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"Il Colombre ed altri Racconti" PDF Stampa E-mail
Scritto da A.M.Cavallaro   
lunedì, 24 settembre 2012 07:37
ImageIn un recente articolo di Giuseppe Aloise, pubblicato sul quotidiano di Calabria e ripreso sul nostro sito col titolo "la giovinezza del PD marca Renzi", l'autore citava un racconto fantastico di Dino Buzzati facente parte del libro "Il Colombre ed altri racconti", dal titolo  "Viaggio agli inferni del secolo" dove viene descritto l’Entrümpelung, che molti forse non conoscono. Abbiamo così pensato di pubblicarlo in modo da dare la possibilità ai nostri visitatori di conoscere ed apprezzare lo scritto di Buzzati. L'argomento è oggi più che mai attuale e si riferisce al problema degli anziani che sono buoni solo quando hanno una ricca pensione e anche in quel caso sono dei terribili rompiscatole, nessuno li vuole in casa, disturbano di continuo con le loro pretese assurde, vogliono sempre raccontare fatti e storie che non interessano ad alcuno e, diciamo la verità, sono anche un po' sporchi e quando se la fanno addosso puzzano pure, insomma Buzzati immagina di essere in un luogo imprecisato della Germania nel quale in un giorno di primavera si effettua  appunto  l’Entrümpelung, che sarebbe lo sgombero del vecchiume che si accumula in ogni casa e insieme a  mobili rotti, quadri, libri si buttano ben chiusi in sacchi di juta anche i vecchi rompicoglioni. In coda vi proponiamo una recensione del racconto scovata sul web che riteniamo molto interessante. Scherzi e battute a parte, cerchiamo di tenerceli stretti i nostri vecchietti, abbracciamoli spesso, baciamoli ogni tanto, sentiranno meno il peso dei loro anni e li aiuteremo a percorrere l'ultimo cammino  con leggerezza e serenità. (il libro è edito da Mondadori ed è reperibile anche negli Oscar)

 

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Dino Buzzati
Viaggio agli inferni del secolo

Si è scoperto l’ingresso dell’Inferno in fondo alla Metropolitana di Milano. Un giornalista è incaricato dell’indagine : sarà un Viaggio agli inferni del secolo.
Dormivo una mattina nel piccolo appartamento assegnatomi dalla signora Belzeboth, la terribile tipa incontrata il primo giorno. Dormivo e mi svegliarono rumori di mobili smossi e trascinati, di passi e di trambusto. Pazientai mezz’ora. Guardai quindi l’orologio, erano le sette meno un quarto. In vestaglia uscii a vedere. Voci, richiami, la sensazione che la grande casa fosse già tutta sveglia.
Salii una rampa di scale, di là proveniva il baccano. Sul ballatoio una vecchietta, in vestaglia anche lei, ma linda, ben pettinata, sui settanta.
« Cosa succede ? »
Lei sorrise :
« Non sa ? Fra tre giorni c’è l’Entrümpelung, la grande festa della primavera. »
« E che significa ? »
« È la festa della pulizia. Fuori, fuori tutto quello che non ci serve più. Lo scaraventiamo sulla strada. Mobili, libri, cianfrusaglie, cocci, un mucchio così. Poi vengono i furgoni del municipio a portar via. »
Sempre con quel suo mite sorriso. Era gentile, graziosa perfino, nonostante le rughe. Il sorriso si aprì :
« Ha osservato i vecchi ? » chiese.
« Quali vecchi ? »
« Tutti. In questi giorni i vecchi sono straordinariamente gentili, pazienti, servizievoli. Lo sa il perché ? »
Io tacqui.
Nel giorno dell’Entrümpelung » spiegò « le famiglie hanno il diritto anzi il dovere di eliminare i pesi inutili. Perciò i vecchi vengono sbattuti fuori con le immondizie e i ferrivecchi. »…
Ci fu uno strepitoso sommovimento nella notte fra il 14 e il 15 maggio. Ruggiti di camion, tonfi, sbattimenti, cigolii. Al mattino quando uscii era come se ci fossero state le barricate. Dinanzi a ogni casa, sul marciapiedi, ammucchiata una congerie di rifiuti di ogni genere, mobili sgangherati, scaldabagni arrugginiti, stufe, attaccapanni, vecchie stampe, pellicce sdrucite, le miserie nostre abbandonate sulla spiaggia dalla risacca dei giorni, la lampada passata di moda, gli antichi sci, il vaso slabbrato, la gabbietta vuota, i libri che nessuno ha letto, la stinta bandiera nazionale, i pitali, il sacco di patate marce, il sacco di segatura, il sacco di dimenticata poesia !
Mi trovavo dinanzi a una montagnola di armadi sedie canterani sfondati, pratiche di ufficio nelle loro grosse cartelle, biciclette di antichi tempi, cenci innominabili, putrefazioni, gatti morti, water infranti, indescrivibili residui di lunghe travagliate coabitazioni, masserizie abiti intime vergogne giunte all’ultimo stadio dell’usura. Guardai in su, era un falansterio immenso e cupo che toglieva la luce, con centomila opache finestre. Poi mi accorsi di un sacco che si muoveva da solo per interni svogliati contorcimenti. E ne veniva una voce : « Oh, oh ! » faceva, sottomessa, rauca, rassegnata.
Mi guardai intorno spaventato.
Una donna al mio fianco, con una grande borsa da spesa, rigonfia di ogni ben di Dio, mi notò :
« Cosa vuole che sia ? Uno di quelli. Un vecchio. Era tempo, no ? »
Un ragazzetto dal ciuffo protervo si è avvicinato al sacco e sferra un calcio.
Risponde un mugolio cavernoso.
Da una drogheria esce una padrona sorridente con una secchia colma d’acqua, appressandosi al sacco che lentamente brontola :
« È dall’alba che questo mi rompe l’anima. L’hai goduta la vita, no ? Cosa pretendi ancora ? E prendi questo ! »
Così dicendo ha rovesciato il secchio d’acqua sull’uomo chiuso nel sacco, il quale è vecchio, stanco, non può fornire un normale quoziente di produttività, non è più capace di correre, di rompere, di odiare, di fare l’amore. e quindi viene eliminato.
Fra poco arriveranno gli incaricati dell’autorità municipale, lo butteranno nella fogna.

