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Vangelo di Domenica 1 Settembre PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
venerdì, 30 agosto 2013 19:44

ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 14,1.7-14.  - Un sabato era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo.  Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una parabola: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l'ultimo posto. Invece quando sei invitato, và a metterti all'ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l'aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini, perché anch'essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

XXII Domenica del tempo Ordinario

1 settembre 2013

Umiltà cercasi

 

Introduzione

Sorprende ogni volta scoprire come la Parola possa parlare alla nostra vita così

direttamente, rispettandone i ritmi e i tempi: per tutta l’estate, quando i ritmi sono più

lenti e il tempo per antonomasia è votato al riposo e alla vacanza, la Parola ci invitava

alla meditazione, all’interiorità, alla riscoperta della centralità di Dio nella nostra

esistenza.

Invece, in questa domenica, la XXII del tempo ordinario, e l’ultima di Agosto,

riecheggia dalle pagine della Scrittura un invito alla modestia, a ricercare l’ultimo

posto, a donare senza aspettarsi il contraccambio: “Figlio, nella tua attività sii

modesto, sarai amato dall’uomo; gradito a Dio. quanto più sei grande, tanto più

umiliati” (Sir 3,19-20); “Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al

primo posto […] và e mettiti all’ultimo posto […] Quando hai un banchetto, invita

poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti” (Lc 14,

8.10.13-14).

Questi sono certamente preziosi suggerimenti per come poter affrontare al

meglio le incombenze della vita quotidiana: il lavoro, la scuola, i rapporti

interpersonali, le piccole noie di tutti i giorni e i fastidiosi imprevisti dell’ultimo

momento. Ciò che viene trasmesso dall’antica sapienza del Siracidee dalle parabole

del Maestro è molto di più di un semplice insegnamento etico, è un vademecum per

affrontare la vita in modo diverso, riscattandola ad un livello qualitativamente

migliore; ma soprattutto, preparandola alla dignità del Regno.

Si tratta, in definitiva, di vivere, affrontare e vedere le cose da un punto di vista più

alto e profondo, il punto di vista di Dio, anticipando così quella pace e quella gioia

future, ricevute in eredità e da guadagnarci vivendo.

Certo, molti sono gli ostacoli che impediscono una simile visuale, ma se ci si

sforzasse di accettare ogni giorno, con coraggio, la sfida, ci renderemmo conto che

nella lotta non siamo soli: con noi c’è un valido alleato, uno che ha segnato già il

cammino da fare, che dell’umiltà ha fatto il suo punto di forza, dell’ultimo posto “il

biglietto vincente” per il Paradiso, del dono gratuito la regola assoluta di tutta la vita.

 

Lezioni di umiltà

“Non aspirate a cose troppe alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi

un’idea troppo alta di voi stessi” (Rm12,16); “Chi disprezza la gloria otterrà quella

vera” (Livio); “Se desideri essere grande non cercare di esserlo: vedrai come lo

diverrai davvero. L’aspirazione ad essere grandi, infatti, è propria delle persone più

meschine…” (Giovanni Crisostomo); “Un vero grande uomo non può essere che

umile. Egli conosce quanta pochissima parte abbia la volontà sua ne concepimenti di

lui, quanto egli debba tutto ad un incontrollabile estro che non si sa, fino ad oggi,

donde venga, come esploda, perché fugga” (Carlo Dossi); “L’umiltà ci rende forti, e

poi sapienti; l’orgoglio, deboli e stolti” (Nicolò Tommaseo).

Potremmo continuare a lungo con un elenco di citazioni di pensatori e scrittori, di

tutti i tempi e di diverse estrazioni culturali e religiose, o di nessun credo, che hanno

parlato di umiltà, di modestia, di senso della misura e della discrezione, ora

esaltandoli ora denigrandoli.

Ma per noi è sufficiente fissare l’attenzione sulla scena evangelica propostaci

dalla Liturgia odierna e raffigurata da Luca “in presa diretta”. Giacché ogni

insegnamento di Gesù non è avulso dall’orizzonte concreto in cui Lui e i suoi

ascoltatori sono immersi, anzi, tuttaltro, ogni insegnamento prende spunto dalle

piccole miserie, dalle virtù, dai gesti quotidiani comuni ad ogni uomo di ogni tempo.

Ed è proprio in questo terreno familiare che Gesù fa “lievitare” il suo messaggio.

Per questa familiarità senza tempo possiamo dire che la Parola ci interpella

ancora oggi, per il semplice fatto che l’uomo, nella sua più intima struttura, non è

cambiato: i vizi sono sempre quelli, le miserie idem, i modi di relazionarsi lo stesso.

È cambiata forse la forma degli atteggiamenti, delle parole e delle espressioni, ma la

sostanza continua ad essere quella di sempre.

