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Riforma del lavoro e occupazione PDF Stampa E-mail
Scritto da +V.Bertolone   
domenica, 25 marzo 2012 19:42
ImageLa riforma del lavoro è importante se crea nuova occupazione - «Ogni processo di modernizzazione avviene con travaglio, anche con tensioni sociali, insomma pagando anche prezzi alti alla conflittualità». Così concludeva il suo ultimo articolo il giuslavorista Marco Biagi, che pagò con la propria vita, dieci anni fa, il conto con la conflittualità. La verità insita in quelle parole acquista attualità oggi che il Paese discute, e si divide, su un sostanziale intervento legislativo di riforma del lavoro, a partire dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, che tutela i prestatori d'opera del settore privato dai licenziamenti discriminatori o senza giusta causa, visto da molti come impedimento alle prospettive di crescita.Punti di vista e problemi seri, rimasti sospesi per anni in una congiura del compromesso tra la protezione dei diritti dei lavoratori e la necessità di eliminare gli effetti distorsivi della norma che però la crisi presente ha spezzato, scatenando la contesa attorno a una questione che, parafrasando Biagi, «pare essere quella riguardante un progetto di riforma dell'intera materia, da un lato, e la difesa strenua dell'impianto attuale, dall'altro. È più che lecito dissentire sulle tecniche di modernizzazione, alcune sicuramente più persuasive di altre, ma non si comprende l'opposizione radicale a ritenere pressoché immodificabile l'attuale assetto». Altrettanta forza ha l'assunto di chi sostiene che l'insieme degli interessi si aggreghi e disaggreghi non secondo linee di frattura dicotomiche, finendo con il contrapporre, tra i lavoratori e tra gli imprenditori, la categoria dei protetti da prestazioni del welfare e regolamenti da quella dei non protetti, costretti a fare i conti con le regole della competizione.
Pure per questo le polemiche sull'ipotizzato nuovo assetto normativo ispirano una riflessione sulla figura di san Giuseppe, di cui s'è da poco celebrata la festa, e rimandano alla concezione del lavoro che dall'esempio del santo promana, che non è quella capitalistica che del lavoro dell'uomo ha fatto una merce, lo ha reso sempre più precario e frammentato, perché ne ha perso di vista lo scopo ultimo. Ne deriva la necessità di riportare il baricentro del lavoro dentro la persona del lavoratore, delle donne e degli uomini reali che ne fanno lo strumento della comune vocazione laica alla fecondità di opere buone, che non sono il mezzo attraverso cui realizzare un nuovo ordine economico e sociale, ma il fine cui tutta l'energia produttiva dovrebbe essere orientata, perché fiorisca e trovi dignità la vita, come da oltre un secolo insegna la dottrina sociale della Chiesa.
Come sottolinea l'economista Luigino Bruni, allora, «non dobbiamo inseguire il sogno di costruire aziende abitate dalle sole virtù del merito, dell'efficienza e della flessibilità, espellendo fannulloni, fragilità ed inefficienze al di fuori della zona industriale per relegarle magari nelle famiglie o addossarle per intero allo Stato». È il modello che il capitalismo sta cercando di imporre nell'Occidente industrializzato, lasciando però dietro di sé una scia di emarginati e nuovi poveri. Per questo la riforma del lavoro, è importante, essenziale, vitale, purché crei nuovi, tanti posti di lavoro, che significheranno dignità umana e ripresa economica.
+ Vincenzo Bertolone
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