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Vangelo di Domenica 19 Maggio PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
sabato, 18 maggio 2013 08:15

ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 14,15-16.23b-26.
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti.
Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre,
Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui.  Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.  Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi.  Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Pentecoste, respiro di Dio

19 maggio 2013

 

Introduzione

La Pentecoste, che celebriamo in questa domenica, non è una festa

devozionale, ma è un aspetto del tempo liturgico: con essa, infatti, si conclude il

tempo pasquale, ma se ne apre un altro altrettanto importante: il tempo della Chiesa.

Oggi, di fatto, festa dello Spirito Santo, o meglio memoria della discesa dello Spirito

Santo sugli Apostoli e Maria riuniti nel cenacolo, celebriamo l’inizio ufficiale

dell’opera salvifica e missionaria della Chiesa di Cristo.

E questo evento, però, non è isolato, non fa storia a sé; anzi tutt’altro: è parte

della stessa storia di cui abbiamo fatto memoria nei cinquanta giorni trascorsi dalla

Resurrezione di Cristo. In altri termini, questo giorno di Pentecoste è iniziato

nell’alba della domenica di Pasqua, della domenica di Resurrezione. Ancora una

volta, dunque, si ritorna al punto di partenza della nostra fede, punto centrale della

storia della salvezza, punto d’arrivo della storia umana di Cristo, punto di inizio della

storia dell’uomo.

Senza la passione, morte e resurrezione di Cristo, dunque, oggi non staremmo

qui a parlare di Spirito Santo. Ma poi, come si può parlare dello Spirito Santo? Se

guardiamo alla Resurrezione possiamo riconoscerlo quale Suo frutto più importante e

immediato: Gesù Risorto, nella Pentecoste ci ha donato il suo Spirito. Però, se

guardiamo a tutta la storia della salvezza, ci accorgiamo che questa Presenza viene da

lontano: coabita e coopera già con Dio, anzi è lo stesso respiro di Dio.

Altro problema è dargli una forma, un volto preciso, una immagine

raggiungibile e facilmente riconoscibile dall’intelletto umano. Anche questa è

impresa ardua: sin dai primordi del suo manifestarsi, lo Spirito Santo è stato respiro

dolce e creatore, vento impetuoso o brezza leggera, fuoco di fiamma purificatrice e

inestinguibile, olio fragrante di benedizione, candida colomba che discende dal cielo,

conforto che solleva, parola di verità e profezia.

Tutto questo, e altro ancora, è stato ed è lo Spirito Santo che nella sua discreta

presenza nell’animo umano è ancora oggi ispiratore dei poeti e dei santi che

continuano ad animare e rinnovare il volto della Chiesa.

 

Invisibile protagonista della storia

Nel Duemila il cardinale Biffi scrisse un libriccino, Identikit del festeggiato,

nel quale alludeva alla persona di Cristo. Se volessimo fare la stessa cosa per lo

Spirito Santo, l’impresa non sarebbe di certo facile, perché Esso pur essendo ora

Presenza viva e operante nella Chiesa, è prima dell’uomo, è eterno come Dio; anzi è

lo Spirito che “aleggiava sulle acque” (cfr. Gn 1,2). Ecco perché tracciarne un

identikit preciso non è facile, considerando oltre tutto che nel suo modo di rivelarsi

agli uomini ha assunto diverse conformazioni.

Non a caso le immagini bibliche danno rilievo ai diversi sensi, alle cose

altrettanto diverse che formano la complessità delle esperienze umane. Di volta in

volta, brezza leggera che sussurra nel deserto la voce di Dio e ristora l’aridità

dell’anima; oppure soffio di vita nel primo uomo, od anche fuoco che arde, ma non

consuma eccetera. Lo Spirito Santo è soprattutto atto creativo di Dio, forza salvifica e

scudo protettivo, fonte d’ispirazione e rigenerazione di amore e di vita; è prerogativa

del liberatore messianico, ed ancora è coraggio e conforto nel dolore e nella

solitudine.

Lo Spirito Santo è tutto questo, e nel brano degli Atti degli Apostoli appena

letto, sia nella sua fisicità sia nella sua specificità è chiaramente presente: c’è un

rombo come di vento che si sente, ci sono lingue di fuoco che scendono dal cielo; ma

ci sono anche uomini rinati al Suo contatto, che dalla paura iniziale passano ad un

coraggio insperato, inaspettato.

Se ci affidiamo alle parole, più che alle metafore, troviamo l’ebraico per

indicare lo Spirito di Dio ed usa il termine rûah, cioè “respiro”, “vento”, “spirito”,

ovvero le immagini più intime che legano Dio all’umanità nella creazione, nella

salvezza, nella profezia, nella fede.

Per esempio, al momento della creazione di Adamo è lo Spirito, che dà la vita:

Allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici

un alito di vita” (Gn 2,7). Da allora il respiro dell’uomo è equiparato all’alito divino,

simbolo di vita che ci è stata donata; è una particella della scintilla divina, un dono:

Finché ci sarà in me un soffio di vita, e l’alito di Dio nelle mie narici” (Gb 27,3).

Ma oltre a tutto ciò il soffio vitale di Dio ha un ruolo particolare nella storia

della salvezza di Israele: durante l’esodo, “Un forte vento dell’est” fa ritrarre il Mar

Rosso, mentre un soffio del respiro di Dio libera nuovamente il mare che ricopre

l’esercito del faraone (Es 14,21; 15, 10); e ancora, nel Salmo 18, Davide, nel

descrivere la sua fuga da Saul, amplia l’immagine di Dio che fa ritirare le acque con

un “Soffio dell’alito dalle sue narici” (Sal 18,6). E nella profezia di Ezechiele (37,5) è

sempre l’alito di Dio che ricreerà la vita in “ossa inaridite”.

