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Le donne e il corpo (prova-costume) PDF Stampa E-mail
Scritto da L.Niger   
domenica, 11 agosto 2013 12:23
ImageL’ anonimo strapotere della finanza ha complicato ulteriormente la vita delle donne, nella famiglia e nel lavoro, quando c’è.  E’ noto, infatti, che le crisi economiche, provocate dal famelico capitalismo, confliggono con i diritti e con i processi di emancipazione e di liberazione degli uomini in genere. Negano, ostacolano, rallentano tutto ciò che riguarda dignità personale, area delle libertà, conquiste consolidate, a partire dallo stato sociale. In ogni caso, e nonostante le attuali maggiori difficoltà, dai primi giorni di maggio, come al solito, l’aria, piacevolmente né calda né fredda, incomincia ad impregnarsi dell’odore dei fiori, soprattutto, almeno per chi scrive, dell’odore intenso, sottile e sognante del gelsomino, e la campagna vive in un tripudio di colori. In quei giorni, in quelle ore, sembra che le donne , come la natura, siano colpite da un’agitazione, da una frenesia, da una inquietudine, strane e insolite. Riguardano i capelli (altro che sfumature), l’abbigliamento, un certo pallore della pelle, qualche chilo insopportabilmente superfluo? In parte, solo in parte, dato che tutto questo rappresenta l’aspetto esterno, la facciata, l’apparenza, che pure sono fonti di preoccupazione e di fuggitive gratificazioni.   

Il vero e duro e antico problema è il corpo, il proprio corpo, soprattutto prima e durante l’estate. Corpo osservato, esplorato, pesato, valutato con l’ausilio dello specchio (specchio, specchio delle mie brame…) e della bilancia. Un corpo esposto allo sguardo proprio e, ansiosamente, allo sguardo degli altri. Corpo come croce e come delizia, come sofferenza e come soddisfazione, come angoscia e come piacere. Non poche volte all’origine di serie condizioni depressive, e , talvolta, di idee suicidarie, fino al passaggio all’atto. E’ mai possibile o concepibile che la donna debba giocarsi la propria esistenza attraverso il corpo?   

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Deborah Caprioglio
L’accettazione serena o il rifiuto ostile del proprio corpo orienta, condiziona, pesa sulle scelte culturali e professionali, sulle scelte amorose, sulle relazioni sociali. Viene vissuto come un fardello da tollerare o una risorsa da utilizzare. Probabilmente le bambine, in particolare, colgono il primo rapporto con il corpo primariamente nel volto della madre.Sul corpo della donna è stato scritto, nello stesso tempo,  poco e molto (a sproposito); negli ultimi anni, la bibliografia si è arricchita di studi e di testimonianze, acuti e penetranti. Andrebbe, per lo meno, distinta una storia del corpo da una storia sul corpo, anche se il confine è estremamente labile ed ambiguo. Se la storia del corpo si riferisce, in particolar modo, al corpo pensato, desiderato, costruito dal potere e dalla cultura maschili, da lungo tempo dominanti, la storia sul corpo si riferisce all’uso, all’abuso, alle violenze esercitati da sempre, e ovviamente ancora oggi, da parte del maschio, che continua a considerare il corpo della donna come proprietà assoluta. In verità , anche la costruzione storica e culturale del corpo femminile ha sempre rappresentato una forma di violenza intollerabile, che, non poche volte, ha goduto e continua a godere di considerazione e di rispettabilità, grazie alla complicità e al silenzio delle donne, che continuano ad utilizzare il proprio corpo come merce di scambio (dalla cattedra universitaria alle istituzioni, parlamentari e non, fino alle ricompense mobili ed immobili).      Nella psicologia femminile, complessa, sfuggente, oscura, misteriosa, umorale e contraddittoria (secondo i criteri della logica maschile), l’estate assume significati particolari, in riferimento al corpo. Si passa dal corpo privato al corpo pubblico, e si scoprono le carte (la trovo dimagrita … in perfetta forma … sempre più seducente e interessante…e menzogne a cascata  o invidie nascoste). Il passaggio può essere deprimente o esaltante e dipende molto dagli investimenti e dalle illusioni covate. L’estate dura poco e spesso si presenta come una trappola, piacevole o spiacevole. In ogni caso la fine delle illusioni procura inevitabilmente amarezze e vuoti.                 

Non sarebbe meglio che il dialogo costante, tenero e rispettoso, con il proprio corpo durasse un intero anno, indipendentemente dalle stagioni e dagli anni, che lasciano segni visibili e marcati? Stare bene nel corpo, coperto o scoperto, o , almeno, conviverci gentilmente, e l’esistenza quotidiana sarebbe un po’ più lieve e meno triste.

Luigi NIGER

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