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Processioni: Aria nuova PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
lunedì, 25 febbraio 2013 15:18
Image«La Chiesa, sull’esempio di don Puglisi, può svolgere un ruolo determinante per sviluppare etica e legalità. La mafia è essenzialmente incultura e quindi si deve combattere soprattutto con la cultura». Il pensiero che il sostituto procuratore nazionale antimafia Giusto Sciacchitano affidava ad un’intervista mi è tornato in mente nell'apprendere degli echi di cronaca che giungono da Taranto, dove la Chiesa locale ha avviato un condivisibile processo di regolamentazione delle processioni della settimana santa che porti infine anche all’abolizione degli incanti. Novità simili giungono da Castellammare di Stabia, dove il locale Pastore è impegnato  a sottrarre le processioni all'influenza dei capimafia, seguendo un percorso già noto ad altre realtà ecclesiali del Meridione, non ultime quelle di Calabria, da tempo impegnate su questo stesso versante.

D'altra parte, quello delle processioni infiltrate dalle cosche è fenomeno ricorrente, ma non per questo inevitabile e, men che meno, accettabile. La Quaresima, ed il dovere di una pastorale attenta agli autentici valori evangelici, richiamano perciò all'impegno per una religiosità autentica, coraggiosamente aliena da tutto ciò che offusca il bello, il vero, il santo che si celebra ogni volta che si sceglie di mettersi in cammino, penitenti ed in preghiera, dietro la statua d'un santo o della Vergine o del Cristo in croce.

La tradizione popolare è un tesoro da custodire e da valorizzare come una manifestazione della fede; eventuali incrostazioni, se non rimosse, rischierebbero di minarne l’autenticità.
È, per molti, versi, una questione di mentalità. E la mentalità si cambia non vietando o denunciando, ma soprattutto seguendo seri percorsi formativi come unico antidoto alla “non cultura” rappresentata dall’ignoranza, dalla tracotanza, dal disprezzo,  ingredienti tipici della ricetta mafiosa.  Non è dunque fuori luogo il richiamo a don Puglisi. Il suo sacrificio ha dimostrato che sebbene i mafiosi si siano sempre auto accreditati come buoni cristiani, basando il loro “credo” sui santini o addirittura sulla Bibbia, il loro modo d’essere e di pensare si traduce nella negazione del Vangelo.  In quest’ottica, le manifestazioni religiose, le processioni in particolare, altro non sono che uno strumento di riconoscimento sociale di ciò che in realtà non si possiede. Troppo spesso, davanti a queste mistificazioni, gli uomini di Chiesa sono rimasti silenti. Poi sono venuti il grido forte e profetico di Giovanni Paolo II ad Agrigento ed il martirio del parroco di Brancaccio. Due momenti che hanno cambiato la storia, piantando i semi di una Chiesa che non tollera più forme di falsa cristianità e di un insegnamento che trova eco proprio nelle parole di Puglisi, da non dimenticare: «È importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi. Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno valore ma se ci si ferma a questo livello sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti».

+ Vincenzo Bertolone

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