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Davide e Golia: Letta e Berlusconi PDF Stampa E-mail
Scritto da S.La Porta   
giovedì, 02 maggio 2013 16:36
ImageNel corso della presentazione del governo in Parlamento, il presidente del Consiglio Letta ha rievocato il mito di Davide e Golia richiamando l’esempio di Davide a sostegno delle larghe intese.Il giorno dopo su Repubblica Barbara Spinelli ha contestato l’interpretazione di Letta offrendo una visione completamente opposta. La polemica è interessante perché coglie un aspetto significativo del nuovo corso politico su cui si è realizzata la nuova esperienza di governo. Ci sembra perciò utile riproporre in sintesi il mito di Davide e Golia, il testo dell’intervento di Letta e l’articolo della Spinelli sulla vicenda offrendo così ai lettori gli elementi per un giudizio obiettivo.

Il mito di Davide e Golia : “Davide era un pasto­rello israe­lita, men­tre Golia era il più temuto guer­riero dei fili­stei, in lotta con­tro il regno di Israele, retto da SAUL.Un bel giorno il gigante Golia “alto sei cubiti e un palmo” coraz­zato di tutto punto, si pre­senta davanti alle schiere di Israele e lan­cia una pro­po­sta: “Sce­gliete un uomo tra voi che scenda con­tro di me, se sarà capace di com­bat­termi e vin­cermi, noi fili­stei saremo vostri schiavi, altri­menti, se vin­cerò io, sarete voi nostri schiavi.”Tutto il campo israe­lita, re com­preso ne rima­sero col­piti ed impau­riti. “Per qua­ranta giorni Golia si pre­senta davanti allo schie­ra­mento d’Israele senza che nes­suno accolga la sfida”.

ImageFin­ché il qua­ran­tu­ne­simo giorno un corag­gioso pasto­rello della Tribù di Giuda accetta la sfida. Davide rifiuta lan­cia, spada, elmo e corazza e affronta il gigante, armato di una fionda e cin­que ciottoli. Il primo colpo di fionda col­pi­sce Golia nella fronte che stra­mazza al suolo sve­nuto, Davide gli è sopra e presa la spada del fili­steo lo deca­pita fra l’esultanza degli israe­liti e il ter­rore dei filistei.”

 

 

L’interevento di Letta : “In questi giorni ho pensato al personaggio biblico di Davide. Come lui, con lui, siamo nella valle di Elah, in attesa di affrontare Golia.Nella valle delle nostre paure di fronte a sfide che appaiono  gigantesche. Anche la sfida di metterci insieme per affrontarle. Come  Davide in quella valle, dobbiamo spogliarci della spada e dell’armatura  che in questi anni abbiamo indossato e che ora ci appesantirebbero.

Davide “prese in mano il suo bastone, si scelse cinque ciottoli lisci  dal torrente e li pose nella sua sacca da pastore, nella bisaccia;  prese in mano la fionda e si avvicinò a Golia”. Noi, dal “torrente”  delle idee sulle quali ci siamo confrontati abbiamo scelto i nostri  “ciottoli”, le nostre proposte di programma. La “fionda” l’abbiamo in  mano insieme, governo e Parlamento. Ma di Davide ci servono il coraggio e  la fiducia. Il coraggio di mettere da parte quella “prudenza politica”  che spinge a evitare il confronto con le nostre paure, a rimanere nella  valle e, se proprio decidiamo di muoverci, a farlo con indosso  l’armatura. Il coraggio di affrontare la sfida liberandoci dell’armatura, forse lo abbiamo trovato. La fiducia è quella che  chiediamo al Parlamento e agli italiani.”

 

 

 

L’articolo di Barbara Spinelli

“ PROPRIO nel momento in cui prometteva il «linguaggio sovversivo della verità», il nuovo presidente del Consiglio ha riscritto a modo suo, storcendolo non poco, il mito di David e Golia. Lo voleva usare come parabola delle larghe intese e della pacificazione, quando è una storia di guerra astuta e cruenta. Ha evocato la rinuncia alle armi del fanciullo-pastore. Quasi quest’ultimo prefigurasse un Cristo (falso, peraltro) che porge la guancia all’avversario e per questo rifiuta l’elmo di bronzo, la corazza, la spada – cui non è abituato – portando con sé solo cinque ciottoli lisci e la fionda.
In realtà David li porta per uccidere Golia, non per schivare il duello. Golia, il gigante filisteo alto sei cubiti e un palmo, cadrà a terra ferito dal primo ciottolo. Il colpo finale, la decapitazione, il giovane pastore l’assesta con la spada, che sguaina dal fodero dell’avversario atterrato. L’atto fa di lui il pretendente al trono di Saul.
Chi ha visto il dipinto di Caravaggio ricorderà la resa dei conti, l’inorridita testa amputata di Golia, che ancora grida. Difficilmente gli verranno in mente le grandi intese magnificate da Letta alle Camere, l’era delle contrapposizioni finite, un intero ventennio di abusi di potere rimosso. Golia non è spodestato (Machiavelli direbbe non è spento): anzi, con lui si vuole difendere la Repubblica dalle avversità. È un Golia riabilitato, perfino premiato. Brandisce addirittura la spada, sull’Imu, per mostrare chi comanda in città. Nell’Antico Testamento, il gigante non è in predicato di divenire senatore a vita, o peggio presidente della Convenzione che ridisegnerà il regno e la sua costituzione. E Letta non è, come nel libro di Samuele, il temerario ragazzo che si getta nell’agone per «allontanare la vergogna da Israele»: indifferente ai fratelli che, impauriti, l’accusano di «boria e malizia », trascinato dalla fede. Nessuna boria né malizia, in Letta che apre le porte a Golia. Ma la fede qual è, dov’è? Quale convinzione forte lo spinge a esautorare il Parlamento — e i cittadini rappresentati — affidando a un organo parallelo e separato la rifondazione della politica, della Costituzione, della giustizia? Come può pensare, se non in una logica di compromissione più che di compromesso, di assegnare la regia della nuova Bicamerale nientemeno che a Golia?”

 

P.S)  Personalmente propenderei per l’interpretazione di B. Spinelli.

Silvio La Porta

 

 

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