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Vangelo di Domenica 3 Novembre PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
sabato, 02 novembre 2013 23:11

ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 19,1-10.
Entrato in Gerico, attraversava la città.  Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,
cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.
Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.  Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «E' andato ad alloggiare da un peccatore!».  Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto».  Gesù gli rispose: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo;
il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

XXXI Domenica del tempo Ordinario

3 novembre  2013

Un giorno per caso!

 

Introduzione

Nel brano del Vangelo di questa XXXI domenica del tempo ordinario al centro

della narrazione è di nuovo un pubblicano. Anche lui un piccolo grande uomo,

ovvero se agli occhi degli uomini è odiato e giudicato peccatore senza speranza di

salvezza, agli occhi di Dio invece è liberato, salvat, ma, prima di tutto, amato.

Domenica scorsa tutto si svolgeva all’interno di una parabola, in questa

domenica il brano ci racconta un fatto accaduto realmente. L’episodio di Zaccheo, è

di lui che si parla, si presenta come una bella storia forse più adatta ai bambini. Ma a

noi adulti che cosa dice?

Innanzitutto ci parla dell’agire e del pensare di Dio che, totalmente diverso,

anzi all’opposto di quello dell’uomo, ci spalanca il cuore ad una grande speranza. Dio

che ha fatto le cose in grande non trascura i particolari, non dimentica nessuno: per

Lui ogni uomo merita amore e perdono.

E quando si ripete con il Salmo “la gloria di Dio è l’uomo vivente”, si ha la certezza

che l’”uomo vivente” è anche il piccolo Zaccheo, ovvero l’uomo che vive nel

peccato: dunque, ciascun essere umano, specie protetta dall’amore di Dio, che ,anche

sotto il peggiore letamaio, sa estrarre il fiore del pentimento.

Quindi ci siamo noi che, come Zaccheo, di questa attesa di Dio, della sua cura

e protezione dobbiamo avere desiderio. E vero è nella natura amorevole del Padre

venire verso il figlio perduto, ma è anche vero che a chiamarlo deve essere il

desiderio intenso del figlio.

E, per finire, l’efficacia di un incontro. Perché una persona cambi non c’è

bisogno di rimproveri o prediche, occorre piuttosto un incontro di valore : l’incontro

con un Dio che ama rende capaci di amare e donare. E questa è conversione.

 

L’oggi della salvezza

Persino oggi che ci sentiamo così sfiduciati e abbandonati; persino oggi che il

cuore dell’uomo si è lasciato sedurre dalle strettoie del successo, del potere e

dell’interesse, dimenticando di essere fatto per l’infinito. Persino oggi che ci

accontentiamo di vivere dentro il recinto delle nostre comodità e non osiamo

spingerci oltre per trovare la vera felicità. Persino oggi la salvezza è entrata nelle

nostre case e nei nostri cuori.

Da qui deve partire la nostra speranza, da qui deve nascere la gioia contagiosa

di sapere che Dio ha ancora desiderio di noi. Queste certezze coincidono con la fine

del brano evangelico: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa” (Lc 19,9). Ma per

noi queste parole devono essere l’inizio di un cammino di conversione che parte da

un desiderio ridestato, spinge a “salire” su un albero, ci coglie di sorpresa nel

constatare che non siamo noi ad incontrare ma siamo stati “incontrati” per primi; e,

dopo la sorpresa, ci rende docili all’accoglienza e, infine, al cambiamento.

È tutto un gioco di “movimento” che mette in moto anima e corpo, l’uomo ne

è interamente coinvolto.

Gesù “entrato in Gerico ed attraversata la città”, in cui un uomo, Zaccheo, conduce

una vita ricca e divertente. Subito la situazione si capovolge. Quell’uomo è curioso e

“cerca di vedere” Gesù; si sforza di farsi largo tra la folla, ma poiché ogni sforzo è

inutile sale su un albero nell’attesa che Cristo “passi di là”. All’improvviso,

l’inatteso: quando Gesù finalmente “giunge”, “alza lo sguardo” e inaugura per

quell’uomo l’inizio della vera vita, che ha come meta la salvezza. Zaccheo, “Scendi

subito perché oggi devo fermarmi a casa tua”. (Lc 19, 5) sceso in fretta, va ad

accogliere Gesù a “casa sua” e tutto “cambia”: il ladro non solo non ruberà più, ma

restituisce più del maltolto.

Quindici verbi di movimento per raccontarci una conversione, un ritorno, un

incontro tra Dio e l’uomo.

Tutto inizia da un desiderio di vedere, Zaccheo non spera neppure di incontrare

Gesù, conosce la piccolezza del suo animo, per questo non osa in qualcosa di più.

