Sibari in declino irreversibile? |
Scritto da A.M.Cavallaro | |
lunedì, 20 maggio 2013 08:59 | |
Nel 1959, quando iniziarono i lavori che portarono alla creazione del quartiere denominato “Centro Servizi” a ridosso della “Clinica Madonna delle Grazie”, si innescò un fenomeno attrattivo che indusse molte famiglie dell’interland a stabilirsi a Sibari e nacque così un altro quartiere in una zona quasi opposta alla prima, quello ancora oggi indicato come “Via Taranto”, anche se la toponomastica indica nomi diversi. Questi due quartieri si aggiunsero allo storico nucleo urbano formato dalle abitazioni costruite dalla Ferrovia dello Stato per i propri dipendenti a ridosso della stazione e dei locali del “Dopo-Lavoro Ferroviario”, che comprendeva le primissime “baracche”(1) di recente abbattute per far posto ad una stazione di autobus, le palazzine situate nei pressi del passaggio a livello, in parte lungo la SS 106 e in parte lungo Via Colombo (in una delle quali per molti anni fu ubicata la “Scuola Elementare”), e un paio di condomini più moderni lungo la stessa via Colombo o via della Ferrovia, com’era chiamata prima della recente toponomastica.
Le attività lavorative predominanti in questi quartieri erano legate alla stazione ferroviaria innanzitutto, che dava lavoro a circa 80 dipendenti fissi e ad altri 30 lavoratori impiegati in attività collaterali anche in proprio quali bar, ristorazione, negozi ecc. Altra fonte di lavoro era costituita dalla Clinica “Madonna delle Grazie” che oltre ai suoi circa 70 dipendenti, aveva creato un indotto costituito da attività commerciali che oggi, dopo la sua chiusura, non ci sono più. A pochi kilometri dal nucleo abitato si trovavano: il conservificio dove venivano lavorati oltre cinquantamila quintali di pomodori l’anno, occupando forza lavorativa soprattutto femminile e il caseificio dell’ESAC, altro importante centro che impiegava circa trenta dipendenti. Attorno a queste importanti realtà socio-economiche ruotavano una serie di attività artigianali, in parte tutt’ora attive, la cui sopravvivenza la si deve soltanto alle capacità imprenditoriali dei titolari-gestori e non certo ad una mirata azione di sviluppo del territorio portata avanti con progetti e proposte della politica locale. La stazione Ferroviaria presto non sarà più attiva. Il moderno sottopasso recentemente costruito e costato circa due milioni di €uro, che molti pensavano dovesse servire al rilancio dell’attività, invece era necessario per garantire la sicurezza dei passeggeri in assenza di personale addetto e proprio in questi giorni Trenitalia sta compiendo gli ultimi controlli propedeutici alla definitiva e tombale chiusura di quel che è stato un importante centro direzionale per garantire il diritto alla mobilità dei cittadini. Le importanti contrade di Lattughelle, Spadelle, Bruscate ecc ecc, dove vivono centinaia di famiglie la cui maggiore fonte di reddito è legata all’agricoltura, sono di fatto avulse da un qualsivoglia progetto di aggregazione, del resto mai intrapreso e le attuali difficoltà di commercializzazione dei prodotti agricoli pone in grave situazione di disagio. La chiusura della Clinica, come dicevamo poc’anzi, ha sottratto a Sibari altri 70 posti di lavoro e tutto ciò con il silenzioso beneplacito della politica locale, il cui centro di potere sta ben acquattato sotto la “pietra del Castello” di Cassano, così solo eufemisticamente chiamata, visto che del castello rimane ben poca traccia. A Sibari, però, ricorrono sempre politici vecchi e nuovi per “dragare” voti ogni qualvolta c’è una competizione elettorale, tutti promettendo e puntando su Sibari quale “volano dello sviluppo del territorio”, frase ormai stantia e non più credibile, eppure ogni volta gli elettori sibariti cadono nell’inganno e concedono voti e fiducia all’imbonitore di turno. Quando cambieranno le attuali condizioni di sudditanza? Non è necessario aspettare un’improbabile autonomia politica, anche