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Di armonia risuona e di follia PDF Stampa E-mail
Scritto da L.Niger   
mercoledì, 07 novembre 2012 07:24

ImageNel tempo, che, inesorabile, non passa, ma corre sempre più velocemente e che, talora, ci lascia increduli e sgomenti, alcune abilità personali si perdono o si ridimensionano, tutto diventa più fragile e più friabile.  Il corpo decade  e, non poche volte,  anche la mente perde colpi.  Sempre nel tempo ci si apre ai ricordi esistenziali, anche i momenti delle confessioni diventano più intensi e pungenti e i frammenti di vita vissuta aumentano a dismisura, dando vita a un puzzle dai pezzi infiniti, alla ricerca faticosa e speranzosa di un'immagine unitaria e significativa.  E così emergono prepotenti le speranze infrante, le illusioni perdute, gli anni che segnano e feriscono. Il tutto dominato dal dolore, inestinguibile e inenarrabile, "le fiammate laceranti del dolore", che nessuno strumento diagnostico riesce ad evidenziare. E', in parte, in piccola parte,  ciò che troviamo nell'ultimo libro di Eugenio Borgna: “Di armonia risuona e di   follia”  (Feltrinelli, pp.209, 2012).

Come già fatto, con altre pubblicazioni di Borgna,  segnaliamo solo alcuni temi, che, con quello centrale del dolore, sempre presente, si connettono e si intrecciano tra quelli ormai ricorrenti nella sua ricca produzione psichiatrica, variamente immersa nella filosofia, nella poesia, nella letteratura, insomma nelle arti in tutte le loro espressioni. Temi, sempre uguali e sempre diversi, come la malinconia, sia come malattia sia come stato d'animo, come la tristezza, come la desertica solitudine, come la nostalgia della morte e  tanti altri che rinviano alla depressione e alle esperienze psicotiche: dalla colpa all'angoscia della colpa, dalla stanchezza di vivere alla morte volontaria. Questa volta la novità più evidente, rispetto alle opere precedenti, è che Borgna si lascia andare ad alcune confessioni personali, come, tanto per fare qualche esempio, quella stella filante ( della compagna perduta, vita stellare spenta per sempre) che cade e che nessuno vede o la prima esperienza depressiva vissuta intorno ai trent'anni. Con il trascorrere degli anni sembra che, non solo attraverso le comunicazioni scritte, ma anche nei nostri colloqui analitici, le regole rigide diventano più flessibili, la distanza,  fisica ed emotiva, si riduce, la sorveglianza, linguistica e gestuale, si attenua. Fermo restando l'astinenza, l'intimità cresce e coinvolge, nella misura in cui l'analista disvela alcune sue esperienze vitali, stati d'animo, dolorosi e non.

Come gli altri libri di Borgna, anche questo è straordinariamente ricco, intenso, coinvolgente e sconvolgente.  Ecco, perché ne cogliamo qualche scheggia, qualche spunto e rinviamo, per non sfregiarne la sofferta bellezza, alla lettura intera e meditata. In ogni caso, tornano puntualmente a popolare le sue riflessioni gli stessi personaggi: Nietzsche, Leopardi, R. M.Rilke, S. Weil, G. Trakl, A. Pozzi,  V. Woolf, Kierkegaard,  e tanti altri; tutti riletti, ripensati, sezionati, amati e riamati. E la loro lettura continua a turbarci. Non manca la descrizione partecipe di alcune storie cliniche delle sue numerose pazienti.

Restano fermi due obiettivi  in tutta la produzione di Borgna: rifondare  una diversa immagine della follia e un diverso ruolo della psichiatria. E anche in quest'opera non troviamo"la follia nei suoi aspetti sintomatologici e clinici, ma la follia nei suoi aspetti psicopatologici e fenomenologici: la follia come testimonianza degli infiniti orizzonti del dolore; la follia come sorella sfortunata della poesia "e poi, l'influenza che la follia esercita sulla "immaginazione creatrice di persone geniali". Per quanto riguarda la psichiatria, lo psichiatra Borgna ha sempre lottato e continua a farlo per una psichiatria radicalmente umana, "una psichiatria aperta alla comprensione degli orizzonti di senso" e del desiderio comune, che sono in ogni forma di sofferenza".

E, infine, il titolo del libro. Il bel titolo è tratto da una poesia. In un vecchio album di ricordi, del giovane poeta austriaco  Georg Trakl (1887-1914), morto suicida.  La poesia, che un po' sintetizza, con il suo arcipelago di emozioni e nel suo stregato fascino, il percorso, ardente e gelido, del libro, è la seguente:

 

Sempre ritorni tu, malinconia,

Dolcezza dell'anima solitaria.

Ardendo si consuma un giorno d'oro.

Umile si piega al dolore il sofferente

Che d'armonia risuona e di morbida follia.

Guarda! Fa scuro ormai

Torna ancora la notte e geme un mortale

 E un altro divide la sua pe­na.

Rabbrividendo sotto le stelle autunnali

 

Ogni anno di più si china il capo.

Luigi Niger

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