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Bene Comune, Magistero-Testimonianze PDF Stampa E-mail
Scritto da R. Chiriano   
sabato, 17 novembre 2012 01:00

ImageIl 17 dicembre del 2010, l’allora vescovo di Cassano mons. Vincenzo Bertolone promosse un convegno dal titolo “Il Bene Comune: Magistero e Testimonianze” . A relazionare, tra gli altri, fu chiamato l’avv. Rosario Chiriano, già presidente del Consiglio Regionale della Calabria dal 1980 al 1983 e deputato al parlamento dal 1987 al 1992, facente parte della DC quale esponente di spicco del cattolicesimo democratico, grande amico ed estimatore del primo presidente della Regione,  il mai dimenticato prof. Antonio Guarasci. L’avv. Chiriano possiamo dire che fa parte  di quel manipolo di politici che hanno dato prestigio  alla politica calabrese per capacità, cultura e dirittura morale, qualità che, possedute da chi è preposto alla guida politica di un territorio,  danno dignità e rispetto alle istituzioni.  Possiamo facilmente affermare senza tema di smentite che Rosario Chiriano può essere incluso nella migliore tradizione del regionalismo calabrese che ha visto emergere uomini come il già citato prof. Antonio Guarasci, il pneumologo Consalvo Aragona, lo storico  Gaetano Cingari, l’avv. Bruno Domijanni, Tommaso Rossi e tanti altri che hanno dato lustro alla politica calabrese; quale differenza, ahimè,  con taluni politicanti che oggi scaldano gli scanni di palazzo Campanella! Parolai, affabulatori, degni rappresentanti di una mediocrità politica  priva  di cultura e di spirito di servizio.  Abbiamo avuto la relazione che l’avv. Chiriano pronunciò in occasione di quel convegno e la presentiamo ai nostri attenti frequentatori del sito, sicuri che sarà apprezzata come merita. Ringraziamo, da parte nostra, mons. Bertolone che ci ha regalato, durante i quattro anni di permanenza nella nostra diocesi,  la possibilità di conoscere ed ascoltare personalità di grande levatura durante i vari convegni da lui voluti ed organizzati. Trovate l'intera relazione in coda alla presente nota - Buona lettura (administrator)  (foto:l’avv. Chiriano nel 1985)

Il Bene Comune: Magistero-Testimonianze

Per il nostro discorrere la memoria mi aiuta a ricordare Loreto al primo grande incontro dei cattolici italiani. Erano gli anni ottanta del secolo breve, quando S.S.Giovanni Paolo II indicò ai cristiani pure come procedere per realizzare il bene comune.  Esortò a riscoprire "il ruolo anche pubblico che il cristiano può svolgere per la promozione dell'uomo e per il bene nel pieno rispetto anzi nella convinta promozione della libertà religiosa e civile di tutti e di ciascuno, senza confondere in alcun modo la Chiesa con la comunità politica". Il Pontefice si rivolgeva al popolo di Dio invitandolo ad "operare con umile coraggio e piena fiducia nel Signore affinché la fede cristiana abbia o ricuperi, anche e particolarmente, in una società pluralista e parzialmente scristianizzata, un ruolo guida e una efficacia trainante nel cammino verso il futuro". La esortazione è chiara nel richiamo degli elementi connotanti la presenza del cristiano nella società: Chiesa e comunità politica non si confondino; umiltà e coraggio si fondino nell' operare per la società; la fede animi !'impegno del credente con azione attiva verso il bene della società.

In tali concetti è racchiusa l'opera del credente nel contesto della comunità, per potere offrire responsabilmente il servizio in vista del bene comune; cosÌ testimoniando la identità che gli deriva dal suo essere fedele ai valori di vita e di promozione nella società connotata dal pluralismo culturale.

La Gaudium et Spes aveva affermato che "la cultura, scaturendo dalla natura ragionevole e sociale dell'uomo ha un incessante bisogno della giusta libertà per svilupparsi e si deve riconoscere la legittima possibilità di esercizio autonomo secondo i propri principi. A ragione, dunque, esige rispetto godendo di una certa inviolabilità salvo evidentemente i diritti della persona e della comunità, sia particolare  che universale, del bene comune".

