Il Foglio Volante di Aprile |
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Scritto da A.Iannaccone | |
martedì, 26 marzo 2013 09:14 | |
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Appunti e spunti Annotazioni linguistiche di Amerigo Iannacone La “congiuntivite grammaticale”
“Congiuntivo” non è una parolaccia, anche se la maggioranza degli italiani ormai lo evita accuratamente (e magari non evita le parolacce). Ma qui, ora, piú che perorare la causa dell’uso di questo modo verbale, vorrei richiamare l’attenzione di un suo frequente uso errato. Spesso infatti si trova l’uso del congiuntivo presente al posto dell’imperfetto e altre volte quello dell’uso dell’imperfetto invece del presente. Dire, per esempio, «vorrei che sia» non è corretto. Le forme corrette sono: «voglio che sia» e «vorrei che fosse»: se il primo verbo è al presente indicativo, il secondo va al presente congiuntivo e non all’imperfetto; se il primo verbo è condizionale, il secondo va all’imperfetto. Un altro uso erroneo che si sente spesso è quello dell’imperfetto dove andrebbe il presente. Immaginate un signore sul palco che si rivolge agli ascoltatori: «Tutti coloro che sono d’accordo, alzassero la mano». E no: non “alzassero”, ma “alzino”. Ma sono molti quelli che soffrono – diciamo cosí – di “congiuntivite grammaticale”. Anzi non soffrono, perché si tratta di un male asintomatico. Mejo er burino So stato a Londra, e lí parola mia, te parleno ’n linguaggio tutto strano: è stato come annà a ’a vucceria, nimmanco na parola ’n italiano.
Tra mezzo alla caciara ’n birreria m’aspetto na parola de romano e ’nvece no, manco na fesseria detta pe caso a reggeme ’a mano.
Me chiedo mò perché a sto paese indo’ parlamo un superfiorentino amo da sta sentí de parlà ’ngrese.
Mettemo pure noi ’n ber puntino sopra ’a i, e senza esse scortese ar massimo parlamose ’n burino.
Venafro, gennaio 2013 Filippo De Angelis Tariffe postali troppo alte? Per i politici no Con gli ultimi elargiti da Poste Italiane S.P.A., una lettera prioritaria (ma prioritaria rispetto a che, visto che la posta non prioritaria non esiste piú?) va affrancata con 70 centesimi e si potrebbe anche pensare che vada bene. Ma se la lettera supera i 20 grammi (fino a 50), per quanto va affrancata? Un po’ di piú? Parecchio di piú: va affrancata con 1 euro e 90 e, se il formato non è normalizzato, 2,60 euro. Cioè per due lettere di 20 grammi si spende 1,20, per una di 21 grammi 1,90 o 2,60. Fino a 100 grammi 2,60 o 3,20, e avanti cosí a salire. Oltre di 350 grammi la tariffa è di 8 euro. Ma bisogna tener conto del fatto che hanno abolito la tariffa “Stampe”, per cui se dovete spedire una rivista o un giornale dovete affrancare con se fosse una lettera. Per cui per spedire una rivista che superi i 350 grammi ci vogliono 8 euro. La tariffa “Stampe” c’era perché si voleva in qualche modo favorire e incentivare la diffusione della cultura: oggi siamo in un tempo in cui la cultura non solo non si favorisce ma si combatte e si boicotta. Non parliamo poi delle tariffe per l’estero: sono tariffe assurde. Una volta per l’estero erano previste le “Stampe a tariffa ridotta”, perché si cercava di incentivare la diffusione della cultura italiana all’estero. Una volta! C’è però chi le tariffe agevolate le ha e come! Si tratta dei politici che intasano le nostre cassette delle lettere con le loro cartacce di propaganda elettorale. Per loro, per plichi fino a 70 grammi, la tariffa è di € 0,04. Avete capito bene: quattro centesimi, contro 2,10 o 2,60 che costerebbe una normale lettera non di propaganda elettorale.E i nostri politici si prendono anche gli stratosferici rimborsi elettorali (cosiddetti), che in realtà sono furti milionari. A. I. |
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