Mandela: la sfida del coraggio e la forza del perdono |
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Scritto da A. Canonico | |
domenica, 08 dicembre 2013 09:27 | |
Poi, nei giorni successivi, riascoltando la notizia decine e decine di volte, mi è capitato di riflettere più pacatamente sull’accaduto: con la sua dipartita dal mondo “dell’Essere” è venuto a mancare l’interprete per eccellenza, l’incarnazione della lotta per la LIBERTA’ contro ogni forma di razzismo e sopruso dell’uomo sull’uomo. E insieme agli Zulu, Xhosa, Tswana, Boeri, Boscimani, milioni di persone, con le loro lacrime, hanno colmato le fonti dello Zimbabwe, dello Botswana, del Transvaal, dell’Orange e di tutta la Provincia del Capo. Alle fonti delle limpide lacrime si sono radunati stirpi immense e tutti gli animali del Creato Africano: i barriti degli elefanti e i ruggiti dei leoni piangono la morte del leader di tutti i tempi e sono, al contempo, gioiosi perché sanno di non averlo perso, così come non lo abbiamo perso noi. Insieme a loro, abbiamo compreso che il grande compagno sarà sempre in mezzo agli ultimi, a città del Capo, a Johannesburg, a Soweto simbolo della discriminazione e del segregazionismo, e la sua figura da morto sarà utile quanto e come da vivo. Il terreno è stato arato e preparato e su di esso si è seminato. Con la sua vita ci ha insegnato che cos’è la lotta democratica, e con la lotta democratica ci ha indicato il sentiero della libertà. Con la sopportazione dell’isolamento e della tortura ha educato il suo essere alla libertà del pensiero dalla schiavitù dell’odio e ha elevato la sua saggezza; con l’amore come principio imprescindibile, e la detenzione, ha demolito la torre dei suoi carnefici. Ventisette anni di reclusione non hanno acuito la sua rabbia contro l’oppressore e non l’hanno mutata in vendetta sull’uomo, ma hanno accresciuto il suo senso di leadership incarnando il senso più nobile della lotta politica contro l’apartheid e contro il potere: quello politico, che poi è quello economico. Con i suoi discorsi ha educato le coscienze dell’ANC e dei neri allo spirito del rispetto dell’altro come al rispetto del fratello, dissipando nella lotta contro il razzismo, i fuochi dell’ira e della violenza. Dopo anni di segregazione e discriminazioni razziali violentissime, con l’avvento di Mandela è cominciata, per i neri del Sudafrica, una nuova fase nella lotta rivoluzionaria, più tollerante e democratica. Il cambiamento ebbe un’accelerazione il 2 febbraio del 1990 allorquando venne legalizzato l’ANC (African National Congress) e liberato Mandela nove giorni dopo. Mandela era in carcere dal 1962; ha scontato una pena detentiva di ventisette anni per la sua attività politica contro l’apartheid. Da quel momento il suo messaggio politico per un Sudafrica democratico e libero da ogni forma di razzismo si diffuse in ogni parte del mondo aprendo la strada alla mobilitazione, alla educazione di decine di milioni di persone, ancora prive dei più elementari diritti civili: il diritto di cittadinanza, di giustizia, e di diritto al voto. È stato presidente della Repubblica Sudafricana dal 1994. L’anno 1993 con De Klerk, aveva ottenuto il premio Nobel per la pace. Lascia tutti con questo impegno, monito per tutti i compagni, spiriti liberi, come il sottoscritto: <<Ho lottato contro il dominio bianco e contro il dominio nero. Ho coltivato l’ideale di una società libera e democratica nella quale tutti possono vivere uniti in armonia, con uguali possibilità. È un ideale per il quale spero di vivere. Ma se dovesse rendersi necessario, per questo ideale sarei disposto a morire.>>
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