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Vangelo di Domenica 17 Marzo PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
venerdì, 15 marzo 2013 14:36
ImageDal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 8,1-11.  - In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava.  Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio.  Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?».  Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra.  E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei».  E chinatosi di nuovo, scriveva per terra.  Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo.  Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; và e d'ora in poi non peccare più».

V Domenica di Quaresima

17 marzo 2013

Miseria e misericordia

Introduzione

In questa domenica di Quaresima cambia l’autore del Vangelo, incontriamo Giovanni anziché Luca, ma non cambia il clima delle ultime tre domeniche. Ancora, infatti, ci troviamo di fronte ad un Padre grande nell’amore e pronto al perdono, il cui volto ha i lineamenti di una straordinaria dolcezza, quelli del Figlio che rivela tutta la tenera misericordia del Padre. Così, sebbene ci venga presentata una pagina del vangelo di Giovanni, per la delicatezza della scena e per il messaggio in essa contenuto, sembra leggere e meditare una pagina del vangelo di Luca, ovvero del Vangelo della misericordia di Dio. Una misericordia che, come abbiamo imparato a conoscere, si piega verso la miseria dell’uomo, non per giudicare o condannare, ma per perdonare, ovvero donare “di più”: oltre alla libertà, la salvezza. Infatti, l’intervento di Dio verso l’umanità

malata e peccatrice, non solo si limita alla liberazione dal male, al risanamento del corpo, ma ha anche l’effetto di ridare una vita nuova, una dignità diversa: la possibilità di guadagnarsi l’Eterno, vita vera in Dio mediante la partecipazione al mistero d’amore del Figlio Gesù Cristo. In sintesi questo il messaggio dell’episodio evangelico raccontato da Giovanni.

Sulla scena si muovono tre personaggi: l’adultera, peccatrice e, dunque, giudicata colpevole e condannata a morte; gli scribi e i farisei, giudici implacabili ed esecutori della condanna; Gesù vero fulcro della intera vicenda, perché nonostante la palese provocazione – [Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come queste. Tu che ne dici ? (Gv 8, 4-5)]1 – non esita a mostrare perdono e misericordia per l’adultera e, viceversa, commiserazione e deplorazione per scribi e farisei. Dunque Gesù è pronto a incontrare e risanare la miseria della donna, nella quale possiamo ravvisare la miseria di ogni uomo; mentre non esita a denunciare l’ipocrisia di quanti credendosi giusti, sono solo pronti a giudicare e punire senza considerare la gravità delle proprie colpe. Quest’incontro di grazia è tutto giocato nello scambio di sguardi. Fino a quel giorno aveva fatto esperienza di due tipi di sguardo. Quello della cupidigia, del desiderio, del possesso e quello, severo, della condanna. Forse, nella scena evangelica, i... titolari dei due tipi di sguardo erano le stesse persone: sì, quelle con le pietre in mano. Quel Rabbì invece non “vede” in lei né un oggetto di piacere, né un bersaglio per i sassi di una sentenza crudele. Lo sguardo del Cristo è creatore non si rassegna al “poco di buono”. Si ostina a cercare, in mezzo alle macerie, all’immondizia, per mettere in luce il molto di buono,il meglio che c’è in ogni persona» .

Nel commento del Vangelo dell’adultera sant’Agostino fa un confronto sulla dignità delle due persone che si trovano l’una davanti all’altra; la donna( miseria), che nella sua dignità sta in piedi, e Gesù Misericordia). Quello che è interessante in questo testo, è che tutte le persone, messe a confronto con Gesù, sono costrette a vivere una forma di sincerità: anche i farisei, perché riconoscano di essere peccatori. Uno davanti a Gesù non può portare maschere . L’agire del Figlio rivela ancora una volta la logica del Padre. Essa risponde solo ed esclusivamente alla logica dell’amore, della cura verso chi ha veramente bisogno di perdono: lo brama, lo ricerca, lo implora.

È questo, il mistero di predilezione del Padre per i peccatori: da cercare, incontrare, cambiare. E tutto avviene nell’amore, infatti, Dio di fronte alla miseria dell’uomo comunica solo amore, cura, speranza nel suo ritorno e fiducia nella sua rinascita. È questo il mistero dell’incontro meraviglioso fra la miseria dell’uomo e la misericordia di Dio: relazione liberante, ma, soprattutto, desiderio profondo nell’uomo di diventare veramente creatura nuova.