Costante rimane presente il riferimento al bene comune che costituisce il bene ultimo per 1'affermarsi della giustizia sociale. Tanto connota la civiltà dell' amore che vede la persona, essere libero e sociale, soggetto della storia.

Il credente viene esortato a vivere da cittadino aperto agli altri e, con essi, in comunione. Una realtà comunitaria si regge anche sulla memoria collettiva perciò su verità storiche condivise e, pure, su "verità morali" come possono essere le costituzioni democratiche quando poggiano su principi fondamentali: la libertà, la dignità della persona coi suoi diritti umanamente pregnanti, !'incontro nella convivenza, la responsabilità nell' operare, la sottomissione alle leggi poiché lo stato democratico è ancor prima stato di diritto (sub lege libertas). E poi, il dialogo. Dialogo e comunione sono espressione di libertà. E' il dialogo che alimenta la pluralità culturale la quale, nel confronto, dà conferma del bisogno dell'uomo di vivere in società.

Eppoi la cultura dell'incontro ha bisogno di essere animata dalla fede, la quale porta a radicare il senso di amore che si innesta nella vita sociale e diventa lievito.

I! credente va incontro all'uomo: egli sente che è chiamato nella testimonianza alla ricerca del bene comune.

 

Chiediamoci cosa è lo stato e quale il suo fine.

E nella storia lo stato quale fine ha perseguito? Allora uno sguardo al passato. Su grandi linee.

Per la filosofia politica del mondo greco il fine dello stato resta dentro di esso: fine è la virtù e la felicità dei cittadini; e il fine non tende alla virtù e alla felicità del singolo ma al bene di tutta la comunità, di tutti i cittadini. I! fine dello stato platonico (Repubblica - Leggi) è nel bene comune, nella perfezione e felicità di tutti i cittadini.

Aristotele (Politica) completa il concetto: il fine è perseguibile attraverso leggi, educazione e partecipazione corale.

Per i greci il bene comune è posto quale fine dello stato in quanto questo sorge, esiste, opera.

A Roma la concezione dello stato differisce: è inteso come istituzione di "diritto naturale" ma è creatura della legge. Il suo fine è il bene comune realizzando la giustizia per i cittadini, istituzioni e stato. La giustizia sta nell' ordine giuridico nel quale il cittadino trova i suoi ideali di perfezione e di felicità "la Repubblica è reggimento dei cittadini, ordinata a provvedere ai beni del Popolo" (Cicerone,"Repubblica").

Machiavelli affronta il problema del bene comune affermando che esso come problema si pone solo nelle Repubbliche;  il Principe nel suo stato "pensa solo a se stesso ed al perseguimento della gloria" (Discorsi).

In Rousseau lo stato del contratto impone una professione di fede "puramente civile" e lo stato può bandire chiunque non gli crede" che se qualcuno si conduce come se non vi credesse, sia punito con la morte (contratto, II,2).

Lo stato hegeliano è teocrazia laica:  il suo fine è sopra lo stato. Pensare ad un "bonum comune" sarebbe infantile.

Il fine dello stato marxista si alterna in due tempi: quello del secondo tempo è lo stato vero dell'ideologia, si identifica con l'utopia ed il suo fine è il bene comune nella piena felicità di tutto il collettivo sociale e dei singoli.  Quale il fine dello stato borghese classico nato dalla rivoluzione dell '89? La borghesia si è impossessata dello stato e del potere asservendoli all'interesse di classe; il fine di tale stato è il bene comune della classe borghese.  Nella dottrina cattolica il bene comune è il fine dello stato, ma la forma dello stato, quindi del potere, non è centrale perché al centro vi è il problema del bene comune per la persona. Lo stato è concepito come vera comunità, distinta dai membri che la compongono, riconosce il fine compreso nel piano grande della creazione.  Il fine in questa visione "conferisce dignità e maestà" con la elevazione sopra la sfera delle finalità razionali (stato greco) come dalle utilità materiali individualistico-collettivista (roussoiano-liberale-marxista) innalzandolo ad una sfera morale di dedizione sovra individuale.

