Il Natale che non si racconta |
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Scritto da L.Niger | |
mercoledì, 25 dicembre 2013 07:40 | |
![]() Per i non fortunati, come lo scrivente, il Natale accentuava il senso della povertà, anche quella più dignitosa, faceva sentire con acutezza e con più dolore il meccanismo di esclusione dai confort, dall’abbondanza, dai giocattoli, invano desiderati. Per non parlare di quelli che vivevano nella pena e tra le lacrime. Un Natale da non rimpiangere, anzi , da quelli più sensibili e sofferenti, vissuto con disagio, prima e durante, con sollievo, dopo. Finalmente, è passato. Oggi come ieri, pur con alcuni cambiamenti nelle persone e nelle classi sociali (a dispetto degli studiosi all’avanguardia, ancora esistono) , le due aree, fortunati e non fortunati, per caso o per destino, si ripropongono e con la crisi, che abbiamo vissuto e che stiamo vivendo, lo scarto si è approfondito e dilatato in modo scandaloso e vergognoso. Tempo fa, su questo sito, avevo parlato di una terza guerra nel nostro paese e a qualcuno era sembrato eccessivo con la relativa accusa di catastrofismo. Pochi giorni fa, il Presidente della Confindustria ha evocato la realtà dell’esperienza della guerra e del dopo, fatto di macerie e di rovine. Sorge immediata la domanda: bene presidente, ma lei nel corso della guerra con i suoi industriali da che parte stava? In questo clima, dove anche le stelle piangono e il sole è nero, che c’è da festeggiare? La miseria, il dolore, la rabbia, l’assenza di futuro, i malati non curati, i bambini abbandonati, gli anziani soli, gli emigranti nudi tra i lavaggi e le loro bocche cucite (non metaforicamente) e tutti coloro che sono ai margini, poveri, deboli, esclusi…? Che c’è da festeggiare? Non pochi oggi vivono in trincea come i nostri poveri soldati massacrati durante la prima guerra mondiale, nel nome di una patria di cui non sentivano l’ appartenenza e del capitale: stavano tra brandelli di muro e tra i tanti morti ammazzati, anche se “nel cuore nessuna croce manca”, come scriveva Ungaretti (San Martino del Carso). Che c’è da festeggiare? Non hanno senso gli spari, gli schiamazzi, il lusso ostentato, le mascherate e il mostrare forzosamente una serenità o una gioia che non ci sono. Preferisco restare “tra le quattro capriole di fumo del focolare” per pensarmi, e pensarvi.
Luigi NIGER |
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