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Notificata incompatibilità al sindaco PDF Stampa E-mail
Scritto da A.M.Cavallaro   
venerdì, 13 gennaio 2012 23:54
ImageIeri sera si è riunito il consiglio comunale di Cassano, al terzo posto all’ordine del giorno figurava la discussione  sulla “Sopravvenuta causa d’incompatibilità con la carica di Sindaco”. Innanzitutto c’è da dire che la causa d’incompatibilità non è certo saltata fuori ieri, ma esiste dallo stesso momento in cui il sindaco di Cassano, approfittando di un autentico sberleffo alla costituzione, accettato e votato da lui stesso in consiglio regionale, restava aggrappato alla poltrona.  Il consigliere Francesco Lombardi con un eloquio forbito e preciso (sembrava quasi un'arringa) spiegava, con dovizia di particolari, come fossero state rispettate  regole e  norme e che quindi l’on.Gallo non aveva commesso nulla d’illegale restando nella carica di sindaco.
  Intanto è necessario  precisare che la norma regionale non ha mai modificato il testo unico sulle autonomie locali e quindi per la legge dello stato l'incompatibilità del sindaco è sempre esistita. Un consiglio comunale meno "docile" avrebbe sicuramente contestato, secondo la norma statale sempre vigente, l'incompatibilità che si è verificata sin dall'accettazione della carica di consigliere regionale da parte del sindaco. La regione con la norma introdotta nel suo ordinamento era libera di tollerare che  all'interno del consiglio regionale ci fosse un sindaco, ma in seguito,  avrebbe dovuto pubblicare sul BUR Calabria la decisione della Corte costituzionale entro 10 giorni dalla notifica, cosa questa che invece è avvenuta il 31 dicembre e quindi con circa 4 settimane di ritardo,  provocando ulteriori perdite di tempo. 

Ma quello che è più grave, anche se sotto il profilo formale sembra tutto in ordine, è che il palazzo di città ha dato una chiara testimonianza d’indifferenza rispetto all'obbligo del  divieto sostanziale di cumulo delle cariche elettive  che è stato aggirato attraverso l’uso spregiudicato di norme che consentono di allungare i termini per il superamento della condizione di incompatibilità e di attenersi in modo surrettizio alla norma regionale evitando il rispetto della norma statale e degli obblighi costituzionali.  In queste condizioni, in una città dove sarebbe necessario dare esempi di dirittura comportamentale, è invece proprio il primo cittadino a trovare il cavillo “legale” per eludere una conclamata legge dello Stato.  Peccato che anche le forze d'opposizione con il loro pressapochismo e il loro nullismo politico contribuiscano a fare apparire le forzature legali come fatti d'ordinaria amministrazione. Complimenti comunque al consigliere avv. Lombardi per il suo intervento e comunque mi permetto di invitare lui e qualche altro consigliere (non tutti…..!)  a leggere “l’articoletto” che segue scritto dal "semplice e modesto"  costituzionalista, ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università Mediterranea, prof. Antonino Spadaro:

 

“Ci sarà pure un giudice a Berlino”, diceva il mugnaio di Potsdam che nella seconda metà del ’700, opponendosi ai soprusi dei nobili, invocava la Corte di Federico il Grande!   Viene da pensare al celebre aneddoto a proposito della reiterata violazione del principio di “divieto di cumulo delle cariche elettive”, sintomatica di un modo di intendere e fare politica che sconcerta il cittadino onesto è che rivela un preoccupante e pervicace attaccamento al potere locale da parte di una “fetta” della classe politica troppo ampia per essere considerata marginale.   Simili violazioni accentuano il solco che ormai divide pericolosamente opinione pubblica e classe politica, oggi icasticamente e diffusamente chiamata “la casta”.  

 

E’ il caso di spiegare meglio i termini della questione (ben più complessa di quanto qui non appaia) e che non riguarda solo la Calabria.   La Corte Costituzionale rimasta per noi mugnai “il giudice di Berlino” con la sentenza n. 143 del 2010 saggiamente aveva fissato l’incompatibilità fra la carica di deputato regionale siciliano e quella di assessore di una grande città (Messina); poi con altre due pronunzie, sempre  sanzionatrici del comportamento del legislatore: la n. 277 del 2011, sull’incompatibilità fra la carica di senatore e quella di sindaco di grande città (Catania), e la n. 294 del 2011, sull’incompatibilità fra la carica di deputato regionale siciliano e quella di Presidente di Provincia (Caltanissetta).Dunque, la recentissima sentenza costituzionale n. 310 del 2011 – che ribadisce l’incompatibilità fra la carica di consigliere regionale calabrese e quella di Sindaco, Assessore comunale, Presidente di Provincia e Assessore provinciale – non fa altro che chiudere, speriamo, un ciclo di inaccettabili eccessi di potere del legislatore nazionale o regionale.           