La dottrina cattolica conferisce allo stato il carattere di organismo di diritto naturale con presupposto metafisico "rientrante in ordo cosmico universale".

Il bene comune si inserisce nel regno elevato della moralità al servizio del fine eterno dell'uomo conquistando superiore dignità. Il bene comune diventa essenziale.

San Tommaso nel De Regimine afferma "il bene comune dello stato consiste nella felicità umana procurata col mantenimento della pace e dell' ordine nella giustizia. Cercare tutte quelle condizioni per una terrena felicità, nella pratica della vita protesa al fine ultimo, Dio e la vita eterna" .

Il bene comune, espressione ideale della vita, può provenire solo dal contributo che la persona offre con la propria attiva condotta al corpo sociale, ponendo attenzione alla innata aspirazione che la indirizza alla vita di comunione. Esso si costruisce mediante l'attuazione di quell'interesse della persona che affiora nel sentirsi portata all'incontro al fine di conseguire perfezione e felicità, completandosi nel corpo sociale al quale si pone in correlazione. Nella certezza che il bene della società può anzitutto essere suo ed è per questo che lo ricerca.

Soggetto, al cui beneficio si riversa il bene comune, è la persona. L'uomo ne è fonte stessa, "artefice e costruttore geniale del bene comune, ne è il termine prossimo nobile e spirituale ed immortale sul quale il bene si riversa " appagandone le aspirazioni per soddisfare le ragioni che lo hanno portato verso "l'ideale della vita sociale".

Maritain  il bene comune lo concepisce come bene della persona. Alla nozione di persona come unità sociale "sta di fronte la nozione di bene comune come fine del tutto sociale, sono due nozioni correlative che si comprendono l'un l'altra. Il bene comune è tale perché viene ricevuto in persone ognuna delle quali è come uno specchio del tutto". Il fine della società è il bene del corpo sociale.

Allora in primo luogo il bene suppone il rispetto della persona che nella comunità politica ritrova la sua realizzazione più completa ed il bene comune implica la pace che si afferma in un ordine giusto; nel quale si consegue la giustizia sociale. L’attività umana vive all'interno di culture e con esse interagisce. L'uomo resta ispirato dalla coscienza e, dice la Centesimus annus, che ha la capacità di autodominio, di sacrificio personale, di solidarietà, di disponibilità per promuovere il bene comune. Per questo il primo e più importante lavoro si compie nel cuore dell'uomo dove questo si impegna a costruire il proprio futuro che dipende dalla concezione che ha di se stesso e del suo destino.

Nei documenti del Magistero della Chiesa il richiamo al bene comune è una costante: la consistenza del concetto è racchiusa da Leone XIII con la "Immortale Dei" nella  "perfecta sufficientia vitae". Sta in essa il senso proprio del Bene Comune a cui tutti i cittadini hanno diritto. La dottrina politica che origina dalla ispirazione cristiana ha sì ripreso dal pensiero classico il rapporto Stato-Bene Comune ma supera il ristretto confine della polis  e dello Stato estendolo all'intero genere umano.

CosÌ nella Pacem in terris Giovanni XXIII lo precisa: "la ragion d'essere dei poteri politici è quella di attuare il bene comune delle stesse comunità politiche; il quale bene comune, però, va concepito promosso come una componente del bene comune dell'intera famiglia umana".

E' lo sguardo verso l'universalità che anima la cristianità cattolica la quale rinverdisce quanto allo sviluppo dell'Umanità l'agostiniano "domus, urbis, orbis". E sempre nello stesso documento il bene comune universale si richiama a fissare le ragioni: "la comunanza di origine, di tutti gli uomini, l'identità della natura, la comunanza di redenzione e di comune destino lega tutti gli uomini e li chiama a formare un'unica famiglia".

Mediante il magistero la Chiesa esplica i principi enunciati. La dottrina sociale della Chiesa è la sfida che anima la fonda mentalità della dimensione sociale dell'uomo nel rapporto persona società e attiene alla pienezza di convivenza umana.

