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Sibari

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Il sangue innocente ricade su tutti PDF Stampa E-mail
Scritto da A.M.Cavallaro   
lunedì, 20 gennaio 2014 17:30
ImageSul tremendo fatto criminale, che ha sconvolto non solo i cittadini di Cassano, ma di tutta l'Italia, tantissimi sono i commenti di profondo disgusto e di condanna nei confronti di chi ha avuto il coraggio di un gesto di tale efferatezza. Anche ieri sera Nel programma televisivo "Che tempo che fa" condoto da Fabio Fazio, il giornalista de "La Stampa" Massimo Gramellini, ha parlato dell'accaduto e in qualche momento s'intravedeva la grande emozione che lo pervadeva nel commentare la tremenda notizia. A chi si meraviglia dell'accaduto, anche se non si era mai giunti all'uccisione di un innocente, ricordiamo che nel nostro territorio, meno di un anno fa è stato ucciso un uomo davanti a casa sua, omicidio per il quale non si conoscono ancora i risultati delle indagini, che siamo letteralmente circondati da una massa di persone disperate che sono disposte a tutto per una manciata di euro, che la prostituzione dilaga, che il malaffare anche nella vita quotidiana è sempre presente.  (nella seconda parte trovate anche l’intervento di Massimo Gramellini ne “Il tempo che fa”)

Per malaffare intendiamo anche i "favori", i "particolarismi", le gare di appalti "truccate", il voto più alto all'esame di stato, ecc ecc ecc. La criminalità non nasce e cresce in modo esponenziale senza motivo, e, proprio la ricerca di questi motivi  ci deve dare da pensare, chissà che tutti noi non si sia responsabili alla fine anche di questo atroce gesto?

(Nel seguito gli articoli  de La Stampa e della Gazzetta del Sud. In formato PDF l'articolo di Mimmo Gangemi che fa una disamina allargata del fenomeno criminale che è sfociato in questo ulteriore gravissimo delitto).

(Cliccare qui per il video di Massimo Gramellini)

L'ARTICOLO DE "LA STAMPA"

Bimbo massacrato e bruciato col nonno - Choc in Calabria per la vendetta mafiosa - Cassano allo Ionio, uccisa anche la compagna dell’uomo - L’agguato potrebbe essere legato al traffico di droga  L’orrore non conosce limite nella piovosa mattinata di Cassano allo Ionio, nel cuore della piana di Sibari, ai piedi del  massiccio del Pollino. Un bimbo di 3 anni prima assassinato e poi bruciato nella macchina insieme al nonno e a una giovane marocchina amica dell’uomo.  Contrada Fiego, zona impervia sopra il paese, è il crocevia di questo nuovo massacro di mafia. Quando ieri mattina un cacciatore ha visto una Fiat Punto bruciata ed ha avvertito i carabinieri c’era già il sentore che si trattasse proprio di loro, di quei tre scomparsi da un paio di giorni e di cui si cercavano disperatamente le tracce.  Poi la macabra scoperta: all’interno c’erano tre cadaveri, anch’essi carbonizzati dall’incendio che ha consumato i corpi fino a ridurli allo scheletro. Identificazione ovviamente difficilissima ma ormai è diventata quasi una certezza che si tratti del sorvegliato speciale, Salvatore Iannicelli, di 52 anni, di Cassano allo Jonio; di Ibissa Touss, marocchina di 27 anni, e del nipotino dell’uomo, un bimbo di tre anni.
Il procuratore della Repubblica di Castrovillari, Franco Giacomantonio, è con le mani nei capelli: «Come si fa a uccidere un esserino di tre anni in questo modo? Si è superato ogni limite. E’ qualcosa di inaudito, di orrendo. In tanti anni di lavoro credo che questo sia uno degli omicidi più efferati di cui mi sono dovuto occupare».
Uno dei tre cadaveri, quello di un adulto, era nel bagagliaio della Fiat Punto, forse di Iannicelli stesso visto che il corpo di un’altra persona era seduto sul lato passeggero mentre sul sedile posteriore c’erano i resti di un bambino. Indagini della Procura della Repubblica di Castrovillari per capire se i tre siano stati uccisi altrove. L’auto era fredda, quindi questo fa pensare siano trascorse molte ore dal rogo, ma il freddo della zona di campagna del Cassanese e la pioggia potrebbero falsare i tempi di calcolo.  
Iannicelli e la donna nordafricana avevano, da tempo, intrecciato una relazione. Il bambino viveva con il nonno a cui era stato affidato dopo che sia il padre che la madre, figlia di Iannicelli, erano finiti in carcere per reati legati allo spaccio di droga. La vita del bimbo, però, era già stata stravolta da altre esperienze durissime, come il soggiorno in carcere insieme alla madre e la permanenza per oltre otto ore nell’aula bunker di un tribunale durante l’udienza del processo in cui la donna è imputata. Anche Salvatore Iannicelli aveva precedenti per reati legati allo spaccio di sostanze stupefacenti ed era stato in carcere per alcuni anni.
La scomparsa di Iannicelli, della donna e del bambino era stata denunciata ai carabinieri di Cassano allo Jonio da uno dei figli dell’uomo preoccupato per il mancato rientro dei tre. Il ragazzo si è allarmato per la scomparsa dal momento che il padre, per la misura cui era sottoposto, era obbligato a rimanere a casa dalle 8 di sera alle 8 di mattina. La droga, appunto. Sembra ormai certo che si tratti di una vendetta mafiosa legata al traffico di droga. Gli stupefacenti sono, infatti, il filo conduttore delle vicende giudiziarie della famiglia Iannicelli. A partire dal capofamiglia: il suo nome negli Anni 90 finisce nelle informative degli investigatori. Prima l’indagine Borgo pulito e poi l’operazione Katrina svelano il ruolo da protagonista dell’uomo nel traffico di sostanze stupefacenti nell’alto Ionio cosentino. Indagini che hanno coinvolto sua moglie e con il passare degli anni anche le sue due figlie.  
Un anno e mezzo fa Iannicelli è finito nuovamente in manette con l’accusa di violenza sessuale e sequestro di persona. Iannicelli è anche lo zio di Tommaso, conosciuto con il nomignolo di «calciatore» per il suo passato di attaccante nella Luzzese. Ma secondo le indagini l’ex bomber è diventato l’anello di congiunzione tra la famiglia e il clan degli zingari egemone su quella parte di Calabria.  