 
(Recensione dal web)
Il colombre, Viaggio agli inferni del secolo
“Più la medicina si affanna ad allungarci la vita, più la vecchiaia è vissuta come un handicap e una vergogna. Il mondo è dei giovani. Il pensionato, specie quello che non consuma come dovrebbe, non si iscrive a costosi golf club né partecipa a lussuose crociere, è un peso. Purtroppo, non ancora abbastanza ” peso morto”. Per definizione, il pensionato non produce. Al massimo paga la tassa sul patrimonio. Troppo poco per gli oneri che, ai famigliari e allo Stato, la sua pervicace volontà a restare fra noi comporta. Cambiargli il pannolone è deprimente. Tenergli compagnia, una noia mortale. Mortale per noi che dobbiamo ascoltarlo, non per lui che parla. Il vecchio è un residuato. Una volta l’anziano era il saggio, che indicava la via ai giovani, che spiegava il mestiere di vivere. Oggi è il nipote che insegna al nonno come funziona il televisore, il telefono, il computer”. Così scrive Annalisa Bianchi nella recensione del libro apparsa su “Libero” che vi propongo integralmente.

UN’IDEA DI BUZZATI
E con scarsi risultati. Come si può pensare, peraltro, che sia capace di star dietro alle continue novità della tecnologia chi stenta perfino a rincorrere l’autobus? Già quarant’anni fa Dino Buzzati, nel racconto ” L’Entrumpelung”, ci aveva descritto un luogo in cui il problema della senescenza era stato risolto. Non con un misterioso elisir di giovinezza, ma con un servizio comunale. Una specie di raccolta differenziata per rifiuti ingombranti. Ingombranti come sanno esserlo solo i vecchi, dinosauri inutili anzi dannosi soprattutto per i bambini, ai quali i vecchi pretendono di insegnare non solo le buone maniere ( e passi), ma valori pericolosi quali il sacrificio, la pazienza, la lealtà. In quella zona nascosta nel ventre della metropoli, i vecchi, il giorno della Festa di Primavera, venivano dunque gettati dalle finestre insieme alle cianfrusaglie, ai frigoriferi rotti, ai vestiti consunti. I più fortunati venivano chiusi in sacchi e depositati sul marciapiede. Incaricati del Comune passavano poi a raccogliere le masserizie, animate e non.
La soluzione descritta da Buzzati in un racconto del ” Colombre” era brutale, sarcastica e immaginaria. Efficace e adatta agli anni ‘ 60 del secolo scorso, quando il giovanilismo era un fenomeno emergente e il ” politically correct” sconosciuto. Oggi il fenomeno è consolidato, e i rimedi contro la vecchiaia, anche quelli più fantasiosi, si sono raffinati.
Basta con lo schianto della nonnina sul cemento. E basta naturalmente con la geriatria, l’ospizio o la badante: troppo costosi, sottraggono ricchezza ai settori produttivi e consumistici della società, frenano lo sviluppo. Il futuro dei vegliardi è dunque una colonia rurale. Chi si muove con difficoltà sull’asfalto in piano, figuriamoci su un sentiero accidentato a picco sopra un dirupo. Régis Debray, autore di ” Fare a meno dei vecchi” ( Marsilio) la chiama Bioland. Come spiega il sottotitolo, si tratta di ” una proposta indecente”. Ma, aggiunge l’autore, soltanto perchè anticipa i tempi.
Quali vantaggi offre Bioland? Tanti specie per i vecchietti. I quali si avvierebbero a miglior vita in modo dignitoso e sereno. Convinto. Economico. Bioland, che dovrebbe sorgere in un’area depressa, sottosviluppata, contadina e montuosa, sarebbe organizzata come le antiche comunità benedettine, autonome dal punto di vista dell’alimentazione, provvista di centro sanitario e animazione. Importante che Bioland sia in una zona a forte escursione termica stagionale ( torrida d’estate, gelida d’inverno) in modo che la morìa di anziani che ci fu nell’estate del 2003 per l’eccessivo calore sia un fatto ricorrente e non isolato come è stato finora. Necessario un rilevante dislivello e povertà del suolo, perché la fatica della vita in campagna sortisca qualche risultato, definitivo, sui fisici debilitati degli anziani, specie cardiopatici ed asmatici.
Qui verrebbero raccolti uomini e donne fra i 65 e i 100 anni di età. I servizi centralizzati farebbero risparmiare un sacco di soldi alla collettività. Per il tempo libero: sport quali equitazione nei boschi, rafting lungo le rapide, passeggiate su mulattiere lungo profondi burroni, « tali da tentare i più coraggiosi » . Lavori nei campi, come si è detto, e meditazioni. « Un europeo su quattro crede nella reincarnazione. Non basta » osserva Debray. Bioland sarà perciò anche una ” Università del terminale”, che insegni quanto è bello morire e trasmigrare, una volta diventati puro spirito, da un’anima all’altra. Sia per scoraggiare eventuali tentativi di svignarsela, sia per evitare incursioni inopportune di osservatori e ricercatori troppo pignoli e curiosi, conviene che questa anticamera del Paradiso abbia poche e malmesse vie d’accesso e di fuga, e nessun aeroporto.

