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DISPERAZIONE SOCIALE PDF Stampa E-mail
Scritto da L.Niger   
lunedì, 27 maggio 2013 11:09
ImageI suicidi, con il frequente coinvolgimento di bambini, gli omicidi, i femminicidi, soprattutto in questo periodo, nel nostro sventurato e irredimibile paese, dilagano. Perché? Le motivazioni sono varie e molteplici e complesse. Ci limitiamo ad elencarne alcune, senza indugiare, come la disperazione sociale, la depressione, il narcisismo ferito, il fallimento esistenziale, il continuare a vivere la donna come oggetto, cosa, proprietà, la percezione del domani come minaccia, il dolore dell’emarginazione e dell’abbandono e tante, tante altre. Vite perdute che non inquietano né allarmano la cosiddetta classe dirigente, in particolare quella politica, tutta arroccata nella sua autoriproduzione privilegiata, e nello stesso tempo rappresentano le notizie predilette , produttive e di lunga durata per i giornali e, in particolare,  per le televisioni, che del sangue, delle tragedie e del mistero si nutrono con voracità e con disinvoltura. Il 28 aprile c.a. arriva una notizia spiazzante per il potere, ma molto prevedibile per chi vive  quotidianamente nei luoghi e nei non luoghi, del disagio e della solitudine.

Un calabrese, povero cristo, spara di fronte a palazzo  Chigi (luogo simbolo del potere esecutivo) , e ferisce carabinieri e passanti. Apriti cielo! La casta unanime si ribella, pensa subito a come rafforzare le scorte, pone un problema di ordine pubblico e, accusa, senza un minimo di pudore, chi dissente, chi critica con forza, chi denuncia lo schifo esistente. Tutti condannano, senza vergogna, e nessuno degli impresentabili si chiede: perché? Come mai? A dare man forte agli inqualificabili politici ci pensano i mezzi di comunicazione, per lo più asserviti miseramente ai famigerati poteri forti.
E il famoso popolo, talvolta invocato per legittimare gesti e comportamenti in contrasto con la Costituzione e, quindi, con la democrazia ? Mentre i commentatori, anche i più acuti e profondi, come Massimo Recalcati ed Eugenio Scalfari, si soffermano, in particolare, sull’analisi della personalità dello sparatore  (condividiamo le preziose e illuminanti valutazioni di Recalcati), a noi  preoccupa e non ci sorprende quel che si pensa nelle case e nelle strade, insomma tra la cosiddetta gente. In non pochi, appartenenti a quest’ultima scatta un vero e proprio processo di identificazione nei confronti dello sparatore, con alcune riserve e con due considerazioni prevalenti, più pensate che comunicate:
a) provo dispiacere per gli innocenti carabinieri feriti, nuovi proletari come noi, anche se addestrati e manipolati ad usare violenza verso i proletari, ma il gesto compiuto lo trovo condivisibile. Purtroppo, ha sbagliato obbiettivo;
b)in fondo il gesto compiuto dallo sparatore è comprensibile, ma non giustificabile. Comprensibile per il vissuto individuale, ambientale, geografico, insomma, per la storia di disperazione , storica e attuale, che c’è dietro.
Ecco, il punto: spostare l’analisi dalla personalità dello sparatore alle reazioni delle persone,vere e reali. Persone stanche, smarrite, in gravi difficoltà economiche, avvilite, disperate, indignate,  giornalmente tentate da comportamenti aggressivi e violenti. Da qui l’urgenza di una riflessione rapida, attenta e spietata sulle dure e intollerabili condizioni di tante persone; una riflessione che coinvolga famiglie, scuole, università, società nella sua interezza, tese a trovare rimedi, soluzioni, vie d’uscita e nello stesso tempo capaci di imporle nella inconcludente agenda della politica. Il tempo che resta è esiguo e le speranze di un possibile cambiamento continuano a morire all’alba e nel tunnel qualche residuo barlume di luce si allontana.
 D’altra parte, da anni su questo giornale abbiamo richiamato l’attenzione sul pericolo di un graduale e sempre più diffuso passaggio dalle armi della critica alla critica delle armi, senza dimenticare il rischio, antropologicamente fondato, studiato da René Girard, di un mimetismo omicida della folla. Fin qui, parole al vento, allarmi inutili, mentre la situazione si fa sempre più esplosiva ed incandescente, nonostante le dosi massicce di sedativi televisivi, somministrati per addormentare e per fuorviare con scempiaggini e oscenità.
E la classe politica? Nella convinzione dell’impunità, cieca e sorda, incapace di leggere nei fenomeni sociali, impantanata nelle meschine logiche di potere, ha già dimenticato il segnale doloroso e inquietante del 28 aprile, stende il velo dell’oblio su una realtà triste e amara. I disperati, quasi agonizzanti, gettati in un mare aperto e procelloso, possono attendere, chi affonda e chi affannosamente continua a galleggiare, mentre si balla sul Titanic. Non si può continuare a giocare sulle vite degli altri.

(il presente articolo è stato pubblicato sul "Quotidiano di Calabria Martedì 22 maggio 2013)

Luigi NIGER
    

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