La misericordia

Forse chi ha interpretato meglio di ogni teologo o studioso questo episodio dell’adultera è Sant Agostino, nel suo Commento al Vangelo di Giovanni (33, 5). A commento del finale del passo giovanneo, egli ha una espressione memorabile:relicti sunt duo, misera et misericordia” (“Sono rimasti due la miseria e la

misericordia”).

Tutti coloro che erano armati di pietra, pronti a soddisfare la loro sete di giustizia, hanno abbandonato miseramente il campo, lasciando soli, uno di fronte all’altro: la misera, con il peso del suo peccato e la consapevolezza della sua debolezza, e Cristo, la Misericordia, la personificazione dell’amore del Padre. Miseria e Misericordia entrano in dialogo, costruiscono una relazione, ma a gettare il ponte “verso” è la Misericordia, ovvero l’iniziativa di Cristo, che noncondanna, non giudica, ma perdona, riabilita, rinnova. Infatti, non solo rimanda assolta l’“adultera”, ma la rigenera ex novo, le dà una personalità nuova, le infonde una nuova vita: così da “adultera” guadagna la dignità di “donna”. Allora comprendiamo che questa nuova vita può esplodere solo quando ci si sente veramente amati e compresi, nonostante le miserie che ci abitano e le colpe che ci soffocano. E così accade il miracolo: da peccatori minacciati dal giudizio inclemente degli uomini a salvati perché toccati dalla misericordia di Dio; dal dolore per il peccato alla gioia della pienezza di grazia; dalla condizione della lacerazione alla comunione con Dio.

Ma tutto questo è possibile perché la misericordia di Dio è straordinaria. Infatti, per Dio prevale la persona: non ci sono peccatori dinnanzi ai Suoi occhi, ma uomini fragili che vogliono vivere, che vogliono amare. E inoltre, dinnanzi ai Suoi occhi prima di tutto ci sono gli uomini, non i loro errori, ci siamo noi prima del nostro cadere nell’errore, del nostro allontanarci da Lui, del nostro non essere più. E ancora dinnanzi ai Suoi occhi c’è l’uomo quale può diventare domani, non quale è stato ieri. Questo, è certamente un forte messaggio di speranza: a nessuno, per quanto abbia sbagliato, va negato un futuro migliore, risanato e pacificato.

Gli occhi di Gesù, dunque, vedono tutto questo nella donna davanti a sé: vede la persona nuova che potrà diventare, capace di amare come Dio l’ha amata, di perdonare come Dio l’ha perdonata. Ecco il miracolo vero: dall’incontro fra la miseria dell’uomo e la misericordia di Dio nasce un uomo nuovo, trasformato “conformato” al cuore di Cristo. Allora il vero cuore del racconto giovanneo non è il peccato da condannare o da perdonare, ma la verità di un Dio dal cuore più grande del nostro cuore e del nostro peccato, la cui prima legge è che l’uomo viva.

 Il perdono

La donna sente quello sguardo di misericordia come un balsamo che le scende nel cuore. Nessun uomo l'aveva mai guardata cosi! Quanta nuova fiducia dovette infondere nella donna quel « va'!». In quel momento, esso significava: torna a vivere, a sperare, torna a casa; riprendi la tua dignità di donna; annuncia agli uomini, con la tua sola presenza tra di loro, che non c'è solo la legge, c'è anche la grazia; non c'è solo la giustizia, c'è anche la misericordia. Si potrebbe pensare che forse Dio poi non è così severo e giusto, giacché perdona, assolve e rimanda a “casa” peccatori dichiarati. In realtà chi sperimenta il mistero di questo Amore che perdona, sa che Dio non giustifica il peccato, non banalizza la colpa, semplicemente fa ripartire la vita, riapre il futuro. In questi termini Gesù ha donato il perdono all’ adultera. Di fatto, leggendo con attenzione le parole di Gesù rivolte all’adultera ci rendiamo conto che Egli non pensa di scusarla o di attenuare la gravità della colpa. Quel peccato, infatti, conserva tutta la sua oggettività. Ma è anche vero che il perdono di Gesù scaturisce dalla cura e dall’attenzione alla persona, al suo avvenire, alla sua salvezza.