IMPARARE A MORIRE
Ovviamente l’impresa richiede una campagna di sensibilizzazione, sia sul nonno riottoso al trasferimento, sia sui familiari. L’autore è convinto che se bastano tremila dollari per convincere le coppie australiane a fare un figlio - a tanto ammonta in Australia il ” premio al neonato” - da noi potrebbero essere sufficienti mille euro come ” premio al soppresso”, per spingere le famiglie a consegnare l’avo. Progetto educativo ad hoc anche nelle scuole. Accanto all’educazione stradale e alla lotta contro l’Aids, dovrà esserci un programma su come imparare a morire.

Dunque Bioland non si presenta affatto come un cimitero degli elefanti, come lo sono i moderni ospizi, ma piuttosto come una ” colonia conviviale”. Lontana dall’insofferenza e dallo sberleffo dei giovani, dal rumore, dalla fretta. Dal senso di colpa. Dalla solitudine. Dall’angoscia del ” dopo”. Perché dove andranno dopo, gli anziani abitanti di Bioland lo sanno.

CATACOMBE GREMITE
Andranno sparsi nel ” giardino delle rimembranze”, con grande compiacimento dei Verdi che, informati del progetto generale, non vedono di buon occhio la deportazione dei nonni in montagna. La concentrazione dell’intera popolazione nazionale provocherebbe degrado ambientale, accumulo dei rifiuti, guasti al paesaggio a causa di necropoli invasive. ” Arcaici”, li bolla l’autore, un filosofo comunista. Il quale ha pensato anche al trapasso. Perché il problema esiste comunque, sia che il vecchietto muoia a Bioland sia che defunga a casa sua: ” La società delle nazioni ha allineato 9 miliardi di cadaveri lungo la strada”. E altri ne produce ogni giorno. Che farne? Come stoccarli? Il mondo è pieno di mausolei, piramidi, cimiteri, cenotafi, stele funerarie. « Vogliamo fare del pianeta una rete di gallerie di talpe? » .

Certo che no. E non vogliamo neppure più operazioni con un bilancio costibenefici in perdita, per chi la vita se l’è goduta fino in fondo. Fine dunque dei funerali che intralciano il traffico, costano un occhio e costringono parenti e amici a faticose e impreviste trasferte. Saranno gli etnografi a occuparsi di corone e cravatte nere, necrologi e visite al cimitero il giorno dei morti. Perchè a Bioland tutto è ottimizzato, anche il processo di compattazione. Cremazione per tutti: con il laser basta un quarto d’ora. Le ceneri, oggi conservate in un’urna, domani potrebbero essere inviate tramite posta in un pacchetto per i familiari refrattari alla dispersione. Duecento euro tutto compreso. E al posto dell’anacronistico loculo, un albero. Le ricerche di biotecnologia permettono di prevedere che entro poco tempo sarà possibile conciliare l’alboricoltura con la vita eterna. Basterà prelevare una cellula del nonno, prima che venga infornato, estrarne il Dna e iniettarlo in una cellula di ciliegio, per esempio, o di melo. Trapiantato in giardino, si vedrà rifiorire ogni anno, dalla finestra”.

Questa era la recensione del libro. Il sottoscritto, maniacale bibliofilo, vi lascia, spera di avervi incuriosito e poichè tutti, prima o poi, dobbiamo diventare vecchi e forse qualcuno vorrà ficcarci in BIOLAND, prepariamoci a vender cara la pelle, prima di farci rottamare ignobilmente.

Tonino Cavallaro

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