Vangelo dell'Epifania |
Scritto da +V.Bertolone | |
domenica, 06 gennaio 2013 08:18 | |
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 2,1-12. - Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele. Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese. Epifania del Signore - 6 gennaio 2013 Carissimi confratelli, carissimi fedeli, Cristo si manifesta oggi a tutte le genti come la “Luce del mondo”:«Alzati», ci dice la prima lettura; «rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te» (Is 60,1). La festa liturgica che celebriamo può dunque essere considerata il compimento del mistero del Natale, nel senso che quanto avvenuto a Betlemme in una notte di freddo e di gelo viene misticamente epifanizzato ai popoli di tutta la terra. I nostri fratelli della Chiesa d’Oriente esprimono questa verità di fede descrivendo il Natale come “teofania”, cioè manifestazione di Dio. L’Epifania è stata invece definita da qualche commentatore del Vangelo come la festa dei cercatori diDio, di coloro che non temono di avventurarsi in un lungo e faticoso cammino per giungere a Lui. E’ vero: l’uomo – ogni uomo e forse a sua stessa insaputa – è un cercatore di Dio. E Dio cerca come i Magi, con gli occhi fissi al cielo, ossia guardando in alto, oltre gli aspetti più immediati, materiali, terreni. Nella prima lettura abbiamo ascoltato il profeta Isaia, ispirato da Dio, contemplare Gerusalemme come un faro di luce che, in mezzo alle tenebre del mondo, orienta il cammino di tutti i popoli. Nella seconda lettura ci è stato riproposto quanto l’apostolo Paolo scriveva agli Efesini, ovvero che proprio il convergere di giudei e gentili, per iniziativa amorevole di Dio, nell’unica Chiesa di Cristo era il mistero manifestato nella pienezza del tempo, la grazia di cui Dio lo aveva fatto ministro (cfr Ef 3,2-3a.5-6). Tra poco, nel Prefazio, canteremo: «Oggi in Cristo luce del mondo / Tu hai rivelato ai popoli il mistero della salvezza». Nessuno, pertanto, abbia paura di Cristo e del suo messaggio! E se nel corso della storia i cristiani, essendo uomini limitati e peccatori, hanno talora potuto tradirlo con i loro comportamenti, questo fa risaltare ancor di più la luce è Cristo e che la Chiesa riflette solo rimanendo unita a Lui. Nella storia, in effetti, la Chiesa è al servizio di questo mistero dibenedizione per l’intera umanità. In esso, la Chiesa assolve appieno la sua missione solo quando riflette in se stessa la luce di Cristo Signore, e così è di aiuto ai popoli del mondo sulla via della pace e dell’autentico progresso. Infatti resta sempre valida la parola di Dio rivelata per mezzo del profeta Isaia: «… le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te» (Is 60,2). La Chiesa, poi, di fronte alla cultura attuale, incline al relativismo ed al nichilismo, non si stanca di rivendicare il valore conoscitivo della ragione umana in rapporto alla verità e in particolare alla verità religiosa, quella che legge le opere di Dio creatore come testimonianza della sua esistenza. «Abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorare il Signore» (Acclamazione al Vangelo, cfr Mt 2,2). Quello che ogni volta ci stupisce, ascoltando le parole dei Magi, è che essi si prostrarono in adorazione di fronte a un semplice bambino in braccio a sua madre; non nella cornice di un palazzo regale, bensì nella povertà di una capanna a Betlemme (cfr Mt 2,11). Come è stato possibile? Che cosa ha li ha convinti che quel bambino fosse il re dei Giudei e dei popoli? Li avrà di certo persuasi il segno della stella, che avevano visto nel suo sorgere e che si era fermata proprio sopra il luogo dove si trovava il Bambino (cfr Mt 2,9). Ma anche la stella non sarebbe bastata, se i Magi non fossero stati completamente aperti alla verità: a differenza del re Erode, preso dal potere e dalla ricchezza, essi erano protesi verso la meta della loro ricerca, e quando la raggiunsero, benché fossero uomini colti, si comportarono come i pastori di Betlemme: riconobbero il segno e adorarono il Bambino, offrendogli i doni preziosi e simbolici che avevano portato con sé. I Padri della Chiesa hanno visto in questo singolare episodio narrato da san Matteo anche una sorta di rivoluzione cosmologica, causata dall’ingresso nel mondo del Figlio di Dio. San Giovanni Crisostomo scrive: «Quando la stella giunse sopra il bambino, si fermò, e ciò poteva farlo soltanto una potenza che gli astri non hanno: prima, cioè, nascondersi, poi apparire di nuovo, e infine