Nella contemporaneità sulla scena della storia dell’Umanità si innesta, quale evento particolarmente significativo ed incidente, il Concilio Vaticano II. Con esso il contesto ecclesiologico, nella realtà stessa della Chiesa-Popolo di Dio, va verso un rapporto sempre più pastorale con la società e con il mondo.

Fine della Chiesa con la Rerum novarum è quello di proporre un ordine sociale naturale.

Col Concilio la Gaudium et Spes afferma che la Chiesa va a porre la sua energia che riceve da Cristo per "salvare la persona" al fine di contribuire ad "edificare l'umana società" ponendosi, con il suo proprium, la ricchezza del Vangelo, che la costituisce sacramento di salvezza accanto agli uomini per comunicare con loro" .

Il mondo è visto come la realtà che costituisce la vita quotidiana dell'uomo e di tutta la società. Fede e vita sono "sintesi vitale" per dare il significato della presenza dei cristiani nel mondo. E la stessa evangelizzazione è incontro fecondo della fede con le ragioni della storia e della scienza.

Si amplia il concetto di apostolato dei laici-credenti che animano la società. Aveva detto Maritain a rendere presente il Vangelo nel mondo futuro saranno soprattutto i laici". Allora quale identità dare alla nostra personale presenza oggi e cosa deve significare essere cristiani dentro una determinata realtà animata dal lavoro, dall' economia, dalla politica? Questo convegno vuole tendere a far ritrovare dentro di noi stessi le virtù che ogni uomo possiede e invita a scoprirle quali talenti da offrire.

Per il cristiano Virtù significa amore per l'uomo e per la società: quale bisogno-dovere strettamente morale che l'uomo è disposto a dare a garanzia per quel che riguarda la sua condotta; il che costituisce la condizione della sua Virtù. L'attenzione al bene parte dall'interno del cuore da dove nascono le azioni come desiderio di dare e ritornano sotto forma di bene che allieta.

Perché l'uomo ha bisogno di essere e l'essere è "l'ideale, reale e morale quindi la persona è insieme bisogno'di verità, bisogno di realtà, bisogno di moralità" come afferma Antonio Rosmini.

Il bene comune origina da questo bisogno che è insito nella natura dell' essere umano e la Chiesa nella sua ampia concezione della vita insegna e persegue a ricondurre verso il bene della persona creatura di Dio.

I testimoni di fede impersonano identità chiare. Non pochi tra loro quelli che hanno lasciato tracce profonde indicando vie maestre. Tanti i sacerdoti e tanti i laici credenti. Ne richiamo alcuni:

Arturo Carlo Iemolo, docente sommo e credente di intelletto elevato; fu critico verso quello che bollava come "cattolicesimo di parata" , saldatura tra "pigrizia intellettuale ed ossequiosa

accondiscendenza all' autorità". Parlò di "coscienza laica" ed identificò "l'essere laico" con "l'accettare il presupposto di uno stato laico che debba accogliere credenti e non credenti e riconoscere a tutti eguali diritti ed eguale dignità e che lo Stato debba ispirare le sue leggi e le sue opere a quelle visuali di bene che sono comuni a tutte le concezioni".

Ma al Cristiano si richiede "un di più" dato che egli deve accettare il fatto che lo stato attraverso la legislazione può consentire quello che per lui credente è peccato. Nella sua lezione di vita si coglie una chiara spiritualità umanamente e cristianamente pregnante accostata all' eticità politica che i costituenti repubblicani hanno immesso nelle norme fondamentali della nostra Magna Charta .

Testimonianza ammirevole fu quella del sociologo Achille Ardirò, un cristiano che ha educato con la sua vita verso il bene comune. Rappresenta un modello di credente laico carico di maturità di fede rafforzata sulle scelte conciliari. Sognò che "la politica fosse illuminata dalla trascendenza ma vissuta come autonomia, da laici". Indirizzò verso una speranza che il laicato cattolico potesse pienamente vivere ricordando di possedere il mandato per rivendicare ed esercitare la testimonianza. Il Cristianesimo non può ridursi al rango di pura religione civile, perciò diventa responsabilità del credente farsi testimone fedele della Verità. Il dovere del laico credente sta nell' equilibrio tra contemplazione nella fede orante ed azione tesa a costruire il bene comune in un confronto costante dentro la comunità in quanto il cristiano non sovrasta il mondo, "egli sta nel mondo, ad esso offre e da esso riceve".

