenuanti battaglie della nostra organizzazione, ma Bruxelles sta tentando di insabbiarla. Ad uscirne sconfitta è anche l'agricoltura della nostra regione, fatta da persone serie, degli imprenditori che producono con passione, amore e rispetto del consumatore".

Le dichiarazioni del presidente della coldiretti calabrese ci sembrano particolarmente allarmanti ed è necessario correre subito ai ripari in un momento economico delicato in tutto il paese, ma particolarmente nel mezzogiorno dove l'unica risorsa è proprio l'agricoltura di qualità. Particolarmente sentito negli ultimi tempi è il problema della promozione del nostro territorio, e ci si affanna in tanti a cercare attrattori di natura architettonica, culturale e paesaggistica, ma non si tiene conto abbastanza della nostra maggiore fonte di reddito che determina poi il 90% del PIL regionale e cioè l'agricoltura. E' inutile che ci si affanni con la ricerca spasmodica di opere d'arte, di palazzi e castelli da far visitare quando non si è coscienti che i prodotti della terra sono per il momento l'unica grande risorsa della Calabria. Nessun tipo di promozione territoriale è possibile senza tener conto di questo importantissimo dato di fatto.
Pare che il New York Time, dopo le vibrate proteste delle organizzazioni di produttori abbia fatto una parziale marcia indietro. Hanno modificato alcune delle vignette e le relative didascalie scrivendo che solo in alcune raffinerie italiane l'olio viene miscelato con prodotti provenienti da Spagna, Marocco ecc, di qualità scarsa o adulterato per mezzo di componenti chimici, precedentemente si affermava che tutto l'olio prodotto in Italia era fatto in questo modo.

ImageInsomma il giornale americano ha fatto una ripulita al suo pezzo ma la sostanza non è cambiata e cioè che nei consumatori americani, e non solo, è stato insinuato un ulteriore dubbio sulla scarsa credibilità del Made in Italy e noi continuiamo a consumare bevande e cibi particolarmente dannosi provenienti proprio dagli Stati Uniti senza che nessun giornale di larga tiratura abbia il coraggio di denunciarlo apertamente, è il caso della Red Bull, tanto per fare un esempio.

Forse un po' di sana AUTARCHIA nel consumo giornaliero di cibi e  bevande farebbe bene alla nostra salute e alla nostra debole economia.

Antonio MIchele Cavallaro

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