Sibari: Dopo la sceneggiata l'oblio |
Scritto da A. Canonico | |
sabato, 14 dicembre 2013 08:09 | |
La Procura Della Repubblica del Tribunale di Castrovillari ha aperto, qualche settimana fa, un'indagine sulla tracimazione del Crati e l’allagamento del parco archeologico di Sibari. L’occasione, pur nella drammaticità della questione trattata, risulta propizia per riprendere con determinazione una questione: quella dell’inquinamento di tutto il territorio della sibaritide, che dopo i soliti fuochi di paglia accesi in occasione di appuntamenti politici particolari: elezioni comunali o regionali ma anche in occasioni di elezioni politiche nazionali, ricade come per incanto, come avviene spesso in politica, nuovamente nell’oblio dell’opportunismo politico dei politici di turno. Dicevo, l’occasione è propizia in quanto, penso, sia arrivato il tempo per chiedersi definitivamente se siamo veramente convinti, come “Sibariti”, che questo territorio sia ancora depositario delle bellezze e della salubrità di cui avevano goduto i nostri avi famosi, a cui, inevitabilmente, ci riferiamo ogni qual volta si parla di questa terra così dotata sotto l’aspetto delle bellezze visive ma sicuramente così deturpata sotto l’aspetto della integrità della salubrità del suo territorio.
Ormai non passa anno che gli straripamenti del Crati non ci riconducono con la memoria al 500 A.C. e alla sua mirabile storia ma, gli avvenimenti del 2012, l’ennesima esondazione del fiume, la sommersione completa del parco archeologico che ha coperto di fango i reperti, rischiando di cancellare definitivamente le tracce della storia, e l’allagamento della frazione Lattughette, della città di sibari, hanno fatto temere al peggio e tremare i polsi delle vedette adibite, per oltre quindici giorni al controllo degli argini e del livello del fiume. Sembra che gli oltre duemila anni non siano bastati a far prendere coscienza alle popolazioni sibarite della forza del fiume! Ma le cose non sono certo come duemila anni fa, per fortuna, poiché l’attuale portata del fiume non è sicuramente rapportabile a quella d’allora. Oggi l’incuria dell’uomo, il suo deteriore rapporto con la “Sorella Natura”, la sua mancanza di rispetto nei confronti di essa, dei propri figli e dei propri fratelli mostra in tutta la sua tragica immanenza la stupidità e l’avidità degli individui. Gli alvei del fiume, che già per conformazione orografica del territorio, non agevolano certo l’immissione nello Ionio, nell’approssimarsi alla costa sono fortemente ostruiti da terreno riportato sul quale sono stati impiantati agrumeti di tutto rispetto, per ampiezza, ma anche per robustezza delle piante, che denotano, così, la loro insistenza sul territorio per un periodo temporale di oltre quindici anni; pressoché, mediamente, otto campagne elettorali! Alle corresponsabilità umane ,legate a questi eventi di carattere idrografico, bisognerebbe legare altri aspetti parimenti importati, rispetto alla tutela del patrimonio storico-culturale! Quelli relativi alla tutela della salute personale e collettiva degli individui che impattano con le problematiche relative all’inquinamento del fiume, sono le due facce della stessa medaglia: quella della quiescenza delle coscienze civiche dei cittadini che vivono passivamente sulla propria salute gli effetti di questo problema e quella delle istituzioni che attraverso la loro ipocrisia politica diventano carnefici e vittime al tempo stesso. Osservando il fiume, in qualsiasi periodo dell’anno, si notano facilmente i suoi colori cangianti che conferiscono ad esso i colori dell’iride, cosicché, a seconda dei rifiuti sversativi, diventa di colore grigio scuro, marrone e, a volte, torbidamente maleodorante! Leggende metropolitane sostengono che lo sversamento di inquinanti nel fiume avviene in diverse parti del suo tragitto, verosimilmente in quelle più appartate, probabilmente. Ma anche gli effetti delle dilatazioni dei terreni limitrofi dalle sostanze anticrittogamiche e disserbanti non sono trascurabile. È vero che alle leggende metropolitane non bisogna mai credere, ma è altresì vero che in quindici anni non ho mai visto quelle acque, limpide e trasparenti. Il Crati è il fiume più importante e più lungo della Calabria, 91 Km il suo corso, portata 36 m3/sec e, dalla città di Aprigliano - CS, attraversando la piana di Mongrassano, Torano e Tarsia, dopo aver raccolto diversi affluenti tra i quali il Mucone e il Coscile, arriva al mare, probabilmente drogato, per come abbiamo detto prima, bagnando territori abitati come quello delle Lattughelle. Ci piove addosso una grande preoccupazione! E un interrogativo è d’obbligo: come mai tante morti per tumori e leucemia? Ed è proprio il caso di dire che piove sul bagnato se pensiamo alle ferriti di zinco sepolte nel sottosuolo di Sibari! E, come una grande maledizione, oltre alle ferriti sembrano essere state sepolte anche le discussioni, le rifessioni e gli impegni per la definitiva bonifica territoriale! Dall’altra parte, silenziosi e minacciosi i cumuli di eternit, a cielo aperto, soggetti agli effetti di trasporto del vento e di altri agenti atmosferici. Siamo diventati commercianti bravissimi! Abbiamo imparato a fare affari anche con la morte! Ma non siamo becchini! siamo solo commercianti! Antonio Canonico |
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