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La parabola dei talenti PDF Stampa E-mail
Scritto da M.Miani   
martedì, 06 dicembre 2011 07:57
ImageQuando ho ricevuto dall'amico poeta Michele Miani la poesia che troverete nella seconda parte di questo articolo, ho avuto qualche perplessità nel decidere in quale sezione inserirla, se in quella dove di solito si trovano notizie, poesie e racconti riguardanti l'arte dello scrivere o in quella della Fede. I versi di Michele riguardano una delle parabole presenti nel Vangelo di Matteo, che ha suscitato e suscita ancora, ad una lettura superficiale, molti dubbi ed incertezze. Il poeta Miani dà una sua interpretazione, che la dice lunga sulla sua profonda religiosità e sull'altissima considerazione di equità dell'Altissimo. E tutto sommato credo abbia ragione. Dio a tutti ha dato, nascendo, la possibilità di scegliere il proprio cammino, non tutti però nascono e crescono nello stesso ambito sociale e culturale, quindi come giudicare colui che, cresciuto nel male, eccelle nel realizzalo? In fondo ha solo cercato di fare al meglio delle sue possibilità quel che gli è stato insegnato.Leggete la poesia di Michele, sicuramente vi darà ulteriori spunti di riflessione.

UNA PARABOLA DICEVA....

Una parabola diceva
Un dio padrone
Dette a tre diverse
Persone dipendenti
A chi una a chi due
Ad altro tre dramme.
Non era un dono
Ma un prestito da impiegare
Per un tempo limitato
Non meglio definito.

La domanda segue logica
Perché la tale differenza,
Dell’uguaglianza a scorno,
 Qual era il più audace fine
Di tale impiccioso fatto?

Più volte tramontò il sole
Più volte il solstizio e L’equinozio
Andarono declinando il tempo
Dal presente al passato
Scontrando sempre solerte
Il prossimo sfuggevole futuro.
Quando piacque a Dio infine
Ritornò quel benefico padrone.

I servi dipendenti chiamati
Davanti a tal signore
Rimisero quel debito:
Tu mi hai dato tre
Eccoti sei monete indietro;
Tu mi desti due
Sono quattro con profitto;
Mi prestasti uno
Lo conservai intatto.

Le lodi per i due servi
Solerti industriosi e fidi
Premiarono il prodotto
Del cospicuo ben affare,
Caddero rampogne sul terzo
Non accorto che il beneficio
Invano non procurò denaro.

Siamo logici nei fatti
Le provvidenze date
Non eran date a vuoto.
Eran un bene, una capacità
Mentale da sfruttare a fondo.
Una comparazione che non è strana
Mi viene chiara nella mente
Se nasco sano onesto e buono
Oppure malvagio e ben cattivo
Ho doni differenti dall’uomo
Povero cretino e deficiente.
Ora nel tempo lungo o corto
Che di passo mi accompagna
Con quella legge innata
Io fo fruttare le avute doti,
Posso diventare un santo,
Oppure incrementando il male
Divento un fior di delinquente
Astuto malandrino e rio.
Se povero demente non avendo
Senno capacità e doti
Resterò ignavo medesimo derelitto
Senza alcun lode e infamia.

I due messeri nostri
Un santo e un delinquente
Sfruttando fino in fondo
I due istinti avuti
Entrambi realizzarono
Un corso ben proficuo
Rispettando la nascita
L’inclinazione dell’animo

Or ditemi che osta al che
Il sospirato premio
A conti fatti
Non sia ai due eguale?

Forse fu che inizialmente
Nel fatto raccontato
Scambiato fu nell’ordine
La moral con l’etica
Che distinguir deve
Il buono agire dal male.
Ciò perchè si sappia
Che a fine vita esiste
Una giustizia sana
Che premia il santo, il delinquente
Al pari del povero demente
A cui non fu dato niente.



Miani Michele

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