Ancora: vi è il dovere di stare entro la società con pienezza di dignità e con fierezza di appartenere alla più pura Cristianità; ce lo continua ad insegnare con vita da pastore un sacerdote, Primo Mazzolari, umile prete di paese. La sua vita è stata un permanente" dialogo con gli altri" alla ricerca del bene comune, un dialogo senza fine improntato su una spiritualità apostolica aperta alla società per diffondere la fede, un franco edificante confronto con quelli che chiamava" gli estranei ed i lontani" mai perdendo il contatto con il Mondo. Annotò "un po' di Chiesa è ovunque ed un po' di mondo è ovunque". Nella contemporaneità emerge la figura e 1'opera di un politico, Giuseppe Lazzati, il cui progetto, animato da fortissima passione evangelica, si è rivolto a pensare politicamente per la città dell'uomo da far nascere con l'impegno dei cristiani e degli uomini di buona volontà". Per vivere nel bene comune.

La sua vita spesa interamente alla costruzione del bene si compendia in una mai sopita lezione: "ciò che conta è costruire la Giustizia, rinnovare il mondo e poi andare in Paradiso". La sua "concezione della Giustizia", sulla scia Paolina e di Antonio Rosmini, è che essa proceda con la carità senza la quale non è vera Giustizia".

Quanti testimoni hanno operato in Calabria . c'è solo difficoltà a riprendeme alcuni escludendo ipiù: ricordo per sintesi i pochi:

La azione politica di Vito G.Galati resta ben ferma nella memoria della Calabria operosa: fu un uomo di fede ed intellettuale proteso verso, i più vasti interessi culturali e di religiosità.

Ha scritto su materie le più diverse: religione, letteratura, critica, arte, storia, filosofia, politica.

La sua opera è complessa per profondità di pensiero, ricchezza di analisi, vastità di impegno, di incontri solidali e fecondi con personalità eccelse: Croce, Gobetti, Anile, Semeria, Zanotti Bianco, Costanzo, Giordani, Gonella, Sturzo, De Gasperi.

Tra le decine di pubblicazioni resta significativo, come espressione di uno spirito libero di credente cattolico-laico il suo "religione e politica" edito da Gobetti, recensito da De Gasperi, il volume che fu "guida e sostegno di tanti giovani durante la dittatura" .

Nel movimento cattolico calabrese Galati è figura di primissimo rilievo, dato dagli storici De Rosa, Scoppola, Borzomati, Mariotti, Malgeri ed altri. Nel panorama cattolico calabrese, si colloca tra De Cardona, del quale eredita amore per la Calabria dei poveri ed anzia di dare contributi di operosità ed Antonio Guarasci che lo segue per ampiezza di pensiero politico e sforzo di servire la Calabria. Queste tre personalità, nella continuità della concezione politico-culturale intesa come dottrina, eticità e servizio, rappresentano le figure più significanti della presenza di apostolato, di dottrina e di azione dei cattolici calabresi in questa con temporaneità: protesi al bene comune.

Guido Gonella addita Galati quale "creatore di dottrina politica"; di Lui va ricordato il valore che diede alla politica concepita come impegno di solidarietà umana da vivere con religiosità.

Don Gaetano Mauro fu sacerdote e costruttore di opere.

CosÌ visse la sua pastoralità "Siamo nati per riempire la solitudine, portando a chi ne ha tanto bisogno, fin nel suo casolare, il pensiero di Dio, la parola di Dio, la presenza di Dio": in queste parole è condensato il miracolo della vita terrena di don Mauro. Il suo fu ruolo profetico, solidarismo enunciato con empito sacerdotale, per la meraviglia di una vita vissuta come scelta al

servizio degli altri. Lo anima una grande inquietudine, essenza dell' apostolato: vuole rendersi utile al prossimo restando vicino alla gente, in ispecie ai figli lontani del mondo contadino, gli ultimi, i più distaccati. La sua cristiana pietà è amore e dedizione.