Così, anche oggi, come ai giorni di Gesù, l’urgenza di accaparrarsi i primi posti è la

medesima: bisogna “farsi valere”, “imporsi all’attenzione”, sapere vendere bene la

propria merce, farsi avanti. E se mancano i titoli di merito (quelli autentici) si rimedia

con i gomiti, l’inganno, la tracotanza, l’auto-esaltazione sfacciata, l’autoconsiderazione

spudorata, l’arrivismo più sfrenato.

Vivere una vita così, in continua tensione, sempre in corsa per non perdere la

precedenza, preoccupati a non rallentare per non farsi raggiungere e magari superare,

non è vivere; piuttosto è morire, perdere tutto ciò che rende l’esistenza degna di

essere vissuta. Ma cosa ben più peggiore è ritrovarsi alla fine della corsa, dopo

l’affanno estenuante di raggiungere e superare ogni meta, con un pugno di mosche,

ovvero con niente.

Allora è opportuno fermarsi e ripensare alla meta da raggiungere, non alle tante mete

possibili che noi ci siamo prefissati, ma all’unica meta, per la quale non c’è bisogno

di correre in avanti per essere i primi, perché anche gli ultimi vi arriveranno, anzi

saranno proprio loro i favoriti.

La meta a cui alludo è naturalmente il Regno di Dio, per arrivarci non servono

l’arrivismo, l’orgoglio, l’autosufficienza, tutti questi sono ostacoli che impediscono

l’ingresso nel Regno; invece, la semplicità, l’umiltà, l’amore gratuito sono le

condizioni ideali per l’ingresso nel Regno. Infatti, la regola fondamentale per

accedervi è questa: “Chi si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”.

Semplicemente, per il Regno l’importante è non essere importanti, è non credersi

completamente appagati, è lasciare il vuoto necessario in cui Dio può entrare.

Del resto, Dio entra là dove c’è una situazione di vuoto e di mancanza, è qui

che Dio trova il suo spazio, prende senso evidenza e “vita”. Concretamente: pur

essendo tentati come tutti a trovare gli spazi della sicurezza, il prestigio sociale, la

garanzia del dare e dell’avere, dovremmo provare a realizzare la via dell’insicurezza

per sperimentare la solidità dell’abbraccio provvidenziale di Dio; pur essendo

affannati a mettersi sotto i riflettori degli uomini, dovremmo imparare a lavorare nel

silenzio, sotto il solo sguardo di Dio, per avere la certezza di raggiungere la gloria

eterna del Regno di Dio e non quella effimera del regno degli uomini.

 

Gratuitamente

Ma la Parola di questa domenica non parla solo di umiltà, parla anche di

gratuità, di dare senza aspettarsi il contraccambio; parla di amore disinteressato,

libero, totale, generoso. Parla di un modo di essere veramente rivoluzionario che

abolisce leggi economiche e barriere sociali; uno stile di vita impostato non su criteri

utilitaristici, ma sul fascino, inspiegabile e indimostrabile, della gratuità.

Ma chi ha detto poi che nel dare gratuitamente non si ha alcuna ricompensa? Il

contraccambio ad uno stile di vita siffatto è la felicità dell’altro, è vedere la gioia

data, moltiplicata sul volto di chi l’ha ricevuta; è meravigliarsi dinnanzi allo

spettacolo della vita che risorge intorno a noi. Infine, è liberarsi dalla prigionia degli

scopi, per essere finalmente liberi di dire, fare, amare senza un perché: “Noi amiamo

per, preghiamo per, compiamo opere buone per…Ma motivare l’amore non è amore;

avere una ragione per donare non è dono puro, avere una motivazione per pregare

non è preghiera perfetta” (G.Vannucci).

Impariamo, dunque, ad essere già qui e ora “beati”. È difficile , faticoso, ma

non impossibile: è sufficiente seguire un solo maestro, Cristo.

Del resto, il linguaggio di Luca, “innalzare/esaltare” e “umiliare/abbassare”, rimanda

proprio alla figura e all’esperienza di Cristo, così com’è cantata nell’inno di Paolo al

capitolo II della lettera ai Filippesi: Cristo : “umiliò se stesso facendosi obbediente

fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato il

nome che è al di sopra di ogni altro nome” (2, 8-9).

Cristo, quindi, è il vero volto dell’umile glorificato da contemplare e imitare.

 

Conclusione

Simone il Giusto, un maestro giudaico dei primi secoli cristiani, era solito dire:

“Il mondo si fonda su tre cose: la Parola di Dio, la preghiera e gli atti ispirati

all’amore”. sono queste le stesse colonne che Gesù ci propone per la nostra vita

spirituale e temporale.

 

Serena domenica.

+Vincenzo Bertolone

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