 

L’assurdità della normativa in materia talvolta lascia senza fiato. Si pensi al caso di previsione di ineleggibilità, quando il sindaco nei Comuni con più di 20.000 abitanti ambisce a diventare parlamentare, ma viceversa non quando il parlamentare desidera diventare sindaco di tali centri, nella erronea presunzione, giustamente stigmatizzata dalla Corte (sent. n. 277/2011) che un senatore/deputato difficilmente possa esercitare pressioni sul corpo elettorale locale. La disciplina sanzionata ricordava una nota barzelletta sugli improbabili consigli di un padre spirituale: «Padre, posso fumare mentre prego? Assolutamente no. Ma posso pregare mentre fumo? Certamente si».   Tornando alla Calabria, il d.lgs. n. 267/2000 (T.U. delle leggi sull’ordinamento degli EE.LL.) prevedeva e tuttora prevede con chiarezza cristallina che «Il presidente e gli assessori provinciali, nonché il sindaco e gli assessori dei comuni compresi nel territorio della regione, sono incompatibili con la carica di consigliere regionale».   La Regione ha invece creduto di poter “aggirare” tale divieto ipotizzando che, comunque, il consigliere regionale col doppio incarico dovrebbe «optare e percepire solo una indennità di carica», come se il divieto di cumulare le cariche elettive, ossia l’incompatibilità, fosse semplicemente una questione di prebende e non di un’adeguata cura e attenzione degli interessi della comunità locale.

 

Contro questa forma mentis angusta, la Corte – con la sent. n. 310/2011 – ha buon gioco nel ribadire la competenza esclusiva statale, e non regionale, in materia di ineleggibilità e incompatibilità per Comuni, Province e Città metropolitane (artt. 122, I c., e 117, II c, lett. p, Cost.), sottolineando altresì l’ingiustificata disparità di trattamento del consigliere regionale che sarebbe stato legittimato a esercitare funzioni negli enti locali calabresi ma non in altre Regioni (art. 51 Cost.).   Amareggia pure che, nonostante in dottrina si fosse segnalata la clamorosa anomalia, anche da parte di chi scrive, solo l’intervento esterno e purtroppo sanzionatorio della Corte costituzionale vi abbia posto rimedio con una decisione che, fra l’altro, correttamente dichiara l’illegittimità di molte altre norme della stessa legge.   Perché tutto questo è accaduto? Per varî e complessi motivi, qui non esaminabili. Ne indico tuttavia uno, troppo clamoroso per essere ignorato e su cui più volte in tanti abbiamo insistito: perché nella nostra Regione purtroppo non ci sono veri controlli interni. Perché, insomma, a differenza che in quasi tutte le altre Regioni italiane, in Calabria – dove pure era prevista dallo Statuto (ed esisteva un’ottima legge attuativa, per di più emendata dalla Corte costituzionale) – tuttora non esiste una Consulta statutaria regionale. Naturalmente l’istituzione di tale organo non risolverebbe il problema della carenza politica di autentiche strategie legislative di riforma, ma certo ridurrebbe i rischi di produzione di normative illegittime.    E non sarebbe cosa da poco.”

 

Di quello che poi il consiglio comunale deciderà e come agirà per proseguire nel “lentissimo” iter che dovrebbe portare l’on.Gallo a scegliere se restare sindaco o consigliere regionale, non interessa molto,  Come non interessa sapere se sono o non sono validi gli atti prodotti in questo lasso di tempo;  i cittadini onesti e rispettosi delle regole hanno avuto un esempio fulgido e, ci auguriamo mai più  emulato, di come in questa regione e in questo comune si possa facilmente infischiarsene delle norme enunciate nella nostra costituzione senza pericolo di essere censurati: un chiaro invito a fare altrettanto.
Antonio Michele Cavallaro
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