Nella sua coscienza giovanile era germogliata !'idea di un "cristianesimo eroico" appropriato alla realtà che lo circonda.

Qui 1'eroismo è impegno quotidiano nel servire, nel lenire le ansie e le sofferenze operando per costruire coscienze d'amore per la vita: preferisce i giovani, i contadini, i poveri con 1'ardore del missionario.

Nasce la Congregazione degli ARDORINI che fiorisce e varca anche gli oceani.

Qualcuno lo definisce il don Bosco della Calabria: certo ha tante affinità col gran santo piemontese del lavoro e dei giovani.

Don Mauoro vive al servizio dell'uomo in una stagione meravigliosa per la nostra regione con una  schiera di altri apostoli: Giovanni Semeria, approdato anche in Calabria, testimone che si dedica al riscatto sociale degli orfani della guerra; parte viva ma abbandonata della gioventù meridionale, Padre Gaetano Catanoso, oggi elevato agli onori dell' altare, l' "asinello di Dio" che vive per l'uomo vedendo nel suo volto quello di Dio.

Don Francesco Mottola, parva favilla di carità, accende fiamme inestinguibili di amore a tutela dei bisognosi. Apre le "Case di Carità", ama i poveri e li accoglie. Nascono gli oblati e le sorelle oblate del Sacro Cuore. Dopo la Chiamata di Lui al padre si costituisce una Fondazione sul suo nome e sulla sua opera che svolge azione di promozione perpetuando la sua opera. La Sua testimonianza gerrnina sacerdoti, anche un vescovo che ha retto proprio questa cattedra.

Quello di don Mottola è stato sacerdozio di spiritualità e di azione la Sua VIA CRUCIS si spiega sulla opera sacerdotale con profondità dolorante per l'amata terra nostra. E' un canto di amore alla Calabria.

"la Croce vince, rifulge e regna; la croce distrugge ogni male; riporta al mondo la salvezza, alleluia". Nella mia terra di Calabria, ho rifatta in ginocchio la Via Crucis: son passato per tutti i villaggi, sono sceso in tutti j tuguri, ho transitato per tutte le quattordici stazioni.  Ho sentito il singhiozzo della mia gente nel mio povero cuore. La gente di Calabria nel suo itinerario dolorosissimo non ha conforto - come Gesù. Ma è Gesù e bisogna confortarlo nella salita necessaria al Calvario.  La casa della Carità l'ho sognata grande almeno quanto la nostra terra, accogliente tutto il dolore, non per eliminarlo, perché sarebbe sacrilegio, ma per divinizzarlo e divinizzato adorarlo.

"Adoriamo la tua croce, Signore: acclamiamo la tua risurrezione: da questo albero di vita la gioia è venuta al mondo".

"E' la croce: due legni - l'uno orizzontale, verticale l'altro - al centro, nell'interferenza, Cristo Signore, sempre agonizzante per amore di noi.

Il legno verticale congiunge la nostra terra ai cieli: nel fondo dell'anima e sopra lo stellato, è il Padre.  Il legno orizzontale si stende quanto il mondo; il mondo delle anime redente o in attesa di redenzione" .  Sulla forte spinta promozionale del grande impegno sociale e pastorale nato dalla Rerum Novarum la Calabria porta alla luce una schiera di sacerdoti.

Tra questi ha rilevanza l'azione di grande vigore sociale di un presbitero di questa diocesi: don Carlo De Cardona.  Egli avvia con ferma azione e retta coerenza un meraviglioso impegno di formazione delle coscienze ai valori del rispetto della persona, della dignità del lavoro, della solidarietà, del sostegno dei poveri.  Dotato di vasta cultura si sottrae all'insegnamento per consacrarsi al mondo operaio e per esso consumò la sua esistenza vissuta in povertà. Fu giornalista battagliero, fondatore, direttore ed animatore di testate che hanno profuso azione per oltre un quarantennio. 