se auspicabile, basterebbe che i sibariti capissero una volta per tutte che devono unire le proprie forze, le proprie energie e puntare tutti insieme su obiettivi raggiungibili ed escludere dalle proprie scelte coloro che hanno per anni prevaricato sulla libertà di pensiero, promettendo, blandendo e talvolta ricattando. In pochissimi anni Sibari ha perso circa 300 posti di lavoro, che significavano sicurezza di vita per almeno 1200 persone, con relativa circolazione di moneta a beneficio di tutta la collettività. Non bisogna più credere neanche ad una crescita delle attività turistiche, perché ogni possibile azione che vorranno i nostri figli e nipoti intraprendere in questo settore è stata già “castrata” dalla cementificazione della nostra costa con mega villaggi-hotel che aprono i battenti solo per tre mesi l’anno e poco o nulla lasciano sul territorio. Le lottizzazioni del turismo stanziale di Marina e Laghi di Sibari, che potevano e, in parte, possono ancora essere oggi fonte di lavoro, sono state abbandonate a se stesse e ancora oggi dopo trent’anni qualcuno disquisisce se siano di competenza comunale i servizi primari, ancora oggi si esulta perché la provincia concede danari per il disinsabbiamento degli Stombi. E’ uno scandalo che ogni anno vengano spesi centinaia di migliaia di Euro di danaro pubblico per togliere della sabbia dalla foce di un canale e questo accade regolarmente da quasi quarant’anni. Dovremmo essere stanchi e, se permettete, anche molto arrabbiati per questo continuo stillicidio che va poi a favore di pochi, anzi di pochissimi. I laghi di Sibari sono stati abbandonati poco per volta dai migliori fruitori, quelli che venivano da lontano e che avevano acquistato abitazioni e posti-barca per le loro imbarcazioni di pregio e che veramente potevano attrarre sul nostro territorio interessi diversificati, gli ultimi stanno partendo e svendono gli immobili acquistati decenni fa, pur di non aver più a che fare con fallimentari amministrazioni pubbliche e private. Eppure il centro urbano di Sibari potrebbe ancora essere sistemato, basterebbe coprire qualche canale per rendere ancora appetibile venire ad abitare da noi, Nessuno in tanti anni ha mai veramente lavorato per elaborare un piano di urbanizzazione serio su cui investire. Qualcuno dice che nel nostro territorio le concessioni edilizie vengono rilasciate “à la carte”, cioè di volta in volta in funzione di chi è il richiedente, e, se riflettiamo e osserviamo con attenzione, in effetti è stato così, non essendoci stato un programma con indicazioni precise, ognuno si è “arrangiato” come ha potuto, così vediamo strade strettissime nel quartiere di via Taranto, palazzoni con molti piani in zone dove non si sarebbero potuti realizzare (tutto condonato per carità), qualche strada chiusa improvvisamente, una chiesa moderna (sembra un palazzetto dello sport) in un’area disagevole non centrale e con una strada d’accesso stretta che non da possibilità di parcheggio, ecc ecc ecc. Il quadro non è consolante, ma non si deve demordere, Sibari può farcela, basta crederci e aver voglia di lottare insieme, perché dividendo le proprie forze si fa solo il gioco di chi ha interesse a mantenere lo “status quo”. Impegniamoci tutti dimenticando antipatie ed appartenenze politiche, che ormai contano molto poco, e appropriamoci del nostro paese, abituiamoci a rispettare e a difendere con senso civico quello che è di pubblica utilità, così facendo forse potremo con orgoglio ancora affermare di essere SIBARITI. Antonio Michele Cavallaro (Nota 1)Il termine "Baracche" utilizzato nel testo non vuole essere inteso in senso dispregiativo, ma solo perchè avevano l'aspetto di provvisorietà, anche se sono state costruite alle fine dell '800, e sono state abitate da alcune famiglie fino al momento del loro abbattimento e, naturalmente, nel loro interno avevano quanto necessario per lo standard della vita di oggi.
|
< Precedente | Prossimo > |
---|