Solo un amore simile può penetrare in profondità, arrivare al “santuario” di ogni persona, spalancare la porta verso quel “territorio segreto” nel quale si decide se cambiare: essere uomini vivi in Dio o morti nel mondo, aperti all’Eterno o chiusi nel tempo. in questo modo Cristo cambia dal di dentro e dal di dentro inizia il cammino nuovo, un cammino segnato dalla grazia, perciò orientato all’amore verso Dio e verso il prossimo. Dunque sperimentare il perdono di Gesù è molto di più che l’essere liberati dal proprio passato di peccato, è ritrovare un volto nuovo, dignitoso, è ritrovare la possibilità di un futuro diverso. È ricominciare a vivere, a vedere il mondo per la prima volta: “E questa è la fede, / e questo è Lui,/ che ti cerca per ogni dove/ anche quando tu ti nascondi / per non farti vedere”(A. Merini)

 Conclusioni

Ciò che Gesù volle inculcare in quella circostanza non è che l'adulterio non è peccato, o che è cosa da poco, tant’è vero che c’é una condanna esplicita , anche se delicatissima, nelle parole: «Non peccare più»2. Gesù non intende dunque approvare l'operato della donna, ma intende condannare l'atteggiamento di chi è sempre pronto a scoprire e denunciare il peccato altrui.

“Va’ e non peccare più”: è la parola di Cristo che continua a risuonare nel sacramento della penitenza, quando, riconoscendo i nostri peccati - cioè ogni aspetto della nostra vita che non è conforme all’insegnamento di Gesù - ci affidiamo con piena fiducia alla sua misericordia, nel desiderio sincero di essere più fedeli al Vangelo. Allora la nostra “confessione” diventa segno concreto di questa sincerità; e l’“assoluzione” del sacerdote diventa segno concreto del perdono di Dio, sempre offerto alla nostra fragilità, per trasformarci a immagine di Cristo con la forza del suo Spirito.

Il cuore del racconto non è il peccato da condannare o da perdonare, ma un Dio più grande del nostro cuore, la cui prima legge è che l’uomo viva. Va e d’ora in avanti… “ Verginità è salpare ad ogni alba verso terre intatte “ ( D. Montagna). “ La dolce pietà di Dio” ( Bernanos) è un oceano senza sponde, così deve essere il nostro cuore fatto simile a quello di Dio. Concedi anche a noi Signore la grazia di vederti mentre ti alzi in piedi davanti a me e mi parli, l’umiltà di lasciare cadere di mano tutte le pietre che avevo preparato, la gioia di sentirmi perdonato da te. E non lancerò più pietre. “ Non mi sono mai chinato a raccogliere il sasso che mi venne gettato dall’una o dall’altra parte della strada” ( Papa Giovanni) Ogni tappa di questa Quaresima ha rappresentato un momento fondamentale per acquistare un gradino in più verso la conoscenza dell’amore profondo rivelatosi nel mistero della Pasqua del Signore. Conoscere significa penetrare progressivamente nella realtà di quel mistero, sperimentarne la portata sconvolgente, finché interamente attirati da Esso ne diventiamo parte integrante. Allora da semplici spettatori dell’amore e della misericordia di Dio, ne diventiamo testimoni attivi, ovvero anche noi conformemente al Padre diventiamo uomini capaci di amore e perdono, secondo quanto ci ha rivelato il Figlio. Aver vissuto il cammino quaresimale profondamente motivati da questo desiderio di comprendere il mistero d’amore di Dio, significa aver capito alla fine del cammino che tutto quanto abbiamo è niente, è misera cosa di fronte alla prospettiva di “guadagnare Cristo”. Ovvero di desiderare con ogni forza di accostarsi alla sublimità della conoscenza del mistero di Cristo per trovare in Lui “ il premio” e la perfezione della nostra vita, per “essere presi e compresi” nel suo mistero.

Finisce il cammino quaresimale e inizia il nuovo cammino pasquale: da uomini vecchi in Cristo possiamo diventare, se lo vogliamo, uomini nuovi.

Serena domenica

 
+ Vincenzo Bertolone

NOTE:  

Il tribunale si è spopolato; nell'aula sono rimasti solo il giudice e l'imputata. Finora Gesù è rimasto chinato a terra; ora si alza, guarda la donna: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». «Donna»: sulle labbra di Gesù questo titolo non suona disprezzo come sulle labbra degli accusatori («questa donna... donne come questa»), ma onore e rispetto. È lo stesso titolo con cui si rivolse alla Madre dall'alto della croce: «Donna, ecco tuo figlio». Chissà con che tono, nel silenzio seguito alla partenza degli accusatori, la donna risponde a Gesù: «Nessuno, Signore». E Gesù: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più».

  

2 L'adulterio resta infatti una colpa devastante che nessuno può tenersi a lungo e tranquillamente sulla coscienza, senza rovinare con essa, oltre la propria famiglia, anche la propria anima. Mette la persona nella non-verità, costringendola quasi sempre a fingere e a condurre una doppia vita. Non è solo tradimento del coniuge, ma anche di se stesso.

 


 

 

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