Scandaloso: Olive da olio 20€/q. |
Scritto da A.M.Cavallaro | |
martedì, 23 ottobre 2012 19:52 | |
Anche io ho un piccolissimo pezzetto di terra, diciamo un orticello, sul quale vi sono 8 (dicasi otto) alberi d’ulivo, abbastanza “vecchietti”, che, purtroppo, per mia pigrizia, non vengono molto curati. Eppure le famiglie d’origine dei miei genitori erano tutt’e due di lunga e antica origine contadina, anche se distanti l’una dall’altra. Reggina della locride, quella di mio padre e della pre-sila catanzarese quella di mia madre. Due mondi completamente diversi pur ricadenti nella stessa regione: la Calabria dai mille volti. Da bambino, dalla piana di Sibari, dove ho vissuto e vivo dall’età di 7 anni, durante le vacanze scolastiche raggiungevo prima le montagne ricche di boschi di castagni, querce, faggi e conifere della Sila Piccola e ci restavo per tutto il mese di luglio e poi, con il resto della famiglia, mi trasferivo, in treno, sulle assolate e solitarie spiagge dello Jonio reggino fino alla fine di Agosto. Due mesi che trascorrevamo, mio fratello ed io, con i nostri coetanei del posto con dialetti, abitudini, giochi, modi di dire completamente diversi.
Affrontavamo questi cambiamenti senza alcun problema, i bambini si adattano alle varie situazioni ambientali, spesso meglio degli adulti. Ma in tutte le differenze che potevano esserci, notavamo, lo stesso identico amore per la terra dalla quale i nostri parenti avevano tratto, e traevano in parte ancora, il necessario per vivere. Nel catanzarese ricordo dei pomodori meravigliosi e le patate, e i legumi deliziosi, e il castagnaccio e le more nere e bianche dei gelsi; nella locride i ceci arrostiti in padella da mia nonna insieme alla sabbia della spiaggia, i lupini conditi con sale e origano, il pane di grano duro impastato con l’aggiunta di olio d’oliva abbondante che lo rendeva scuro, e le olive in salamoia nere e verdi, e le melanzane e le zucchine tagliate a strisce e seccate al sole, saltate in padella …. Ahhhh! Che sapori e aromi ormai quasi sconosciuti. Ma una necessità accomunava ambedue le famiglie: la riserva annuale di olio d’oliva. Nella Locride era ed è più diffusa la coltivazione dell’ulivo, alberi maestosi, millenari, immensi e altissimi, mentre nelle zone interne del catanzarese gli ulivi si trovavano solo in alcune valli isolate meno battute dai venti e dal gelo invernale, piccoli quasi striminziti, abbarbicati alle pendici di profondi valloni in prossimità di fiumiciattoli e torrenti, eppure curatissimi dai loro proprietari. Ognuno era fiero del proprio raccolto e dell’olio che si riusciva a produrre, poi se ne consumava molto dove se ne produceva di più, i cibi venivano conditi con “esuberanza” nel reggino, i pezzi dei pomodori e delle cipolle galleggiavano quasi nel grande contenitore nel quale si preparava la ricca insalata; mentre gli zii catanzaresi lo utilizzavano con parsimonia quasi religiosa; in cambio però usavano lo strutto del maiale per il ricco ragù della domenica o per i deliziosi biscotti cotti nel forno insieme al pane. Scusate, cari amici web-nauti, mi sono lasciato prendere dai ricordi e mi sono allontanato dall’argomento che mi ero ripromesso di porre alla vostra attenzione: l’olio d’oliva. Sebbene il mio orticello, come vi ho già detto, sia piccolo, quest’anno ho voluto raccogliere le olive dei miei alberi e con l’aiuto di un paio di volenterosi amici sono riuscito a fare un discreto raccolto, in effetti si è trattato di una distensiva giornata in campagna, resa ancor più gradevole da un appetitoso pic-nic. Il giorno dopo, come di prammatica, ho portato con orgoglio le “mie” olive al frantoio di un amico e ne ho avuto circa 40 chili di ottimo olio extra-vergine ricco anche di polifenoli. Nell’attesa della spremitura ho avuto modo di scambiare qualche parola con i contadini che con i loro trattori portavano i raccolti al frantoio, così ho avuto modo di sapere che al momento le olive da olio vengono pagate a € 20,oo al quintale, cioè venti centesimi al chilo ….! Non credevo alle mie orecchie, eppure era così. La Calabria è la seconda regione produttrice di olio extra-vergine in Italia, col 26%, viene dopo la Puglia che produce il 32% dell’intera produzione nazionale, seguono la Sicilia, la Campania e via via tutte le altre. Ebbene quella che potrebbe essere un’autentica ricchezza per tutto il sud, viene ancora una volta umiliata dalle leggi di mercato che penalizzano chi produce a vantaggio di chi commercia e specula sul sudore altrui. Tutto ciò avviene, ovviamente, anche per altri tipi di prodotti, non per ultimi gli agrumi con le nostre ottime clementine. Ma soffermiamoci ancora sui numeri, di quel 26% di olio extra-vergine prodotto nella nostra regione, solo il 5% viene venduto come olio calabrese, il resto viene imbottigliato e commercializzato da aziende che non si trovano certamente in Calabria, ma che fanno grancassa attraverso televisioni e giornali. Spesso ho sentito delle affermazioni prive di ogni fondamento da miei clienti-turisti del Nord del tipo: “il vostro olio è troppo grasso”…. “ e’ troppo denso”…. “è troppo forte” …… addirittura “è da taglio” … pazzesco! Ci sarebbe da incazzarsi, e di brutto, ma ormai non mi scompongo più di tanto e, di solito, a sorpresa, li porto presso oleifici di provata qualità ed offro loro un “assaggio” con un po’ di pane e un buon bicchiere di vino e alla fine sono pochi quelli che non ne comprano almeno una lattina. Spero che il mio raccontino abbia suscitato interesse in chi può agire per modificare questo stato di cose, e, comunque, sono convinto che se ognuno di noi, nell’ambiente in cui vive, quì o altrove, diventa divulgatore sincero ed entusiasta delle produzioni di qualità della nostra regione, potremmo ancora farcela a vincere le barriere create da pregiudizi e sciocche leggende metropolitane. Se si pensa che con le nostre olive che qui vengono pagate 0,20 Euro al chilo si produce dell’olio venduto a 12 € per bottiglia da 750 cc, nasce spontanea la riflessione che qualcosa in tutto ciò è sbagliato, che chi è preposto alla promozione e alla difesa delle nostre produzioni non è sufficientemente all’altezza del compito o, peggio, è d’accordo con chi specula. Ora vi lascio, vado a farmi un’insalata col mio olio novello … troppo grasso …. troppo denso …. ma troppo, troppo BUONO. Tonino Cavallaro |
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