Alla ricerca di senso... |
Scritto da Niger - Bertolone | |
sabato, 11 febbraio 2012 08:59 | |
A volte continuare a vivere può sembrare non avere più senso, quando questo accade per qualsivoglia motivo, è giusta e accettabile la risoluzione più estrema o bisogna affrontare, con l'aiuto della Fede, l'arrivo comunque ineluttabile, di una fine dolorosa? Offriamo ai nostri visitatori due diverse opinioni sul valore della vita, la prima del dott. Luigi Niger, psicologo, e l'altra di mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro. "L'assemblaggio" di questi due diversi modi di interpretare una questione estremamente dura e difficile è stato proposto dal nostro staff redazionale e i due autori hanno scritto i loro "pezzi" in momenti differenti e non conoscendosi l'un l'altro. Molti pensano che porre fine in modo "autonomo" ad un vivere in un clima sociale difficile o in grave stato di salute, possa essere la soluzione migliore piuttosto di lunghe e penose agonie, ma questo modo di agire distrugge completamente uno dei sentimenti basilari su cui poggia l'intero pensiero della Fede Cristiana: la Speranza, senza di essa, che valore potrebbe avere vivere? Gli antichi filosofi hanno dato scarsa importanza a questo sentimento che invece con Cristo è divenuto "la virtù della fiduciosa attesa di un bene futuro assolutamente buono". Nella seconda parte i due interessantissimi contributi. “Che cosa buffa è la vita, questo misterioso espediente della logica spietata per ottenere un futile scopo. Il massimo che ci si possa attendere da essa è una certa conoscenza di se stessi, che arriva troppo tardi, una messe di inestinguibili rimpianti.”( Joseph Conrad, Cuore di tenebra). - Ogni tanto sui media, soprattutto attraverso la carta stampata, si affronta con circospezione, piano piano, ricorrendo a metafore ed eufemismi, il problema dei problemi, anzi l’angoscia fondamentale, per l’uomo che è quello della morte, o meglio del morire, sempre esorcizzata o temuta, tabuizzata o invocata. Questa volta in relazione al suicidio di un personaggio protagonista di battaglie politiche e culturali. Come è tristemente noto, appena nati siamo candidati alla morte ed è tale dato, al momento, certo che connota la condizione umana nei suoi molteplici aspetti positivi e negativi, nei pensieri e nelle azioni. Il resto dei giorni è solo una questione temporale e di modalità, nonostante le strategie di differimento e di occultamento. Pare che non scegliamo di nascere, possiamo, però, accelerare il momento della morte con comportamenti autodistruttivi o costruttivi, dipende dalla storia dell’individuo, fino a decidere di recidere il legame con la vita, ricorrendo al suicidio, assistito o solitario. Non so se in questi casi si possa parlare di tragica grandezza o di tragica fragilità, so solo che un soggetto, un individuo, stanco di vivere, ritenendo l’esistenza non più sopportabile, sceglie la morte che, in quell’istante, si congela come soluzione liberatoria dall’intollerabile. Scelte da rispettare. Mi sembrano esercizi filosofici o etici o religiosi, vani e supponenti, il chiedersi se esiste il diritto o il non diritto di morire, il dovere o il non dovere di vivere. E chi potrebbe stabilirlo, se non la coscienza individuale? Quelli che si reputano padroni della vita degli altri?Al di là del silenzio rispettoso e della pietas, non sarebbe, forse,il caso di porsi domande,e sempre più spesso, quando la bara è stata appena chiusa, sui perché si arriva ai suicidi? E magari riflettere ed operare in riferimento al dolore, alla malattia, alla vecchiaia. E ancora pensare alla proprie responsabilità verso gli altri di fronte alla solitudine, all’isolamento, alla depressione, alle devastanti disperazioni giovanili, ai tanti non occupati e disoccupati…mentre alcuni lestofanti, banchieri e finanzieri, nel momento presente, continuano a giocare con le vite dei singoli e degli stati? Potremmo indicare mille cause, mille motivi che spingono al suicidio, e, tuttavia, l’attenzione e l’interrogazione di noi tutti vanno rivolte non solo all’individuazione di ciò che può favorire questi non ritorni, ma, principalmente, all’impegno quotidiano, personale e collettivo, per prevenire e ridurre la vasta area del disagio e dello sconforto. La vera sfida consiste nella lotta per il cambiamento, nella trasformazione di una realtà che di umano ha troppo poco, se umanità significa pratica dell’uguaglianza, della giustizia, della solidarietà, della libertà. Mancando questo, le certezze assolute e i giudizi netti, che vengono emessi, di fronte ai suicidi mi sembrano veramente sgradevoli e irritanti.Nel corso del primo colloquio terapeutico (è una prassi consolidata nella psicoterapia e nella psichiatria ) chiedo sempre ai miei pazienti: ha mai avuto idee suicidarie? Ha fatto qualche tentativo di suicidio? Come vede il suo futuro? Risposte inquietanti e dolorose: tante idee, non pochi tentativi, un futuro sempre problematico, ma spesso tinto di nero.Il vero problema lo ha posto M.Marzano sulla Repubblica, che è poi il problema di sempre: dare un senso alla vita. Ma la vita, la nostra vita, ha un senso? E non è questo, in ultima istanza, il ruolo perenne della filosofia? Trovare risposte e, soprattutto, continuare a porre domande, vere e chiare, nella dura consapevolezza che “stiamo come d’autunno sugli alberi le foglie”e le foglie sono frali.Finora, nella mia esistenza, personale e professionale, ho cercato, anche, filosoficamente, di dare un senso alla vita, soprattutto per amore verso i miei familiari, per i miei allievi, per i miei pazienti, con argomenti e testimonianze, forse, convincenti e credibili: un senso alla vita, o meglio una tensione e una ricerca di senso nella vita, anche se, nei giorni e nelle opere, continua, non poche volte, ad apparire desolatamente priva di senso.Fino a quando? Un interrogativo che resta aperto. Luigi NIGER
La vita è un tesoro che va difeso da ogni tipo d'attacco |
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