arrestarsi» (Omelie sul Vangelo di Matteo, 7,3). San Gregorio Nazianzeno afferma che la nascita di Cristo impresse nuove orbite agli astri (cfr Poemi dogmatici, V, 53-64: PG 37, 428-429). Il che è chiaramente da intendersi in senso simbolico e teologico. In effetti, mentre la teologia pagana divinizzava gli elementi e le forze del cosmo, la fede cristiana, portando a compimento la rivelazione biblica, contempla un unico Dio, Creatore e Signore dell’intero universo. Mi domando: e se i Magi dovessero passare di nuovo oggi, per le strade dei nostri paesi, la loro ricerca religiosa non tornerebbe forse a mettere in risalto, in tantissime persone del nostro tempo, gli atteggiamenti di indifferenza o di rifiuto di allora? In realtà, ci sono molti uomini che trascurano di cercare Dio, perché dicono di non sentirne il bisogno. Il loro unico interesse sono le cose di quaggiù: il benessere, il lusso, il piacere, il potere, la libertà senza limiti; il loro orizzonte di vita è solo il mondo sensibile, e questo orizzonte pare essere l’unico esistente o comunque l’unico capace di dare significato concreto alla vita! Costoro sostengono: che senso può mai avere Dio là dove la scienza raggiunge mete sempre più alte, la tecnica produce effetti strepitosi, l’organizzazione sociale e politica si ritiene onnipotente, capace cioè di illuminare ogni problema, di esaudire ogni richiesta, di soddisfare ogni bisogno? È definitivamente tramontato - si dice - il tempo nel quale Dio veniva invocato come un “deus ex machina”, cioè una magica soluzione di tutti i problemi umani: l’uomo è diventato adulto e basta a se stesso! Ma è proprio vero che si può rimanere indifferenti o chiusi all’esigenza religiosa e quindi alla ricerca di Dio? È proprio vero che, soprattutto in presenza di certe situazioni, Dio non è necessario e l’uomo è autosufficiente? È vero piuttosto il contrario: se ascolta il proprio cuore, l’uomo si sente scosso dall’anelito verso l’assoluto, verso l’infinito e l’eterno. Le celebri parole delle Confessioni di sant’Agostino sono il segno dell’esperienza di tutti gli uomini di ogni tempo e luogo: «Tu ci hai fatto per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto sino a quando non riposa in Te» (Confessioni, I, 1). In tal senso l’uomo può essere definito un essere religioso, un cercatore di Dio. Riascoltiamo, in questa prospettiva, un importante testo del Concilio Vaticano II: «La ragione più alta della dignità dell’uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere, l’uomo è invitato al dialogo con Dio: non esiste, infatti, se non perché, creato per amore da Dio, da lui sempre per amore è conservato, né vive pienamente secondo verità se non lo riconosce liberamente e se non si affida al suo Creatore» (Gaudium et spes, 19). In un’ottica siffatta, l’Epifania diviene la festa della fede anche nel suo aspetto esistenziale ed antropologico: nei Magi venuti da lontano scopriamo la profonda verità del camminare dell’uomo, nel cui cuore è sempre viva la speranza di arrivare alla verità, e all’uomo che ricerca con sincerità e con coraggio viene garantita una luce che lo guida. Il cammino è un pellegrinaggio segnato dalla precarietà e dall’insicurezza, donata alla mera conoscenza della meta. La domanda denota l’umiltà di chi si affida ad altri per avere una giusta interpretazione delle Scritture. Dobbiamo dunque essere cercatori di Dio sempre, senza stancarci di fronte alle difficoltà, anzi appassionandoci sempre più, esercitando il talento della ragione che il Signore ci ha dato, addentrandoci nelle Scritture in attento ascolto della parola di Dio e, soprattutto, vivendo con ansia crescente l’incontro personale d’amore con Cristo, il Logos del Padre e il Figlio suo prediletto. Dall’Epifania ci giunge il preciso messaggio che il senso della nostra vita sta nella ricerca di Dio. Ci arrivano soprattutto una grazia, un’energia divina salvatrice e palingenetica: la luce della stella, che è la stessa persona viva di Cristo, ci è donata nuovamente ed è proposta a ciascuno di noi come nostra via, vita della nostra vita e nostro traguardo beatificante. Carissimi, la solennità dell’Epifania, con la grazia della manifestazione di Cristo, rinnovi allora il nostro cuore, facendo crescere sempre più in noi il desiderio insopprimibile di vedere, incontrare, adorare e testimoniare il Signore Gesù, unico Salvatore del mondo, speranza e gioia di ogni cuore. Amen. + Vincenzo Bertolone |
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