Il contesto attuale ci costringe certamente a fare i conti con una crisi finanziaria senza precedenti e con una realtà completamente diversa da quella vissuta dai nostri genitori. Molto spesso, a furia di parlare dei dolori dei ricchi del Vecchio Continente, rischiamo di dimenticarci di chi soffre la fame in silenzio in gran parte del mondo. Si converrà:“nessun cittadino, nessuna Nazione potrà avere la coscienza tranquilla, finché la metà del mondo avrà fame, finché nei due terzi dei paesi del mondo la produzione alimentare sarà insufficiente. La generazione attuale sarà giudicata dal successo o dall’insuccesso degli sforzi compiuti in questo senso”. (Dal “Discorso” di J. Kennedy al “Congresso nazionale dell’alimentazione”,tenutosi a Washington il 4 maggio del 1963). Il diritto all'alimentazione dovrebbe essere uno dei principi proclamati nel 1948 dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Tuttavia milioni di individui sono ancora segnati dai danni provocati dalla fame e dalla denutrizione.
La causa è forse da ricercarsi nella mancanza di cibo. Proprio per nulla, in linea di massima le risorse della terra sono in grado di nutrire tutti i suoi abitanti. L'umanità si trova oggi di fronte ad un problema economico, ma ancor di più di ordine etico-spirituale e politico. Non bisogna confondere la fame con la malnutrizione. La fame minaccia non solo la vita degli individui, ma anche la loro dignità. Una grave e prolungata carenza di cibo provoca l’indebolimento dell'organismo, l'apatia, la perdita dell'integrazione sociale, l'indifferenza e a volte suscita la crudeltà nei confronti dei più deboli, specie fanciulli ed anziani. Interi gruppi vengono allora condannati a morire nel deperimento. I poveri sono le prime vittime della fame nel mondo. Essere poveri significa quasi sempre essere più facilmente vittime dei tanti pericoli che minacciano la sopravvivenza ed essere più facilmente soggetti alle malattie. Molti bambini muoiono perché sono denutriti, oltre il 60 per cento delle morti infantili è causato dalla fame. In questi paesi poveri molta gente muore per la fame e per malattie infettive perché non vi è né nutrimento e né possibilità di curarsi; sono alcune cause l' HIV, il rachitismo, la mancanza di vaccinazioni e la mancanza di acqua e servizi igienici adeguati. Visto che centinaia di persone nel mondo non hanno ancora cibo a sufficienza per sfamarsi molti missionari vanno in questi paesi per aiutarli a coltivare e ad insegnare a sfruttare le risorse della Terra. La gente che ancora oggi getta e consuma quantità di cibo dovrebbe incominciare a riflettere e a pensare ai molti bambini che muoiono di fame. La sicurezza alimentare degli individui dipende essenzialmente dall'economia del Paese e non tanto dalla disponibilità fisica di cibo. La fame nel mondo sta aumentando sempre di più, infatti sono ormai due miliardi gli uomini che soffrono la fame. Il numero potrebbe decrescere ma, come al solito, l'interesse dei pochi (potenti) prevale sul destino dei molti (fragili). Fortunatamente molte persone continuano a lavorare: a costruire ospedali distrutti, curano i feriti, assistono gli ammalati nei campi profughi, per riaccendere la speranza in molte persone dimenticate da tutti . La fame ha svariate cause: una potrebbe essere causata da cattive situazioni politiche economiche dei paesi industrializzati che si ripercuotono indirettamente, ma drasticamente su tutti i poveri, in tutti i paesi; un’altra causa consiste nei comportamenti moralmente scorretti come ricerca del denaro, potere e immagine pubblica perseguiti come unico fine ad esclusivo beneficio di pochi individui. Gli stati industrializzati si interessano ai Paesi con difficoltà di sviluppo, non per aiutarli, ma per fare i propri interessi economici e politici. Ad esempio, si è assistito all'esportazione gratuita delle eccedenze agricole (per esempio di grano) da parte dei paesi industrializzati produttori, verso alcuni paesi con difficoltà di sviluppo e nei quali l'alimentazione di base è costituita dal riso. Il vero obiettivo era quello di sostenere i propri prezzi interni. Queste esportazioni gratuite hanno prodotto infatti risultati molto negativi perché la popolazione è stata portata a modificare le sue abitudini alimentari, scoraggiando in tal modo i produttori locali i quali, viceversa, hanno bisogno di essere fortemente sostenuti. Centinaia di milioni di persone nel mondo lottano ogni giorno contro la fame perché gran parte del terreno arabile viene oggi utilizzato per la coltivazione di cereali ad uso zootecnico piuttosto che per cereali destinati all'alimentazione umana. I ricchi del pianeta consumano carne bovina e suina, pollame e altri di tipi di bestiame, tutti nutriti con cereali, mentre i poveri muoiono di fame. L'ironia dell'attuale sistema di produzione è che milioni di ricchi consumatori dei paesi industrializzati muoiono a causa di malattie legate all'abbondanza di cibo - attacchi di cuore, infarti, cancro, diabete - malattie provocate da un'eccessiva e irregolare assunzione di grassi animali; mentre i poveri del Terzo mondo muoiono di malattie poiché viene loro negato l'accesso alla terra per la coltivazione di grano e cereali destinati all'uomo. In questi anni è stato provato che ogni anno milioni di americani muoiono prematuramente a causa di problemi di sovrappeso. Perciò siamo presenti ad una mal distribuzione delle risolse e per questo non è sufficiente aumentare la produzione alimentare, ma basterebbe sviluppare l'agricoltura nelle zone più povere e correggere l' economia globale con l'abbassamento dei prezzi dei prodotti agricoli. Questa sfida richiede una migliore capacità degli uomini di aiutarsi reciprocamente, impostando delle solide basi economiche. Ma principalmente bisogna far riferimento alla libertà che ogni uomo ha di intervenire, nella sua azione di ogni giorno, nella collaborare allo sviluppo del bene comune. Questa è la direzione da prendere per ridare la speranza e per costruire un mondo più accogliente per le prossime generazioni. Inoltre bisognerebbe considerare maggiormente la giustizia sociale e la destinazione dei beni con l'aumentare dell'aiuto pubblico a favore dello sviluppo. Non può esserci uno sviluppo se non vi è una reazione globale che abbia come obbiettivo quello di assicurare una condizione di vita dignitosa, un'alimentazione adeguata, un'assistenza sanitaria, istruzione, lavoro e protezione contro le calamità. In fine occorrerebbe l'intervento delle Nazioni industrializzate in aiuto a quelle Nazioni povere sostenendo programmi internazionali, diffondendo messaggi con campagne di informazioni ripetute nel tempo per interessare il cittadino; cooperando con altri Stati. Finché ogni stato non saprà sacrificare parte dei propri interessi per un bene comune cooperando e rendendosi conto che ogni cittadino è prima di tutto cittadino del mondo che dello stato, non si riuscirà mai ad aiutare completamente gli stati definiti come il terzo mondo e risolvere i propri problemi. Francesco Garofalo - Presidente Centro Studi “Giorgio La Pira” - Cassano All’Ionio |