Sino ad arrivare a Gesù Risorto che annuncia il suo Spirito ai suoi discepoli

alitando su di loro (Gv 20,22). Ci troviamo in presenza della realizzazione della

profezia di Ezechiele: Cristo donando il suo Spirito, alitando sui suoi discepoli, opera

una nuova ri-creazione, dona una nuova vita, che come san Paolo ci ricorda, è vita

secondo lo Spirito”, non più “secondo la carne”.

Lo Spirito è dunque il respiro di Dio, e se il respiro genera e mantiene in vita,

lo Spirito è vita, e in sua assenza tutto muore. E se l’alito di Dio rigenera e sostiene,

lo Spirito in noi opera lo stesso miracolo; e se il respiro di Dio è brezza leggera che

porta la Sua voce, lo Spirito allora porta con sé la nostalgia struggente di Dio, perché

di quella voce evoca la dolcezza, l’armonia, l’amore. E se il respiro di Dio è vento

travolgente, allora lo Spirito è realtà che scuote, plasma, riempie, conduce anche dove

noi non vorremmo andare. Ma, in compenso, esso consola e ristora il cuore infelice,

mentre scatena la bufera nella mente dei superbi. Dice il Manzoni: “Ne’

languidi/pensier dell’infelice/ scendi piacevol alito,/aura consolatrice:/scendi bufera

ai tumidi/pensier del violento:/vi spira uno sgomento/che insegni la pietà”.

 

L’uomo secondo lo “spirito” per una comunità animata dallo Spirito

Se non possiamo fermare in una sola immagine la realtà e le ricchezze dello

Spirito Santo, sicuramente però ne possiamo riconoscere la Presenza dagli effetti che

produce in noi, e di riflesso nella nostra comunità.

Il primo di questi effetti è trasformazione di un gruppo di semplici pescatori in

un gruppo di coraggiosi testimoni ed annunciatori del Vangelo. Per essi, lo Spirito

Santo fu vento che li ridestò dal torpore fino a portarli all’annuncio e fu fuoco

inarrestabile, che li spinse ad incendiare il mondo con quello stesso amore che gli era

stato donato.

Da allora tutto è cambiato e lo Spirito del Signore non ha più cessato di alitare sugli

uomini, per rigenerarne la vita.

Il secondo effetto prodotto dallo Spirito Santo, dunque, è la “fondazione” di un

uomo nuovo abitato e guidato dallo Spirito, capace di ascoltare e di annunciare,

mosso dal vento impetuoso della passione nella testimonianza e dotato di grande

dolcezza nell’usare misericordia e comprensione. Uomo che ama la verità e ne è

infaticabile ricercatore, che conosce bene la bellezza dell’unità e la ricchezza della

diversità. Uomo “spirituale”, insomma, persuaso che non c’è più nulla che valga della

comprensione, dell’amore e della fraternità; persuaso, infine, che con lo Spirito

l’impossibile diventa possibile.

Oggi la meditazione sulla terza persona della Trinità, respiro di Dio e forza di

Cristo, dovrebbe persuaderci che siamo proprio noi quelli capaci di animare le

comunità secondo lo Spirito. Dovrebbe ricordarci, anche, che senza lo Spirito Santo,

sia individualmente sia come comunità, non siamo in grado di fare nostro e

pronunciare il linguaggio nuovo e provocatorio di Cristo. Un linguaggio formato di

parole che sanno dell’amore di Dio e della certezza di essere fatti per il cielo. Mentre

per “il qui ed ora” si tratta di un linguaggio fatto di parole che consolano, leniscono,

fortificano, incoraggiano, spingono a pensare e ad agire al di sopra dei nostri stessi

limiti.

Questo linguaggio lo Spirito lo fa nostro: nostra fa la parola di Cristo, nostra la

Sua lingua, nostra la Sua passione, nostro il Suo cuore. Una mediazione che si attua

nella vita con parole a noi care: la gioia, l’amore, la pace, la vita, la verità. Parole che

accorciano le distanze tra Dio e gli uomini, tra uomo e uomo.

 

Conclusione

Quando si parla dello Spirito Santo quasi si balbetta. Lo abbiamo visto: è

difficile fissarne i tratti in un solo ritratto, è complicato esprimerne le infinite

manifestazioni in una sola azione.

Eppure, i cuori più sensibili e recettivi, protesi e aperti all’ascolto sanno percepire il

sussurro della Sua voce che ha in sé il respiro di Dio, la parola di Cristo.

Per capire meglio questo avvenimento che accade nell’animo del credente ci

vengono in aiuto le parole di una poetessa, nostra contemporanea e morta da poco, A.

Merini: “Domandano tutti come si fa a scrivere un libro. Si va vicino a Dio e gli si

dice: feconda la mia mente, mettiti nel mio cuore e portami via dagli altri,

rapiscimi”.

Così la Merini, amo immaginare, ebbra del respiro di Dio, si è innamorata di

Cristo e ne ha comunicato l’amore agli altri; ha cantato con il suo stile personalissimo

il Magnificat della Vergine; ha condiviso la sofferenza della Croce trasformandola in

un poema d’amore; tutto per far conoscere alla gente il valore della vita e la verità dei

Vangeli.

Tocca a noi, ora, aprirci al respiro di Dio, al sussurro della voce del Suo Spirito

e costruire il nostro linguaggio d’amore.

Serena domenica.

+Vincenzo Bertolone

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