Eppure, la consapevolezza dei suoi limiti non lo immobilizza; il suo desiderio è più

forte e lo spinge a trovare una soluzione: un albero. E l’albero diventa la sua libertà.

La libertà è il respiro stesso dei Vangeli e all’avvicinarsi di Gesù ne è carica l’aria.

Ma come forte è il desiderio di vedere, altrettanto forte è l’aspirazione ad essere visto.

Gesù alza lo sguardo e chiama per nome. La distanza si annulla: Chi si cercava si

rivela come colui che alza gli occhi cercando l’uomo. Il cercatore si accorge di essere

cercato; colui che desidera si scopre oggetto di desiderio; l’amante scopre di essere

amato.

Quanto è grande Dio! egli ci ripesca, lì dove crediamo di essere arrivati, ci

stana, ci rincorre perché ci ama davvero così come siamo, senza volerci giudicare. E

noi, che abbiamo la convinzione di cercarlo, alla fine, dobbiamo arrenderci

all’evidenza: siamo stati da sempre cercati.

Quanto è grande Dio! Deve fermarsi. È questa la nostra forza, la nostra speranza, la

nostra gioia, il lievito stesso della nostra vita: Dio deve. E non per le nostre suppliche

o la nostra buona condotta, ma deve venire per un suo dovere interno, per un bisogno

che gli urge nel cuore, perché lo spinge un fuoco e un’ansia, sapendo che all’uomo

manca. Ma Dio viene se a chiamarlo è il nostro desiderio, la nostra volontà

d’incontrarlo.

Ed è questa un’altra grandezza di Dio: il suo amore è disinteressato, si rende presente

ma non s’impone; ci perdona prima del nostro pentimento; ci ama prima del nostro

amore; non cambia la nostra personalità, ma fa nascere in noi il desiderio di

cambiare.

 

Una luce improvvisa

Il movimento, dunque, è tutto in un cammino di conversione, ma non va

trascurata affatto la forza travolgente dell’incontro, il momento decisivo degli sguardi

che si incrociano, giacché è nello stesso istante in cui avviene l’incontro che si

compie il “miracolo” del cambiamento.

E l’incontro con Dio è l’incontro della vita: rinnova il cuore, lo libera, lo fa

Vangelo. Tuttavia l’incontro è veramente sconvolgente se ad essere incontrata è una

persona non una idea. Così, se nella nostra vita dubitiamo che alla fine possiamo

veramente cambiare, vuol dire che Cristo non lo abbiamo incontrato veramente.

Infatti, il cambiamento non è la condizione ma la conseguenza dell’incontro con

Cristo; e viceversa si trova Cristo non come risultato di una condotta onesta, prima lo

si trova e poi si cambia.

È questa la dinamica di quanti hanno sperimentato l’avventura della

conversione: da una vita consumata in assenza di Dio, il passaggio ad una vita donata

in presenza di Dio: tutto è stato stravolto, rovesciato; nulla è rimasto come prima.

L’evidenza di Dio, l’evidenza fatta presenza e fatta persona, la Sua dolcezza, non

passiva ma attiva, riesce a infrangere anche la pietra più dura, persino quella ancora

più dura del nostro cuore. E il cuore cambiato è un cuore pentito, un cuore leggero,

un cuore libero e gioioso.

 “La Sua irruzione straripante, totale, s’accompagna con una gioia che non è altro che

l’esultanza del salvato, la gioia del naufrago raccolto in tempo; con questa differenza,

tuttavia, che è proprio nel momento issato verso la salvezza che acquisto coscienza

del fango nel quale ero immerso senza saperlo, e che mi chiedo, vedendomene ancora

impastato a metà corpo, come abbia potuto vivervi e respirarvi” (A. Frossard)

 

Conclusione

Nel famoso Diario di un curato di campagna Bernanos scriveva: “Non fosse

per la vivificante pietà di Dio, mi sembra che al primo prendere coscienza di se stesso

l’uomo ricadrebbe in polvere”. Sì, è l’amore di Dio che ci evita la polvere, perché il

nostro Dio è il Dio della vita, che sempre crea e ama, che è eternamente fiducioso di

noi.

Tuttavia non dimentichiamo che se noi siamo “la gloria di Dio”, la nostra vita è

la “visione di Dio”. In altri termini, l’uomo è l’espressione dell’amore di Dio, per

questo Egli ci ha creati per l’infinito e la pienezza, ma nel momento stesso in cui il

soffio divino è entrato in noi ha seminato anche il desiderio naturale di Dio. Per

questo la storia tra Dio e l’uomo è storia d’amore: cii cerca, ci trova, ci incontra e ci

ama.

Serena domenica.

+ Vincenzo Bertolone

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