Nella storia del Movimento Cattolico De Cardona è testimonianza viva di elevato valore: la sua salda formazione cristiana, mai paga del compiuto, innesta nella società calabrese una operosa fervidità di sostegno spirituale e materiale ai bisogni del popolo, in una visione evangelica che lo portò a realizzare iniziative associative di incontro tra cittadini e strutture economico-finanziarie che, animate dal bisogno di sovvenire i lavoratori per riscattarli da una ignominiosa subalternità, hanno consentito a migliaia di artigiani, modesti commercianti, piccoli coltivatori, braccianti di conseguire la liberazione dal bisogno col proprio lavoro.

L'attualità dell'opera di questo sacerdote, che subì il confine e spesso l'incomprensione, si coglie nel funzionamento di tante iniziative ancor oggi presenti e particolarmente, delle decine di casse rurali ed artigiane che danno sostegno ai lavoratori anche nella lotta all'usura e che sulla scia di quelle da lui create si infittiscono ancora.

L'uomo è chiamato da Dio a lavorare al servizio dell'umanità ed il servizio è sempre umanizzazione, difesa della dignità della persona, promozione della giustizia, della pace, del bene comune. L'oggi presenta tensioni molto grandi che portano difficoltà di rapporti tali da creare diaspore che appaiono irreversibili: si è di fronte ad "un oggi" che è presente in ogni tempo, come insegna la storia!

Perché non chiedersi come oggi i cattolici possono essere fedeli al Dio in cui credono, essere quelli che devono essere?

L'interrogativo mi porta ad un'idea che non sembra fuori luogo, anzi invita a riflettere: si tratterebbe di avviare con responsabilità una sorta di forum a vari livelli dando luogo ad incontri riflessivi tra pastori e cittadini, per confrontarsi e dibattere sui temi che emergono nella realtà dei territori quindi nella società e sui quali necessita l'intervento delle istituzioni chiamate a decidere.

Potrebbe nascere un convenire organico dei credenti in incontri assembleari compiendo opera di discernimento su problemi, su situazioni critiche, su urgenze come sono presenti nella polis e verificarli alla luce del Vangelo.

I credenti si incontrino al fine di giungere a convergenze sulle esigenze dei territori!

E' tempo di entrare nella storia degli uomini di oggi: sarebbe testimoniare operando nel mondo "in conformità alla fede ed alla differenza cristiana".

Il percorso deve limitarsi al pre-politico ed è certo che è ben difficile da creare e da vivificare ma potrebbe essere "profetico" secondo il linguaggio della fede, Necessita superare l'i.Tldifferenza.

Nella "Odogesima advenÌens" Paolo VI scriveva "spetta alle comunità cristiane analizzare obiettivamente la situazione del loro paese, chiarirla alla luce delle parole immutabili del Vangelo, attingere principi di riflessioni, criteri di giudizio e direttive di azione nell'insegnamento sociale della Chiesa. L'ispirazione del Vangelo, arricchita dall' esperienza vivente della tradizione cristiana lungo i secoli, resta sempre nuova per la conversione degli uomini e per il progresso della vita associata, senza per questo si giunga ad utilizzarla a vantaggio di scelte temporali particolari, dimenticando il suo messaggio universale e eterno".

La presenza della Chiesa nello spazio pubblico si esprima: il cristiano è chiamato alla sua responsabilità di cittadino operando secondo !'ispirazione del Vangelo per tradurre coralmente le ispirazioni in proposte. Il Concilio ce lo chiede nella Gaudium et Speso I fedeli, individualmente o in gruppo, hanno il dovere civico di agire in proprio nome, "come cittadini guidati dalla loro coscienza cristiana nelle azioni che essi compiono in nome della Chiesa in comunione con i loro pastori" (76,1)

Perché non cimentarsi?

Trebisacce (Diocesi di Cassano all'Ionio) 17 dicembre 2010

Rosario Chiriano

 

 

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