Giulia Veltri - La Stampa

 

L'ARTICOLO DELLA GAZZETTA DEL SUD

"Prima di lanciare appelli, d'altra parte io penso che quei cadaveri così carbonizzati, soprattutto il volto carbonizzato di quel bambino, sono appelli, diciamo, senza parole, ma con parole veramente forti che vengono a tutti quanti noi in maniera chiara, spontanea". Lo ha detto il segretario generale ad interim della Conferenza episcopale italiana, mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano allo Jonio.

ImageIl Vescovo di Cassano, che ieri si era recato sul luogo del ritrovamento dei tre cadaveri, ha affermato anche che "la preghiera, in certi momenti, è diventata, lasciatemelo dire, rabbia, ma anche senso di impotenza. Rabbia perché siamo arrivati ad un momento in cui il grido di un bambino, e di questo si è trattato, tra l'altro, non viene ascoltato. Anzi si dice tu non vali niente, le tue speranze non mi interessano, io ho altri interessi. Questo mi ha fatto rabbia". "Poi un senso di impotenza - ha proseguito - rispetto ad alcune reazioni che già sento in giro, quasi una sorta di fatalismo, come se queste cose dovessero far parte inevitabilmente della nostra storia, della nostra vita, delle vite delle nostre piccole città. Ecco, allora: ma che appello devo fare, se non dire cerchiamo di stare attenti a non sentirci condannati, a non sentire, a non dover pensare che certe realtà, certe zone, certe situazioni debbano essere situazioni condannate per sempre a rimanere in quelle direzioni. Io sono convinto di una cosa: il male si nutre anche di complicità e complicità sono i silenzi assordanti, sono gli interessi personali o familiari raggiunti costi quel che costi, sono i privilegi che molto spesso ci si attribuisce a scapito degli altri". "Quei tre cadaveri sono, a mio parere il terminale, di una deriva morale, prima di tutto".

Lo ha detto all'ANSA il segretario generale ad interim della Conferenza episcopale italiana, mons. Nunzio Galantino, vescovo di Cassano allo Jonio. "E' vero - aggiunge - c'è la crisi economica e la crisi politica, con questo teatro che continua a mettere in giro gli stessi pupazzi vestiti diversamente, ma sempre impegnati a sopravvivere a se stessi. Questa è la scena a cui stiamo assistendo". Mons. Galantino ha evidenziato, inoltre, che "mentre da una parte c'è tutto questo, dall'altra c'è gente che fa i suoi affari, i suoi mali affari, e noi, compresi noi uomini di Chiesa, stiamo lì a baloccarci". "Allora io mi chiedo, veramente, se tutto quello  che stiamo facendo - ha proseguito il presule - abbia davvero un senso, se tutto quello che stiamo facendo è davvero un antidoto al male, perché il male si vince con il bene, il male non si vince con le chiacchiere, non si vince facendo cerimonie senza domani, non si vince proponendo cose assurde o che non si capisce da che parte vanno, ma proponendo gesti concreti". "Chiediamo ai giovani - ha concluso - di uscire un po' di più per le strade; chiediamo alla nostra Chiesa di essere più presente, di andare per strada non solo per far processioni, ma anche per dire che Cristo ci chiede qualcosa di più.

Smettiamola di pensare che quello che è successo ieri sia un fatto che interessa la malavita, e noi dove stiamo?. La malavita sporca anche noi, interessa anche noi, ci vede, purtroppo, anche se inconsapevolmente, complici di questa realtà".

 

(Cliccare quì per l'articolo di Mimmo Gangemi)

 

 

 

 

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